Il mito dell'Ulivo che non esiste. Appunti dalla procura di Milano
Al direttore - Posso capire l’esclusione di Mastella e Dini, ma non posso accettare una convention del Campo progressista di Pisapia senza i senatori Franco Turigliatto e Fernando Rossi.
Michele Magno
Lei ci scherza ma a sinistra c’è davvero chi rimpiange il tempo in cui l’Unione faceva la forza e in cui ogni voto in Parlamento non poteva avvenire senza prima consultare i rappresentanti dei partiti che permisero a Romano Prodi di governare dal 2006 al 2008: Ds-Dl/Pd, Prc, Rinp, Pdci, Idv, Fdv, Sdi, Ri,Udeur, Si, Dcu, Lal, Sd, Ld, Mre, Pdm, Idm, Cu, Rd, Ud, Svp, Ald, Aisa, Mpc, Sc. E’ questo il mito dell’Ulivo, e purtroppo non c’è nulla da ridere.
Al direttore - Appalti senza gare pubbliche per Expo giustizia e tra i beneficiati c’è addirittura una società con sede legale nel paradiso fiscale del Delaware. Tutto per iniziativa dei vertici del Tribunale di Milano. I giornaloni non ne parlano mentre dalla categoria togata continuano ad arrivare lezioni di etica e moralità. Uno spiraglio si apre con tre componenti del Csm di Magistratura indipendente che hanno chiesto di fare chiarezza. Sullo sfondo la lotta tra correnti come era già accaduto con l'avocazione in procura generale del fascicolo relativo a Sala il sindaco che la procura non aveva inserito tra gli indagati. La Pg prima lo ha indagato per falso ideologico e materiale, ora anche per turbativa d’asta in relazione alla fornitura di alberi a Expo. Al di là delle responsabilità effettive di Sala c’è la prova che la procura di Bruti Liberati scelse la moratoria su Expo con tanti saluti all’obbligatorietà dell’azione penale tanto strombazzata nei comunicati e nei convegni. La moratoria aveva “salvato” Sala nella vicenda della ristorazione di due padiglioni affidati a Oscar Farinetti senza gara pubblica. Emerge che prosciogliendo Sala senza neanche convocarlo in procura le toghe si autoassolvevano per i fondi relativi alla giustizia. Morale della favola. Nel caso dovessimo sapere qualcosa di vero su Expo avremmo da ringraziare non tanto l’amore di verità ma una furibonda lotta tra correnti della magistratura che in pratica si autodelegittimerebbe. Se l’informazione si occupasse dei fondi di Expo giustizia.
Frank Cimini
La sua ricostruzione mi colpisce. Così come mi colpisce che l’avvocato scelto dal sindaco del Pd dica una cosa sacrosanta che fino a qualche tempo fa il Pd non aveva il coraggio di dire quando il circo mediatico-giudiziario sfiorava i suoi nemici. “Tutto secondo copione. Sono almeno 20 anni che gli avvisi di conclusione delle indagini e gli atti dell’inchiesta si conoscono in edicola”.
Al direttore - Insomma, come Trump, anche Macron l’abbiamo inventato noi e si chiama Berlusconi. Dal primo si differenzia per l’esibizionismo mite e non sbruffone, dal secondo per il sostegno dato in proprio alla fondazione di un nuovo partito senza l’appoggio di Goldman Sachs, dei mercati e della finanza.
Maurizio Guerrini
Al direttore - “Calenda l’attendista…”. Carlo Calenda, già, tutti lo vorrebbero, ma al secondo posto. Nessuno: Renzi, Pisapia, Bersani, Berlusconi, per non parlare di Salvini e Grillo è disposto a consegnargli le chiavi di casa, anzi temono che a dargli un dito, poi, ti prenda il braccio. A new Macron? E’ stupefacente come nessuno s’azzardi a rimarcare l’ovvio: Macron, se avesse avuto alle spalle la più bella del mondo, avrebbe fatto la fine di uturo e Libertà di Gianfranco Fini. Il “senza truppe” è diventato presidente della Repubblica e ha una grande maggioranza nelle strutture legislative della Francia, anche e grazie a quel marchingegno escogitato da Charles de Gaulle ed entrato in vigore nell’ottobre del 1958. Possibile che solo io l’abbia notato? Non è possibile, ed è un brutto segnale sull’onestà intellettuale dei vari “somministratori di analisi politica” che occupano la scena. Certo, da noi il marchingegno non c’è, ergo, nessun Macron ci sarà.
Moreno Lupi