Quello che non si vede su Embraco. Contro il fascismo dell'anti fascismo
Al direttore - Caro Cerasa, a proposito del caso Embraco: se da noi alle multinazionali che se ne vanno non si affiancano altre multinazionali che investono e si insediano qualche domanda chi governa dovrebbe porsela, circa la sua politica industriale. E il ministro dello Sviluppo economico dovrebbe evitare di chiamare gentaglia coloro che scelgono di investire e portare lavoro altrove a cittadini comunque facenti parte dell’Unione europea, ovvero della comunità dentro alla quale, ci dicono, noi europeisti dovremmo sentirci tutti fratelli, o quasi. Per distinguerci dai beceri populisti, sovranisti e nazionalisti. P.S. Spiace per Calenda, da cui non ci saremmo aspettati una così clamorosa caduta di stile neppure in campagna elettorale.
Gianni Trombetta
C’è un tema che, tranne il nostro giornale, in pochi stanno affrontando. E la questione è questa. In Italia il cuneo fiscale, cioè la differenza tra il costo del lavoro e lo stipendio netto pagato al dipendente, nel 2016 era pari al 47,8 per cento, in calo di 0,08 punti sul 2015. La media Ocse è del 36 per cento. In Slovacchia è del 41,5 per cento. La Slovacchia non ha il nostro debito pubblico e può permettersi anche di avere imposte sulle società più basse della nostra (22 per cento contro 24 per cento) ma il caso Embraco dovrebbe farci riflettere su un punto importante: e se quella che noi chiamiamo “delocalizzazione” in realtà non è altro che una “internazionalizzazione?”; e se quella che noi chiamiamo “concorrenza sleale” in realtà non è altro che concorrenza? In un bell’intervento pubblicato sul sito In Più.net, Stefano Micossi ha offerto spunti interessanti. Ve li riproponiamo: “La verità è che le imprese delocalizzano perché l’Italia è un posto dove è sempre più difficile lavorare; il costo del lavoro è solo una variabile tra molte, forse neanche la più importante, nel creare questo svantaggio. Pesano molto di più le leggi confuse e la loro applicazione imprevedibile da parte di giudici e amministrazioni, la difficoltà di riscuotere i crediti, l’ostilità ambientale all’impresa. Questi svantaggi sarebbero superabili se la produttività fosse stellare; ma troppe volte resta bassissima per povertà di management e di tecnologia. Una cosa è certa: svantaggi ambientali e bassa produttività non si risolvono gridando contro l’Europa, chiedendo all’Europa di lasciar correre sugli aiuti di Stato, o chiamando canaglie le imprese che chiudono”. Forse converrebbe pensarci su.
Al direttore - In poche ore, un dirigente di Forza Nuova è stato legato e pestato a Palermo. Poche ore dopo, un militante di Potere al Popolo è stato accoltellato a Perugia. Alcune svastiche sono state trovate sulla lapide di Aldo Moro a Via Fani. Ci dobbiamo preoccupare?
Luca Martini
Avevano ragione Pannella e Pasolini: non si può esitare a condannare il fascismo, ma non si può esitare a condannare il fascismo dell’anti fascismo. Si condanna e basta, senza se e senza ma. Ricordandosi, e questo dovrebbe ricordarlo la politica, che alimentare la violenza verbale non è senza conseguenze. Da una parte e dall’altra.
Al direttore - Dei tre filoni prospettati in merito alle possibilità che ha in mano Mattarella, caro Cerasa, sono preferibili i primi due. Un governo della “non sfiducia” fa davvero troppo Prima Repubblica e, anche in considerazione della stagione in cui prenderebbe forma, rischierebbe di essere il prodromo di un governo balneare.
Lorenzo Lodigiani