Rai e cultura del sospetto. Mdp, Visco e la maggioranza (e il 4 dicembre)
Al direttore - Insisto nel consigliare un bel libro: Monica Maggioni, “Terrore Mediatico”. Prima edizione maggio 2015. Chi l’avrebbe mai detto. Sei finanzieri, due pantere, fanno pensare a una perquisizione. Anche se non la fanno, anche se vanno a chiedere documenti e riferire di un’indagine che rende obbligatoria la loro presenza, anche se l’argomento ha attraversato il consiglio d’amministrazione nel quale siedo, la commissione di vigilanza nella quale intervenni rintuzzando le pretese pretestuose dei rappresentanti del Movimento 5 stelle e infine è spiegato in una puntuale relazione fornita a Cantone, al quale, per correttezza e dovere, non si fanno mancare né le spiegazioni né le documentazioni. Due pantere e sei finanzieri fanno pensare al fatto grave, reiterato, quando invece diventano inconsapevolmente pastura per lo scandalo che resta incardinato su alcuni siti, in pochi titoli, nel veleno della polemica pretestuosa e lì finisce col restare. Non le pare che qualcosa non torni?
Guelfo Guelfi, consigliere della Rai
La cultura del sospetto ha creato un mostro che si chiama circo mediatico-giudiziario. Ogni indizio è una condanna. Ogni indagine è una mattanza. Sarebbe bello, un giorno, vederne parlare la Rai. Che ne dice?
Al direttore - Ho perso il conto: quante volte Mdp è uscito dalla maggioranza?
Michele Magno
Mdp è uscita dalla maggioranza il 4 dicembre. Il resto è solo la coda di una stella cadente.
Al direttore - Ormai il Csm non sceglie più i procuratori aggiunti. Lo fanno i capi degli uffici inquirenti. Il fantasma di Alfredo.
Frank Cimini
Al direttore - E’ molto interessante l’analisi della Ciliegia sugli effetti della riconferma di Ignazio Visco nella carica di governatore della Banca d’Italia. L’opzione di un Renzi, novello Crono o, addirittura, conte Ugolino, che imposti la campagna elettorale per una discontinuità rispetto al modello Gentiloni, dopo che, da ultimo, il premier ha fatto deliberare la designazione per la conferma nell’incarico di Visco, potrebbe risultare politicamente mortale per lo stesso Renzi. Le assenze nel Consiglio dei ministri del 27 sono premonitrici? Ma già prima della campagna elettorale, se, come alcuni del Pd sembrano volere, si vorrà impostare l’iniziativa nella commissione parlamentare di inchiesta come una battaglia per la rivincita, promossa da incerti aspiranti “public prosecutors”, sulla conferma del governatore o come secondo tempo di una sconsiderata partita alla quale Via Nazionale non partecipa, i danni saranno rilevanti. Visco non è affatto un’anatra zoppa. Saprà tenere saldamente testa con argomenti tecnico-giuridici ed economico-finanziari alla inchiesta. Si potrebbe estendere al suo approccio il noto motto “nec spe, nec metu”. Possono essere stati commessi errori, ma questi non giustificano una sorta di pregiudiziale condanna in contumacia, senza verificare i fatti, senza ascoltare le spiegazioni e i chiarimenti, senza avere precisa contezza dei limiti dell’azione di Vigilanza e senza tener conto che, comunque, eventuali errori non ledono nel modo in cui si vorrebbe da taluno il ruolo della Banca né la figura di Visco. Sono convinto che molti dei critici, con l’audizione di Visco, avranno modo di ricredersi nettamente; altre resipiscenze potranno venire dai rapporti inviati dalla Banca all’Autorità giudiziaria. Ci sarebbe bisogno, invece, di distensione, nell’interesse di tutte le istituzioni coinvolte, per un lavoro proficuo nella Commissione, ben presieduta da Pier Ferdinando Casini, volto anche alle necessarie riforme da proporre, e per rilanciare la collaborazione tra soggetti istituzionali, nelle reciproche autonomie. Chi pensasse, con riferimento alla “lame duck”, di azzoppare dovrebbe fare molta attenzione perché potrebbe essere egli per primo a rimanere azzoppato, integrando così la regola della stupidità di Carlo Cipolla, quella di fare male ad altri (come desiderio, in questo caso) danneggiando se stesso.
Con i più cordiali saluti.
Angelo De Mattia
Il Pd, per come si stanno mettendo le cose, mi sembra entrato in una fase diversa, perfettamente sintetizzata sempre da Carlo Cipolla: “Il fatto è che il processo storico non consiste nella soluzione di un ben definito set di problemi: nel processo storico la soluzione stessa d’un problema crea altri problemi”.