Perché avrebbe avuto senso fare un passo in più e introdurre direttamente il reato di vitalizio

Al direttore - Macron convoca Pisapia e Speranza, Italia ancora beffata.

Giuseppe De Filippi


Al direttore - Il bel racconto di Pascale sulla movida pubblicato lunedì, ottimista sull’attuale direzione di marcia dei movimenti collettivi, mostra maggiori preoccupazioni su ciò che ci aspetta nel futuro e su come le tecnologie governeranno l’uomo. In questo cambio di lettura (ieri/oggi e oggi/domani) vi è un punto di fondo su cui gli umanisti continuano a sbattere quando cercano di comprendere la rivoluzione scientifica in atto, che li porta sempre a prevedere la fine della società come la conosciamo. Un bias legato, a mio avviso, a un’idea platonica della matematica che ci portiamo dietro. Il ragionamento va più o meno così: essendo gli enti matematici qualcosa di astratto, che risiedono al di fuori del cervello umano, all’uomo spetta solo scoprirli. Una volta che l’umanità decide di affidarsi a loro in ambiti sempre più ampi, diventano ingovernabili. Un ragionamento platonico, che è fallace nel campo della metafisica classica, ma anche in campo matematico. Perché qualsiasi nozione, concetto, ente e strumento matematico è in realtà una costruzione sociale, come ha scritto Hersh e come insegnano in tutti i maggiori college americani. La matematica è un prodotto culturale e non è un caso (come ci spiega Hofstatder) che le scoperte di Cantor coincidono con i labirinti di Kafka e che i sistemi di Godel siano contemporanei di Joyce. Gli algoritmi, insomma, non sono altro che il nuovo linguaggio dell’umanità. La naturale estensione del concetto è che gli algoritmi funzionano solo per, e grazie, a noi; i robot sono una nostra estensione; i computer computano seguendo i nostri ragionamenti, la tecnologia segue e deriva dalla nostra logica matematica; che è nostra e non si trova in un universo lontano. Se si vuole, una classica visione positivista e illuminista della tecnologia e della scienza tutta, che cambia la prospettiva degli scenari futuri disegnati da Harari (Homo Deus: breve storia del futuro), due dei quali (organismi come puri algoritmi, l’intelligenza affrancata dalla consapevolezza) si basano su un eccessivo pessimismo, mentre il terzo e più plausibile (alcuni individui indispensabili e indecifrabili, piccola élite di umani potenziati capaci di prendere molte decisioni importanti) viene ipotizzato solo per un numero ristretto di individui. Non la penso così: gestendo la transizione con saggezza, si può immaginare che una gran parte degli individui resteranno indispensabili anche se indecifrabili, costituiranno una grande massa di umani potenziati e prenderanno molte decisioni importanti. E’ quantomeno legittimo, direttore, essere ottimisti anche per il futuro.

Federico Velardi


Al direttore - Il testo Richetti ha compiuto un primo passo per iscriversi nell’elenco delle leggi del disonore, a fianco della legge Severino. E’ un testo incostituzionale, indecoroso sul piano tecnico e vergognoso su quello politico perché si propone di punire la rappresentanza parlamentare, come se dovesse scontare una sorta di peccato originale. Quando una classe politica non si limita a farsi umiliare senza alcuna reazione, ma è la prima ad infilarsi nella gogna per compiacere la plebe populista, merita solo di essere travolta. Nessuno dovrà meravigliarsi quando passerà la ronda a prelevarlo da casa per portarlo in giro per le strade a raccogliere ogni tipo di ingiuria e umiliazione. Come, in Cina, ai tempi delle Guardie rosse e della Rivoluzione culturale.

Giuliano Cazzola

Con ironia, un deputato di Forza Italia, Simone Baldelli, martedì ha proposto di introdurre un emendamento particolare alla legge Richetti: istituire direttamente il reato di vitalizio, prevedendo dai due agli otto anni di reclusione per chiunque lo maturi e una pena dai cinque ai dieci anni per chiunque lo prenda. Il presidente della Camera, ieri visibilmente emozionata durante il voto sulla legge Richetti, ha dichiarato inammissibile l’emendamento, ritenendolo illogico, incongruo e provocatorio. Purtroppo Baldelli, pur volendo ovviamente provocare, ha centrato il punto: in ballo, quando si parla di lotta al vitalizio, non c’è solo un tentativo di far risparmiare allo stato qualche spicciolo ma c’è qualcosa di più. C’è la progressiva introduzione di un principio pericoloso, letale: l’idea che essere pagati per fare il parlamentare sia praticamente un reato. La lotta contro il vitalizio è cominciata anni fa con alcune foto segnaletiche sul blog di Grillo. Oggi, purtroppo, la battaglia di un clown è diventa la battaglia di un pezzo importante del Parlamento italiano, e tutti saranno lì a battere le mani, senza capire però una verità drammatica: trasformare il mestiere di parlamentare come un mestiere comunque è il modo migliore per delegittimare non solo il Parlamento ma la nostra democrazia.


Al direttore - C’era una volta il Pdr, il partito di Renzi, cui gran parte degli elettori non Pd guardava con simpatia perché rompeva ogni schema, puntava al risultato, riprendeva e attuava riforme necessarie per l’Italia magari pensate da altri ma che gli altri non erano riusciti ad attuare, azzerava la presunzione di una superiorità antropologica di alcuni militanti politici rispetto agli altri, frenava la demagogia antipolitica montante. Per questo al Pdr si perdonava molto, provvedimenti costosi ed elettoralistici, modi di fare strafottenti, errori strategici, confidando nella maturazione e vedendo comunque in esso un argine di fronte all’ondata antiparlamentare e antipolitica. Poi tutto è cambiato. Il Pdr è tornato ad essere Pd, il partito si è chiuso in se stesso, le battaglie che contavano non erano più quelle necessarie per rimettere in carreggiata l’Italia ma quelle per conquistare il partito. A qualunque costo.

Anche al costo di trasformare quello che fu il Pdr nel Circo di clown dei Fratelli Mattei (Renzi, Richetti, Orfini). Ormai non si guarda più al versante del centrodestra, non se ne traggono più le preziose istanze liberali che il fallimento della leadership del centrodestra aveva abbandonato alla deriva politica. Né si guarda a sinistra, e fatelo! se non altro per giustificare l’esposizione nel Pantheon delle feste dell’Unità delle foto e dei pensieri di austeri teorici del totalitarismo comunista o di altrettanto austeri leader politici vittime riluttanti dell’incanto sovietico fino alla morte. Ora si guarda, come i predecessori, al Movimento 5 stelle ma, a differenza dei predecessori, non in vista di un’alleanza, ma per superarlo in corsa. Auguri.

Marco Taradash

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