Roma, e non solo. Senza concorrenza l'Italia è fottuta. Viva i referendum

Al direttore - Ma quanto gli scoccia a Salvini sentire che alla fine decide sempre Berlusconi?

Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - Come evidenziato nella relazione dell’Associazione Vite senza paura per il salone della giustizia 2017, il femminicidio non è una emergenza. Emergenza è un evento improvviso, imprevisto e imprevedibile. Raramente l’uccisione di una donna avviene perché prodotta da un raptus, ma è quasi sempre un delitto voluto, pensato. Doloso. Dall’inizio del 2016, almeno 58 donne sono state uccise in Italia dal partner o dall’ex fidanzato; dal gennaio 2015, 155. Secondo i dati dell’Oms la prima causa di uccisione nel mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio (da parte di persone conosciute). Secondo il rapporto annuale delle Nazioni Unite, presentato dalla relatrice speciale Rashida Manjoo il 25 giugno 2012, “a livello mondiale, la diffusione degli omicidi basati sul genere ha assunto proporzioni allarmanti”. Tali omicidi, prosegue il rapporto, sono “culturalmente e socialmente radicati, continuano ad essere accettati, tollerati e giustificati, laddove l’impunità costituisce la norma”. Il termine “femicide” nacque per indicare gli omicidi della donna “in quanto donna”, commessi per la trasgressione del ruolo ideale di donna imposto dalla tradizione (la donna obbediente, brava madre e moglie), e dunque della donna che si è presa la libertà di decidere cosa fare della propria vita. Esso è paradossalmente una re-azione. Il termine è relativamente recente. Infatti esso comparve solo nel 1992, quando Diana Russell, definì con la parola femminicidio la violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna “perché donna”. Subito dopo fu la messicana Marcela Lagarde a battezzare quello stesso fenomeno con la parola “femminicidio”. Il femminicidio secondo Marcela Lagarde è per l’appunto un problema strutturale, che va al di là degli omicidi delle donne, riguarda tutte le forme di discriminazione e violenza di genere che sono in grado di annullare la donna nella sua identità e libertà non soltanto fisicamente, ma anche nella loro dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita pubblica.

Venerando Monello

 

Tutto vero. Ogni femminicidio è un atto che lascia senza parole. Ma ciò che lascia senza parole è, come fanno in molti, anche trasformare in un dramma nazionale quello che è un problema sul quale i numeri dicono che si è riusciti a intervenire. Prendiamo i dati del 2016, presentati dal Viminale. I femminicidi, rispetto all’anno precedente, sono diminuiti del 3 per cento. Tutti i reati legati alla violenza di genere sono diminuiti. Lesioni: -11 per cento. Percosse: -19 per cento. Minacce: -16 per cento. Violenze sessuali: -1 per cento. Un problema può essere grave senza essere trasformato in emergenza. Basta saperlo. Basta ricordarlo.


 

Al direttore - Dagli Usa è arrivata la notizia di un esperimento di ingegneria genetica condotto su 58 embrioni umani, il cui Dna era difettoso. A quanto pare, secondo il resoconto dei ricercatori pubblicato su Nature, in 42 casi il problema è stato risolto, e il gene difettoso riparato. Peccato però che le persone che quegli embrioni sarebbero diventate non lo sapranno mai, né potranno mai godere delle magnifiche sorti e progressive dell’ingegneria genetica. Perché il loro sviluppo è stato interrotto dopo pochi giorni. E meno male che all’interno della stessa comunità scientifica c’è stato chi fin da subito ha invitato alla cautela e a non brindare troppo in fretta. Il rischio, manco a dirlo, è che dietro il paravento della prevenzione delle malattie si possano spalancare le porte dell’eugenetica, con la prospettiva magari di future gravidanze “sartoriali” cioè di figli ordinati su misura. E dire che giusto due settimane fa ricorreva un anniversario dai più ignorato ma che invece meriterebbe una qualche attenzione. Parliamo di Hermann di Reichenau, meglio noto come Ermanno il “contratto” o “rattratto”. Nato poco più di mille anni fa, il 18 luglio del 1013, Hermann nacque storpio, di una forma talmente grave che era costretto a stare piegato su se stesso. A sette anni i genitori lo mandarono a scuola nel monastero benedettino di Reichenau, su un’isoletta del lago di Costanza, dove poi rimase tutta la vita. Divenuto monaco, fu un grande astronomo, musico e liturgista, e tra le altre cose compose due tra i più belli degli inni mariani, il Salve Regina e l’Alma Redemptoris Mater. Nel 1863 fu beatificato da Papa Pio IX. Non sappiamo se la sua malattia fosse genetica o meno; quel che è certo è che la sua storia, come quella di tantissimi altri, sta lì a dimostrare che Dio è capace di scrivere dritto anche su righe storte. Alla lettera.

Luca Del Pozzo


Al direttore - La buona notizia è che finalmente abbiamo una legge sulla Concorrenza, la cattiva ė che bisogna attuarla. La concorrenza, dico.

Valerio Gironi

La legge sulla Concorrenza è una buona notizia. Ma la grande buona notizia sarebbe un’altra: far partire, attraverso il referendum sul trasporto pubblico romano organizzato dai Radicali, una grande stagione di referendum da organizzare in giro per il paese per combattere le piccole e grandi rendite di posizione che esistono nelle nostre città e che la politica spesso non ha il coraggio di sradicare. Vale per le leggi in Parlamento, vale per il trasporto pubblico locale, vale per molte municipalizzate: senza concorrenza l’Italia è fottuta.

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