Saggio Prodi contro D'Alema e Bersani: basta con le sedute spiritiche

Al direttore - Insomma Prodi ha come l’impressione che D’Alema non lavori per l’unità del centrosinistra.

Giuseppe De Filippi

Così Prodi ad Affari Italiani: “Liberi e Uguali non è per l’unità del centrosinistra. Punto”. Grasso, D’Alema e Bersani? “In questo momento non sono per l’unità del Centrosinistra. Punto”. Messaggio chiaro: cari compagni, non esageriamo con le sedute spiritiche.

 


 

Al direttore - Con Carlo Nordio, da quest’anno presidente del nostro festival, dal 2 al 4 febbraio saremo a Cividale del Friuli per la terza edizione di LexFest con relatori qualificatissimi e cercando di andare oltre la dicotomia giustizialisti-garantisti. Lo faremo con, tra gli altri, alcuni direttori di testata: Enrico Mentana (premio LexFest per l’informazione), Marco Tarquinio, Gianmarco Chiocci, Alessio Falconio. Lo faremo con il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, e il presidente Anma, Eugenio Albamonte. Parleremo di fake news con il procuratore aggiunto a Roma, Antonello Racanelli e di cyberbullismo con il papà della nuova legge, il sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri. C’è attesa per la lectio magistralis del presidente emerito della Cassazione, Giovanni Canzio, sull’indipendenza della magistratura. E poi uno stuolo di avvocati di prim’ordine: da Guido Carlo Alleva a Elisabetta Busuito, da Antonio Bana a Giuseppe Campeis e Francesco Giuliani, da Gabriele Fava a Francesco Bruno, Luca Bolognini e Francesco Salvi. Giornalisti come Luca Telese, Marco Lillo e Giovanni Negri, il docente di Scienza dell’amministrazione Francesco Tufarelli e il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.

Andrea Camaiora

 


 

Al direttore - Ho letto con interesse l’articolo di Bitetti e Sileoni sul presunto divario salariale di genere. Penso che il punto dolente del report dell’Onu sia implicito nel nome. Un’iniziativa intitolata “23% Robbery” sarà per definizione poco incline ad ascoltare dati che dicano il contrario. Se un’associazione nasce per combattere un certo problema, con grande fatica i suoi adepti avranno occhi per vedere che esso si stia risolvendo, o che è meno grave di quanto supposto. Perché quella causa dà loro uno scopo e una direzione. Senza quella battaglia non esisterebbero come associazione. Se è quella la loro ragione d’essere, e magari la stessa che convince i loro finanziatori, oltre una certa soglia non saranno incentivati a risolvere quel problema, perché farlo decreterebbe la loro soppressione. E’ un problema che hanno anche i governi. Ha scritto il filosofo Mike Huemer che “il governo cresce quando crescono i problemi sociali, e quindi risolvere i problemi non è nell’interesse del governo”. Insomma, la gravità di una causa non è funzione di quanto assordanti siano le proteste dei suoi sostenitori. Quando qualcuno si strappa i capelli per un problema, chiediamoci se sarebbe disposto ad ammetterne la scomparsa.

Federico Morganti

 


 

Al direttore - Paragonare Caselli e Lo Forte a Falcone e Borsellino mi sembra una bestemmia o uno scherzo. Il loro libro sulla “colpevolezza” di Andreotti (superata dalla prescrizione a loro dire) è solo indice di ignoranza giuridica: da avvocato trovo di non avere nulla da imparare da ex magistrati che vogliono riscrivere la storia, beffandosi del principio costituzionale di non colpevolezza. A pensare che, prima di essere pensionati ed ex, sono stati magistrati effettivi viene quasi da piangere. Saluti.

Alberto Savoini