A Roma Grillo sta portando a termine l'operazione Italia come Lagos
Al direttore - Alla fine, per evitare derive a destra, si potrebbero dare due settimane di prorogatio a Brizzi nelle sale.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Come società di grande operatore nel settore dell’economia circolare che da molti anni investe ed esercisce con serietà ed impegno molti impianti, vorrei esprimerle riconoscenza per l’articolo “La grande monnezza” pubblicato sul suo giornale il 27 dicembre 2017” per la corretta (e non usuale) trattazione dell’argomento. I dati pubblicati nell’articolo evidenziano quanto spesso siano strumentali e tendenziosi i dati relativi all’inquinamento dei termovalorizzatori di frequente pubblicati da numerosi altri mezzi di informazione divulgando di fatto delle vere e proprie “fake news”. Per una corretta valutazione del ruolo dei termovalorizzatori sui mutamenti climatici bisogna tenere conto anzitutto del fatto che il conferimento dei rifiuti non riciclabili in discarica, in alternativa ai termovalorizzatori, avrebbe un impatto ben maggiore, senza tener conto anche del fatto che il 50 per cento dei rifiuti avviati a termovalorozzazione proviene da origine di biomassa biodegradabile. Sì può quindi affermare che i Termovalorizzatori in realtà evitano emissioni di CO2 in atmosfera e che illuminare le città con i rifiuti non riciclabili (utilizzando le migliori tecnologie disponibili) è, dal punto del riscaldamento globale del pianeta (effetto serra), oggi la miglior soluzione possibile. Per gli altri inquinanti (polveri sottili (PM10 e PM2,5), ossidi di azoto (NOx), ecc.) numerosi studi scientifici in Italia e in Europa(*) hanno ampiamente dimostrato l’irrilevanza delle emissioni dei Termovalorizzatori rispetto alle emissioni globali da altre fonti. Ciò nonostante la campagna ideologica contro questi impianti prosegue nell’indifferenza di molte istituzioni e alimentata da una certa politica demagogica, contribuendo a causare gravi danni al Paese e alle corrette prospettive di uno sviluppo sostenibile. Cordialmente
L. Valerio Camerano, Amministratore Delegato A2A
E’ un tema incredibile. Il caso Roma lo dimostra. I romani, come abbiamo raccontato, pagano circa 670 milioni di euro all’anno di Tari, la tassa sui rifiuti. Di questi, 200 milioni (circa 63 milioni di costo di trasporto) se ne vanno ogni anno per allontanare i rifiuti e portarli in impianti che possano bruciarli, ovvero nei termovalorizzatori. Costruire un termovalorizzatore che possa bruciare ogni anno 300 mila tonnellate (tutti i termovalorizzatori d’Italia ogni anni inquinano come un’ora di traffico a Roma in un’ora di punta) costa circa 300 milioni di euro. Per ragioni ideologiche, Roma ha scelto di spendere soldi senza senso e di continuare a far finta di non avere un problema. Nel 2012, quando Napoli ancora non aveva risolto almeno parzialmente i suoi problemi con i rifiuti, Eric Sloots, il direttore commerciale della società olandese di energia Avr che ogni anno riceveva tonnellate su tonnellate di rifiuti italiani da smaltire, ci prese in giro in modo formidabile: “Grazie agli italiani ci faremo 35 milioni di docce calde, convertendo i rifiuti in energia”. A Brescia, il termovalorizzatore ha permesso di abbassare le bollette elettriche e le bollette sui rifiuti. A Roma, l’assenza di un termovalorizzatore ha permesso alla Capitale d’Italia di avere contemporaneamente una città ricoperta da immondizia e una tassa sui rifiuti che è la più alta d’Italia. Aveva ragione Grillo: per governare le città, ha detto qualche settimana fa con involontaria comicità, il modello grillino è Lagos, in Nigeria. Una città che in base alla qualità di vita, secondo il “Quality of living city rankings”, si trova al 212° posto su 231 città prese in considerazione in tutto il mondo. Ce ne stiamo accorgendo, grazie Beppe.