Da En Marche a en Deficit. Cos'è davvero l'apologia di fascismo

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 11 luglio

Al direttore - En deficit?

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Consigli a Matteo Renzi: ricordare alle anime belle che anche il piano Marshall fu un formidabile “aiutiamoli a casa loro”.

Andrea Minuz

 

Consigli a Matteo Renzi: un po’ di vacanze.

 


 

Al direttore - Però il ministro Calenda non faccia lo scaltro politico già di mestiere. Mi aspettavo, dopo la proposta di Renzi di un “patto con l’Europa” di flessibilità scadenzata da obiettivi di crescita, un “finalmente” da parte del ministro. E un applauso. Renzi ha messo in campo, finalmente, una proposta che va incontro a tutte le preoccupazioni dei moderati, degli europeisti, di chi temeva la guerriglia con l’Europa, l’autarchia, l’abbandono delle riforme. Cioè: l’esito greco. Calenda sa bene che questo è il vero pericolo, concreto e conseguente, se nel 2018 dovesse affermarsi un equilibrio politico più “sovranista”. E questo sarebbe il risultato se il Pd di Renzi non dovesse risultare il primo partito. O, peggio, se l’esito fosse ognuno dei seguenti esiti parlamentari: una vittoria del centrodestra unito, una vittoria dei Cinque stelle, l’affermazione di un confuso rassemblement ulivista e di unità della sinistra (il meno probabile, per la verità). In ognuno di questi casi, la prospettiva greca e il conflitto con l’Europa si materializzerebbe automaticamente. Entreremmo in un cunicolo di diffidenze europee, di timori internazionali, di scetticismo degli investitori, di richieste di garanzie delle autorità monetarie che ci riporterebbero ai mesi del primo Tsipras. E le timide avvisaglie di ripresa e crescita che un triennio di governo riformista ha fatto intravedere, andrebbero in spazzatura. E’ quello che tutti i moderati e gli europeisti devono temere. Il ministro Calenda lo sa. E, allora, non esageri con l’ecumenismo. E dica: pane al pane e vino al vino. Non si nasconda dietro la foglia di fico del tecnico che “deve imparare” il mestiere di politico. E, soprattutto, si liberi dal conformismo anti-Renzi. Pragmaticamente, registri che in campo ci sono oggi, verso l’Europa e sull’economia del paese, due sole prospettive in campo: una è quella, ahimé, inerziale, che tutti (quasi) rimuovono irresponsabilmente, il sovranismo delle coalizioni di destra e di sinistra; l’altra è, finalmente e dopo qualche ambiguità del segretario Pd, la proposta “pattizia” di Renzi, di cinque anni di accordo su un percorso di crescita e ripresa economica. Mi sarei aspettato un deciso e convinto sostegno del ministro Calenda a questa prospettiva. E invece… Leggiamo distinguo, reticenze, rimozioni del ministro: sembra più il bisogno di distinguersi da Renzi che schierarsi con una buona proposta europeista messa in campo dal leader del Pd. Che cosa c'entra, ministro Calenda, la richiesta di “abbandono della rottamazione” di Renzi? Mi pare che Renzi, con la sua proposta del patto, stia rottamando proprio quello che teme lei: un vecchio e logoro antieuropeismo di maniera, i velleitarismi sovranisti, l’estremismo populista, i bracci di ferro alla Tsipras, la demagogia antieuro. Tutto quello che tornerebbe se vincesse la destra unita o la sinistra unita o i Cinque stelle. Non usi, ministro, la parola-donnola (weisel-word per noi patrioti europei) e acidognola “rottamazione” solo per strizzare l’occhio agli avversari del segretario Pd. Gli dia, invece, una mano. E anche due. Ogni vero moderato dovrebbe chiederglielo. E non imbarchiamoci, signor ministro, in distinguo pelosi, capziosi e inconsistenti: dirottare i guadagni di flessibilità che chiede Renzi con il patto, verso gli investimenti o le riduzioni di imposte? Anche qui Lei, signor ministro, dà solo l’idea di voler distinguersi da Renzi. Ma con un giochino: strizzare l’occhio a una sinistra ancora taxofila, pesante e protezionista inventando una contrapposizione, meno tasse o più investimenti, che non c’è, non esiste. E’ solo una trovata polemica. Basta. Lei stesso, quando fa l’elenco delle misure di sostegno a produttività e investimenti, che occorrerebbe privilegiare col patto di flessibilità proposto da Renzi fa un elenco di misure (riduzione del cuneo, sostegno all’export, incentivi alla produttività ecc.) che sono strumenti fiscali. Se ancorati a step di crescita, come Renzi propone, quale liberale e riformista può sostenere che le riduzioni di imposte non siano l’inevitabile condizione e contesto di una politica di investimenti e innovazioni di produttività? Per carità, ministro, lasci perdere questi pelosi distinguo. Il conflitto tra europeismo riformista, liberale e moderato e sovranismo passa, oggi, dal destino del Pd: se perde Renzi, caro Ministro, Tsipras o Teresa May ci saranno più vicini.

Umberto Minopoli

 


 

Al direttore - Il rinvio dell’esame in Aula, alla Camera, del progetto di legge “ammazzavitalizi’’ (a prima firma di Matteo Richetti) non è dipeso dalla pervicace volontà dei “magnamagna’’ di allungare i tempi per tenersi il malloppo, ma all’ulteriore dimostrazione che i neo-sanculotti sono anche un bel po’ cialtroni. Arrivato il progetto in commissione Bilancio, il viceministro Enrico Morando si è accorto che mancavano le relazioni tecniche del Lavoro e del Tesoro. Nessun provvedimento di spesa può essere promulgato dal capo dello stato se privo della “bollinatura’’ della Ragioneria generale. Ovviamente i “nostri’’ se la prenderanno con la burocrazia “perditempo’’ che ostacola le propensioni al cambiamento e impedisce di fare giustizia (sommaria) sulla base della nuova sharia populista e plebea che sta intossicando l’Italia.

Giuliano Cazzola

 


 

Al direttore - Cosa ne pensa il Foglio della legge presentata dal Pd che introduce il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista?

Luca Marconi

Pensiamo sia una legge sbagliata. Sia per le ragioni che trova sintetizzate a pagina tre. Sia perché su questo punto con molta saggezza è già stata la Corte Costituzionale nel 1957 a definire il perimetro entro il quale considerare un reato l'apologia del fascismo. “L’apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una semplice difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista cioè in una istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente. Dunque, soltanto il collegamento con il tentativo di riorganizzare l’abolito partito fascista si può realizzare il reato di “apologia del fascismo”. Un commento o un’opinione o una sciocchezza restano una stupidaggine. E tra una stupidaggine e un reato ancora qualche differenza c’è, non trova?

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