I am Charlie Gard. Pd, ma che aspetti con la flat tax?

Al direttore - Ripartono i consumi, Equitalia si fonde, salgono i redditi, per le pensioni c’è la quattordicesima. Solo Macron fa lo stronzo?

Giuseppe De Filippi


Al direttore - I am Charlie Gard.

Luca Del Pozzo


Al direttore - La politica italiana non ha più idee forti. Il referendum sembra abbia archiviato ogni prospettiva riformista. Attenti ai pensieri autoconsolatori: “Abbiamo provato a fare le riforme ma non si può”. Con la sola amministrazione, financo con l’ottima amministrazione, non si governa un paese che da venti anni aspetta un po’ di futuro. Una idea forte in circolazione c’è. Ce l’ha messa l’Istituto Bruno Leoni e ora abilmente se ne appropria il Cavaliere. Flat tax più minimo vitale: un aiuto concreto, cash, per combattere le nuove povertà e una sola aliquota dell’imposta sul reddito per generare ricchezza. Il 25 per cento. E’ una idea “di destra”? Ispiratore è Milton Friedman ma in Italia il liberismo è stato spesso di sinistra perché a destra se ne parlava e basta. Anche questa volta. Vent’anni di chiacchiere sulla flat tax e il vecchio centrodestra non ha prodotto neanche uno studio per come farla. E’ toccato a un economista che viene da sinistra, Nicola Rossi. Non conviene ai “ricchi”. Conviene soprattutto a chi ha una carriera discontinua, giovani e donne, che non vuole impazzire ogni anno per capire quanti soldi deve allo stato. Conviene a chi già deve fronteggiare la complessità del mondo e non deve essere messo in ginocchio dai bizantinismi del fisco. E’ una riforma radicale perché sfida il vero potere forte italiano: l’ufficio complicazione affari semplici. Pensa di riportare il cittadino a essere tale e non più suddito dandogli qualcosa che non ha mai avuto: un fisco che può comprendere. Matteo Renzi è un semplificatore. Un semplificatore del discorso pubblico, un semplificatore delle dinamiche politiche, un semplificatore per ora frustrato dei meccanismi decisionali e del bicameralismo perfetto. Ora deve provarci col fisco. E’ una battaglia che la gente può capire più di altre. La navetta fra Camera e Senato avrà dei costi ma nessuno sa identificarli nel suo vissuto. Le tasse sono oggetto di una lotta personale e spesso aspra con fiscalisti e Agenzia delle entrate. Gli italiani non credono più a chi promette loro di abbassare le tasse perché è stato promesso loro per vent’anni e fatto mai. Ma stavolta c’è un progetto, chiaro. C’è una aliquota, chiara: il 25 per cento. Serve un leader.

Sergio Scalpelli

È una splendida idea.


Al direttore - Direttore, ha visto che il nuovo giornale del Pd, Democratica, esce solo in Pdf, nel 2017?

Luca Poretto

Un Pd in Pdf. Auguri di cuore e un in bocca al lupo ad Andrea Romano. Nel prossimo numero però vogliamo in allegato un Commodore 64.


Al direttore - In riferimento all’articolo del 30 giugno “Brutte storie di carcere…”, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria precisa quanto segue. L’uso di coibenti poliuretanici negli infissi adottati negli istituti penitenziari non risulta avere dato problemi di funzionalità, neanche sotto il profilo della prevenzione di incendi. Il confinamento di tali materiali in volumi ristretti e chiusi dagli involucri metallici (ad esempio gli sportelli delle finestre o i pannelli tamburati delle ante delle porte) di fatto, in sostanziale assenza o carenza di ossigeno comburente, non ne consente o ne abbatte l’infiammabilità. Nel settore della prevenzione incendi vengono utilizzate schiume poliuretaniche ignifughe ad alta resistenza (REI 240) per la sigillatura manuale di fonometrie per passaggio tubazioni o altri tipi di vuoti, onde impedire il passaggio di calore, fumi e fiamme. Dunque il rischio paventato non sembra essere sostenuto dalle esperienze maturate negli istituti penitenziari.

Ufficio Stampa Dap


Al direttore - Sembra che la moda di parlare male dell’Amministrazione di centrodestra in Campidoglio è così forte da influenzare anche una testata coraggiosa come la vostra. Mi riferisco all’inchiesta di Salvatore Merlo sull’emergenza migranti e nomadi a Roma, dove si scrivono cose sorprendenti sulla nostra attività in questo settore. Come si fa a dire che «fu durante la Giunta Alemanno che la presenza dei rom fu spostata fuori dal Gra e l’emarginazione, insieme all’assenza di controlli, si accentuarono”? Quando ci siamo insediati in Campidoglio abbiamo ereditato una situazione allucinante in cui i nomadi vivevano in buona parte in campi “tollerati” tra montagne di immondizia, senza luce elettrica e acqua potabile. Abbiamo chiuso sette di questi campi – tra cui il famigerato Casilino 900, dove vivevano circa mille rom da più di venti anni – e abbiamo sgombrato oltre 1.000 accampamenti abusivi sparsi per tutta la città. Per fare questo abbiamo creato, fuori dal Gra, un nuovo campo regolare e sorvegliato alla Barbuta e abbiamo allargato quello già esistente a Castel Romano. Ma portare i nomadi fuori dal Gra non è stato sinonimo di emarginazione, perché abbiamo garantito tutti i servizi essenziali (scolarizzazione, trasporti e assistenza sociale). Semmai la lontananza dai centri abitati è stato uno strumento per contrastare le attività illegali con cui molti nomadi dei campi depredano il territorio circostante (rovistaggio, furti di rame e di altri metalli, borseggio). In ogni campo autorizzato abbiamo istituito controlli fissi di legalità sulle entrate, sulle uscite e sui comportamenti, che Ignazio Marino ha prontamente abolito non appena arrivato in Campidoglio. E se i presidi socio-sanitari erano sicuramente preda di troppe cooperative rosse, questo derivava e deriva purtroppo da un radicamento difficilmente revocabile maturato in oltre 30 anni di amministrazioni comunali di sinistra a Roma. Inoltre durante la nostra amministrazione abbiamo istituito, con la collaborazione della Confcooperative, corsi di formazione per inserire nomadi ed emarginati nei lavori del ciclo dei rifiuti e dell’edilizia, corsi anch’essi cancellati dopo di noi. Infine abbiamo perfino tentato di svolgere elezioni democratiche per far eleggere dai nomadi i loro rappresentanti nei campi (non i soliti capifamiglia dei diversi clan). Non abbiamo certamente risolto tutti i problemi, ma non si è mai visto nella storia del Comune di Roma un impegno tanto intenso e coordinato per uscire dall’emergenza nomadi. Oggi tutta questa situazione è alla deriva, con l’aggravante dei nuovi flussi di migranti che arrivano nella Capitale. Se la Raggi lancia segnali d’allarme su questi temi non è solo per i consigli di comunicazione dati da Casaleggio. La realtà è che tutta Roma è invasa da insediamenti abusivi in ogni area verde o dismessa, mentre i numeri di queste presenze sono molto superiori di quelli ufficiali dati nella vostra inchiesta. E non bisogna farsi suggestionare dalla retorica buonista ed immigrazionista pensando che il problema sia solo quello di aumentare le azioni di solidarietà e di accoglienza per aumentare l’integrazione di nomadi e clandestini. Al contrario promettere case e lavoro a queste persone è il modo migliore per attrarre nuovi e crescenti flussi che si muovono sempre verso le città dove c’è la speranza di ottenere maggiori vantaggi e assistenzialismo facile. La strada è invece quella di un percorso rigoroso di legalità che imponga a nomadi e migranti una scelta chiara: o adeguarsi alle regole e alle leggi di tutti i cittadini italiani, o andarsene. Solo su queste premesse si possono innestare aiuti all’integrazione che non possono essere unilaterali e gratuiti come è stato fino a ora.

Gianni Alemanno

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