Disastro è dove mi siedo io. Un peccato la sconfitta europea di D'Alema

Al direttore - Ma poi come si fa a tenere le fondazioni socialiste fuori dallo schieramento allargato?

Giuseppe De Filippi

Resto convinto che sia un’ingiustizia totale la cacciata di Massimo D’Alema – avvenuta ieri – dalla presidenza delle fondazioni dei progressisti europei. L’uomo che da vent’anni, con classe, eleganza e intelligenza, tenta di guidare verso l’irrilevanza la sinistra italiana in fondo poteva essere sfruttato meglio e sarebbe potuto diventare davvero un grande simbolo delle sinistre europee. Don Chisciotte, citato spesso da D’Alema, diceva che “capotavola è dove mi siedo io”. Un D’Alema alla guida delle fondazioni dei progressisti europei ci avrebbe dato la possibilità di modificare leggermente quella battuta e di avere un faro per il futuro delle sinistre mondiali attraverso un’espressione forse più consona alla situazione e al personaggio: “Il disastro, diciamo, è dove mi siedo io”. Ci mancherai, Max.


Al direttore - Dal 28 giugno al 7 luglio, si tiene a Crans-Montana una conferenza internazionale per la ricerca di una soluzione per Cipro. L’isola mediterranea è divisa da sempre tra greco-ciprioti al sud e turco-ciprioti al nord ma fa interamente parte dell’Unione europea. A Bruxelles è rappresentata solo dalle istituzioni greche. Il summit dovrebbe concludere i negoziati, in corso da decenni, con la speranza che il progresso degli ultimi due anni conservi l’integrità territoriale dell’isola. L’indipendenza dal Regno Unito del 1960 non favorì i negoziati tra le due comunità, anzi. Le violenze tra greco e turco-ciprioti fecero sì che nel 1964 le Nazioni Unite mandarono i Caschi blu. Unficyp è la più antica e longeva missione di pace dell’Onu ed è dislocata sul territorio dell’Unione europea – Nobel per la Pace del 2012. Al summit in Svizzera, oltre Nicos Anastasiades e Mustafa Akinci i leader greco e turco-ciprioti, sono presenti anche i garanti Grecia, Turchia e Regno Unito, in qualità di ex potenza coloniale. L’Onu sarà rappresentato dall’inviato speciale Espen Barth Eide, già ministro degli Esteri norvegese, e dal segretario generale António Guterres che arriverà il 30 giugno. Il summit prevede due tavoli: uno internazionale su questioni di sicurezza e garanzie di vario ordine e specie, l’altro per le due comunità isolane attorno alle forme e suddivisioni delle quote di governo dell’isola. Incontrando la stampa a New York, Eide ha declinato ogni responsabilità circa la scomparsa di un compromesso iniziale – ritenuto troppo pro turco – né è entrato nei particolari della conferenza, ha però confermato che “i due tavoli saranno separati ma interdipendenti” e che “la soluzione è possibile”. Nel 2004, alla vigilia dell’ampliamento dell’Ue a 10 nuovi stati, Cipro votò su un referendum sull’unificazione promosso dall’Onu. Malgrado la comunità internazionale favorisse il Sì, il 76 per cento dei greco-ciprioti rifiutò il compromesso a fronte del voto favorevole del 65 per cento dei turchi. Di lì a poco i greco-ciprioti divennero cittadini dell’Unione mentre i turco-ciprioti rimasero isolati e senza alcuna garanzia per il futuro da parte dell’Ue. “Il vero problema – ha detto Eide – è che non c’è garanzia che lo status quo resista” cioè: se il 7 luglio resta ancora lunga la strada da fare non è detto che l’Onu continuerà a investire tempo e risorse in un dialogo “open ended” e a quel punto l’unica soluzione sarà la separazione. Una sconfitta per tutti e l’ennesima grana per Bruxelles.

Marco Perduca


Al direttore - Secondo Paolo Cirino Pomicino la direttiva europea sulle banche (Brrd) è un “mostro” gestito in maniera “insulsa e burocratica” e la vicenda delle venete ne sarebbe un esempio. Quello di Pomicino è il tipico modo di guardare alle vicende europee in maniera ideologica e preconcetta, ma soprattutto disinformata. I pilastri della normativa europea sulle banche sono la Banking Communication del 2013 e la Brrd, approvata da tutto l’arco costituzionale italiano nel 2015 (eccetto la Lega). Con la vicenda delle venete la Brrd non c’entra, c’entra la Banking Communication che prevede il ricorso ad aiuti di Stato quando le banche non sono sistemiche e non sono solventi, come è il caso di Bpvi e Veneto Banca dissanguate da anni di mala gestio e prive di prospettiva con l’avanzare delle tecnologie in un territorio iperbancarizzato come il Veneto. Tenerle in vita avrebbe significato scavare un pozzo senza fondo dove buttare soldi pubblici, un’arte nella quale la Prima Repubblica è stata maestra ma che vorremmo dimenticare. Risolverle seguendo la Brrd sarebbe stato molto doloroso. Nella vicenda delle Venete si può stare dalla parte della concorrenza e dell’Europa o dalla parte di Zonin e Consoli. Evidentemente Pomicino sta con loro.

Marco Cecchini


Al direttore - Questa storia, che ritorna di volta in volta dopo ogni risultato elettorale negativo, che il Pd è nato per unire la sinistra (tutta e in tutte le sue innumerevoli varianti) e non per dividerla (e che c'è da dividere di una sinistra che nella sua storia non ha saputo fare nient’altro che questo?), mi ricorda il decreto sull’obbligatorietà dei vaccini. Mettere assieme, pigiare assieme tante cose diverse, fare massa, numero. L’una, la prima, l’unità delle sigle della sinistra è sicuro che i voti li fa perdere così com’è sicuro che l’altra, l’obbligatorietà dei vaccini, farà abbassare le coperture vaccinali. E’ matematico, logico, inevitabile.

Roberto Volpi

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