L'acqua a Roma resta, l'allarmismo pure. Appunti sui permessi umanitari

Al direttore - Dopo Merano, Berlusconi è così giovane che in un supermercato ha detto che tra Fini e Rutelli non ha dubbi e sceglie Fini.

Alessio Viola

  


  

Al direttore - Nell’archivio storico capitolino del Comune di Roma con i numeri di collocazione 29586 e 30676, c’è un bel libro di Matizia Maroni Lumbroso in due edizioni di Alma Roma, una di cinquant’anni fa e una di trent’anni fa. Il titolo è “Roma calpestata”. La copertina riporta il disegno di un chiusino nel cortile della Sapienza. Il libro contiene la storia dei chiusini o tombini di Roma, alcuni sono antichissimi. Oggi sappiamo che a Roma sono circa cinquantamila. Quest’anno, 2017, è piovuto il 70 per cento meno degli altri anni. L’Acea ha comunicato che la pressione dell’acqua sarà ridotta nelle ore notturne. Di queste condizioni a dir poco straordinarie un’amministrazione giovane e vaffanculesca come quella pentastellata della Raggi avrà certamente fatto tesoro per bonificare la rete fognaria o, quanto meno, per disostruire i cinquantamila tombini della città. L’avrà fatto certamente, per evitare che alle prime piogge di inizio settembre l’acqua piovana allaghi le strade e faccia pentire i romani di essere tornati in città. La Raggi l’avrà certamente fatto perché lei è una donna avveduta e sa come si amministra una metropoli. Un primo e più urgente giro potrebbe essere stato questo: piazza di Porta Capena, via di San Gregorio, piazza del Colosseo, via dei Campi Sportivi, via Tiburtina, Metro Rebibbia, via Prenestina da largo Preneste a largo Telese, da via Tor de Schiavi a via dei Ciclamini, piazza Asti, Via Ostiense da p.le Ostiense al cavalcavia ferroviario, via Laurentina da via di Vigna Murata fino al G.R.A., viale dell’Oceano Atlantico, viale dell’Oceano Pacifico, viale Egeo, viale di Val Fiorita e via delle Tre Fontane, via Tardini, via della Pineta Sacchetti e piazza di Villa Carpegna, lungotevere Maresciallo Diaz, zona viale Europa, sottovia di Corso Italia, sottovia e cavalcavia. E’ stata mia moglie Silvana a chiedermi stamattina: ma l’avrà fatto la Raggi? Io stavo per rispondere: sicuramente sì, poi ho esitato e ho pensato: mo’ lo chiedo al direttore del Foglio!

Riccardo Gallo

   

Malizioso. Su questo tema però c’è qualcosa che andrebbe detto, per aggiungere un tassello ulteriore alla storia dell’acqua a Roma. Tutti sapevano che tra fine agosto e inizio settembre a Roma avrebbe piovuto ma nonostante questo, poco prima delle piogge, dopo il panico di inizio estate, “Roma rimarrà senz’acqua”, altro panico di fine estate: a Roma verrà razionata l’acqua. Annunci. Allarmismi. Titoli di giornale. Poi ha piovuto e ieri chi si occupa dell’acqua a Roma, ovvero un’azienda gestita dal comune, ha comunicato che no, il razionamento non ci sarà. Dunque, si dirà, non è successo nulla, se non fosse che da due mesi mezzo mondo è convinto che a Roma sta succedendo quello che non sta succedendo: la fine dell’acqua. In duemila anni di storia Roma non aveva mai avuto un allarme acqua. L’acqua ovviamente c’è, ma l’allarme rimarrà. Rifletterci.


      

Al direttore - Le Sue parole di ieri in favore di una definitiva virata in senso proporzionale della legge elettorale sono del tutto condivisibili. Solo in quel modo si potrebbero infatti creare le condizioni per un governo dei volonterosi che veda uniti Renzi e Berlusconi contro tutti gli arruffoni senza talento di cui sono pieni i talk-show televisivi. Questa è la prospettiva utile al paese, anche per allontanare quei minacciosi auspici che molti, dentro e fuori l’Italia, già formulano senza indugio, in ispecie nella vasta e spietata comunità finanziaria. Se il suo articolo diventerà un appello vero e proprio sappia, caro direttore, che molti saranno pronti a battersi in tal senso, alla Camera dei deputati come al Senato della Repubblica.

Paolo Naccarato

   

E’ un appello. Un appello affinché Renzi salvi Berlusconi dall’abbraccio di Salvini. Conviene a Berlusconi, ma potrebbe convenire anche a Renzi. Un Berlusconi schiacciato su Salvini può essere appetibile per il Pd fino a un minuto prima delle elezioni, ma rischia di diventare un piccolo dramma un minuto dopo le elezioni.


     

Al direttore - Nel suo interessante articolo-intervista “La febbre degli ignoranti virtuosi”, Giulio Meotti stigmatizza giustamente il radicalismo iconoclasta che sta prendendo piede nel mondo anglosassone e che arriva a voler abbattere le statue di Cristoforo Colombo e Horatio Nelson. Ma verrebbe da dire, c’è iconoclastia e iconoclastia. Veniamo in Europa. Di recente il municipio di Monaco di Baviera ha respinto il progetto di ristrutturazione della Haus der Kunst (Casa dell’Arte) dell’archistar David Chipperfield che restituiva al pubblico la vista dell’imponente facciata in stile fascista dell’edificio. Il museo, fondato nel 1937 da Adolf Hitler come Casa dell’Arte Tedesca, fu un potente strumento di propaganda culturale nazionalsocialista contro tutte le forme di arte occidentale “degenerata”. L’amministrazione ha ritenuto che la restituzione al pubblico della (bella) facciata com’era avrebbe dato un segnale ambiguo, perché talvolta gli edifici “sono marchiati dalle loro ideologie”. Il tema è complesso. L’amministrazione bavarese è iconoclasta e disprezza i valori artistici? O piuttosto, come io penso, non vuole essere strumento indiretto di celebrazione di un regime liberticida e omicida al potere meno di un secolo fa? O vogliamo fare come in Italia dove solo l’incendio dei giorni scorsi ha cancellato la scritta Dux impressa nei boschi intorno a Rieti e manutenuta fino a ieri mentre Roma è piena di simboli del vecchio regime?

Marco Cecchini


      

Al direttore - Rispetto alla storia di uno dei fermati per lo stupro di Rimini, c’è un passaggio che mi ha colpito. Si è detto che per uno di questi non c’erano i requisiti per lo status di rifugiato e che in mancanza di questi requisiti al congolese è stato rilasciato un permesso di soggiorno in Italia per motivi umanitari. Non andrebbe fatta una riflessione su questi permessi?

Marco Todini

    

Andrebbe fatta, sì, ma non c’è bisogno di mettere in relazione questa riflessione con i fatti di Rimini. Basterebbe rileggere con attenzione un documento pubblicato dal Foglio qualche settimana fa. E’ uno studio ben fatto di Bankitalia sul tema “I rifugiati e i richiedenti asilo in Italia, nel confronto europeo”. In questa indagine, si ricorda che “l’Italia risulta il paese con un uso maggiore della protezione umanitaria, pari a circa il 50 per cento degli esiti positivi”, si aggiunge che “il ricorso a questo strumento è maggiormente dipendente dalle singole legislazioni nazionali e, nel caso dell’Italia, l’utilizzo frequente di questa tipologia di permesso coglie una maggiore permissività, in particolare nei confronti di alcune cittadinanze” e si conclude che su questo fronte occorrerebbero delle misure più attente. “In Italia è più elevato il ricorso allo strumento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, i cui criteri per la concessione sono meno stringenti rispetto a quelli previsti per la protezione internazionale basata sulla Convenzione di Ginevra”. Trasformare, come prevede la dottrina salviniana, i migranti in potenziali terroristi e coloro che si trovano in Italia con permessi di soggiorno per motivi umanitari in potenziali stupratori è una stupidaggine. Riflettere sulle ragioni per cui in Italia vi è un ricorso così elevato a questa tipologia di permesso sarebbe un’operazione saggia.

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