Non succede ma se succede… Triplo capolavoro del Cav. con Salvini e Di Maio
Al direttore - Salvini: “Ora far funzionare il Parlamento”. Era quasi meglio quella del tonno.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Berlusconi con i grillini: è uno scherzo vero?
Luca Martini
Con la scelta di sponsorizzare per la presidenza delle Camere l’accordo tra centrodestra e Movimento 5 stelle, in un colpo solo Berlusconi, che dalle elezioni è uscito male, ma male male, potrebbe mettere a segno un triplo colpo. Primo colpo: ottenere la presidenza del Senato per Forza Italia, a fronte di un risultato disastroso per Forza Italia. Secondo colpo: provare a proporsi come il garante più istituzionale di un accordo tra i partiti di protesta, tenere unita la coalizione (alla Lega nel frattempo è andata la candidatura in Friuli con Fedriga) e creare le condizioni per evitare di tornare a votare presto, per provare a contenere, per quanto possibile, l’Opa di Salvini sul centrodestra. Terzo colpo: mentre per la presidenza del Senato in teoria il centrodestra avrebbe i numeri per eleggere il successore di Grasso in autonomia – nelle prime due votazioni serve la maggioranza assoluta dei voti dei componenti del Senato per eleggere il presidente, e nel caso in cui nei primi due voti non ci fosse una maggioranza assoluta, si andrebbe al ballottaggio – per quanto riguarda la Camera i giochi cambiano. L’elezione del presidente in questo caso avviene a scrutinio segreto e a maggioranza con quorum dei due terzi dei componenti nel primo scrutinio, a maggioranza dei due terzi dei voti nel secondo e terzo scrutinio e a maggioranza assoluta dei voti dopo il terzo. Significa che il Movimento 5 stelle per eleggere il presidente della Camera ha bisogno di un accordo con altri partiti (inciucio!). Significa che se il Movimento 5 stelle dovesse riuscire a eleggere un suo presidente della Camera, Berlusconi potrebbe dire: caro Luigi, consentimi, ma se sei riuscito a portare un grillino alla presidenza della Camera lo hai fatto con i miei voti. E se sono impresentabile io, beh, sei impresentabile anche tu. Niente male. Ma chissà.
Al direttore - E’ senz’altro giusto che, se si dice che un programma per ridurre il debito è in linea con le raccomandazioni del Fondo monetario internazionale, poi bisogna verificare che ciò sia vero analizzando gli studi del Fondo, come fa il Foglio del 21 corrente, dimostrando invece che, nella specie, il piano dei Cinque stelle, che esplicita l’asserita coerenza con il Fondo stesso, e quello della Lega in linea non sono. Da ciò, però, non si può inferire (e Il Foglio non lo fa) che il programma del Fmi sia da trasporre meccanicamente in Italia e vada applicato altrettanto automaticamente, in una sorta di riviviscenza delle famose “lettere di intenti” degli anni 70 e seguenti. Lettere che spesso erano sollecitate dagli stessi governi per potere poi piegare i partiti contrari a determinate misure. Certamente il Fondo, con le sue missioni, svolge una funzione importante. Ma le sue analisi e le misure suggerite non di rado sono risultate errate o caratterizzate da un rigorismo così elevato che, se applicate, si sarebbe forse aggiustato qualche pezzo dell’economia, ma si sarebbe sconvolta la società. Sono, poi, noti i comportamenti tenuti, per esempio, sulla Grecia, da maestro incalzante quando dovevano decidere le istituzioni europee e la Bce per le ricadute di propria competenza, ma da inflessibile rigorista quando erano in ballo i suoi poteri; come altrettanto noti sono stati gli allarmi lanciati sui prestiti deteriorati in Europa indicati in importi enormi, eccessivi e sconfessati, poi, da rigorose valutazioni. Dunque, la politica economica e di finanza pubblica va decisa da un paese qual è l’Italia autonomamente, nel quadro della normativa europea, con le variazioni che a questa sarà opportuno apportare se si verificheranno le necessarie convergenze, cosa che non significa volere il lassismo o sottrarsi alle regole comunitarie. Non siamo un Paese (e non voglio dire: non siamo ancora) sotto osservazione del Fmi, ammesso che quest’ultimo non debba essere messo sotto una maggiore attenzione a opera degli Stati partecipanti.
Angelo De Mattia
Al direttore - Il pensiero critico aiuta a formarsi una opinione più solida in un contesto in cui l’informazione acquisisce crescenti sfumature di personalizzazione, che a volte sconfinano nelle vituperate fake news. Ad esempio, attraverso la logica che muove il pensiero critico si aiuta a comprendere la fondamentale differenza tra correlazione e causalità, differenza spesso generatrice di fake news. Il pensiero critico si può e si deve imparare anche all’università. Introdurre corsi che esplicitamente insegnino e aiutino a sperimentare il pensiero critico, e in generale aiutare le nuove leve a usare la logica, non aiuterà forse a debellare in sé il fenomeno delle fake news, ma aiuterà sicuramente a far sì che gli studenti si pongano interrogativi intelligenti per risolvere i problemi e le opportunità che consentano di far vivere le generazioni in un mondo e in una società migliori. Le università sono, infatti, i luoghi in cui scienza e ragione aiutano a comprendere la complessità dell’universo, attraverso le discipline che lo studiano. Con la loro ricerca scientifica, le università aiutano a creare nuova conoscenza, che alimenta la comprensione delle dinamiche naturali e sociali del mondo che ci circonda. Con l’insegnamento, aiutano a propagare questa conoscenza nella società e nelle professioni. Il percorso formativo dei ragazzi in un momento storico di profondo cambiamento tecnologico, sociale e culturale richiede alle università di rafforzare ulteriormente la capacità di analisi, valutazione e inferenza degli studenti. La generazione Z (i nati dal 1998 al 2010) che popola le università in questi anni è una generazione globale, aperta, abile nell’apprendere, multi-tasking e, in quanto tale, tendente a distrarsi per la costante sbornia di informazioni a cui è sottoposta. Oltre alla razionalità del metodo scientifico, che pervade gran parte dei corsi che vengono insegnati nelle università moderne, anche una buona dose di pensiero critico può aiutare a comprendere la complessità dei problemi e stimolare lo sviluppo di una forma mentale in grado di accettare le sfide crescenti che la complessità ci pone – come quelle legate all’intelligenza artificiale che sostituisce il lavoro umano o all’industrializzazione selvaggia che ha reso il pianeta progressivamente malato. Il pensiero critico non è il pensiero debole: ha un forte ancoraggio nella logica, che rappresenta una bussola fondamentale. Anziché alimentare il dubbio, lo riduce rispetto agli scenari irrazionali e non credibili, stimolando la capacità di analisi, valutazione e giudizio.
Gianmario Verona, rettore dell’Università Bocconi