Il Papa e l'Inferno (con le parole di B-XVI). Classe digerente no grazie

Al direttore - Un Tir è arrivato quasi a Palazzo Chigi, un altro non eletto da nessuno.

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Il Papa, dunque, non ha rilasciato un’intervista a Eugenio Scalfari e il fondatore di Repubblica ha preso fischi per fiaschi: l’inferno esiste e le anime dannate non si dissolvono nel nulla. Resta il fatto, però, che l’inferno è “incostituzionale”. A Lucio Lombardi Vallauri questa affermazione una ventina d’anni fa costò l’insegnamento all’Università Cattolica. Io non ho invece niente da perdere, e per questo mi permetto di insistere: l’inferno è incostituzionale perché tra una pena infinita e una colpa finita non c’è proporzione. L’argomento che è infinita l’offesa perché è infinito l’offeso, cioè Dio, porterebbe a considerare infinito ogni peccato, il che non è ovviamente possibile. Inoltre, l’inferno è incostituzionale perché è contrario al sentimento di umanità e non prevede la rieducazione del condannato. Sconta cioè un ineluttabile fallimento etico e pedagogico. Ragione che forse spiega una micidiale battuta di Ennio Flaiano, un po’ blasfema, sul carattere nazionale: “L’inferno che l’italiano si ostina a immaginare è un luogo dove, bene o male, si sta con le donne nude e dove coi diavoli ci si mette d’accordo”.

Michele Magno

“E’ venuto Gesù per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore” (Benedetto XVI, 25 marzo 2007).

 


 

Al direttore - Gentile Cerasa, recentemente il suo giornale ha definito una serie di rappresentanti del mondo imprenditoriale e bancario, tra cui il sottoscritto, come “il coro dei convertiti”. Per quanto mi riguarda, credo che lo spirito con cui chi ha vinto le elezioni (Di Maio e Salvini) si appresta a dare un governo a questo paese abbia alla base un desiderio di rinnovamento e cambiamento di una macchina dello stato autoreferenziale e (apparentemente) inamovibile. Uno status quo di perdurante “stallo” in cui la cosa pubblica viene gestita da un migliaio di alti burocrati, che, nei diversi settori, controllano il paese, condizionando la stessa politica. Senza lo smantellamento di tale sistema nessun cambio di passo sarà possibile. Non vedo perché il settore imprenditoriale non debba sostenere proposte che possono andare, se corrette e precisate, nel vero interesse del paese. Cominciando dalla controversa legge Fornero: credo che nessuno possa dichiararsi contrario a una sua riforma, a patto che l’obiettivo sia quello di consentire un pensionamento anticipato per tutti i lavoratori dei settori più usuranti, favorendo al contempo una staffetta generazionale. Diverso è invece dichiarare di voler aprire a modifiche che riportano ai tempi bui in cui si andava in pensione dopo 25 anni di lavoro, vivendo a carico dello stato per numerosi decenni. Perché poi non si dovrebbe sostenere una seria riforma fiscale basata su una flat tax che semplifichi e tolga ogni alibi all’evasione? Certamente a condizione che questa venga applicata con un livello di aliquota la cui copertura sia assicurata e supportata dalla cancellazione di regali fiscali e da una ferma azione di spending review di una dispendiosa burocrazia statale, che prolifera soprattutto al sud. Come non condividere politiche di controllo dell’immigrazione che consentano l’ingresso solo a chi, opportunamente formato, può diventare una risorsa per il nostro settore manufatturiero? O ancora, pur condannando l’applicazione generalizzata ed indiscriminata dei dazi, come si fa a non appoggiarne l’adozione verso paesi che fanno dumping sociale e ambientale, o che (Cina in testa), aiutano illegalmente le loro imprese? Tutti noi dovremmo mettere sopra i personali giudizi e pregiudizi il vero interesse per il nostro paese, valutando, con critica oggettività, le proposte di chi è chiamato a formare il futuro governo.

Luigi Scordamaglia

L’Italia avrebbe bisogno di una classe dirigente non di una classe digerente. Cari saluti.

 


 

Al direttore - Nel capolavoro di Luigi Comencini “Tutti a casa’’ (1960) il sottotenente Alberto Innocenzi (interpretato da un grande Alberto Sordi) mentre, la mattina dell’8 settembre 1943, si sta recando, alla testa del suo plotone, a occupare – al canto di “Mamma ritorno ancora alla casetta’’ – la posizione assegnata, si imbatte in un reparto di soldati tedeschi che lo prendono a fucilate. Allora telefona al Comando e grida: “I tedeschi si sono alleati con gli americani’’. E’ la stessa conclusione a cui sono arrivato io quando ho letto di una possibile alleanza del M5s con En Marche nel Parlamento europeo.

Giuliano Cazzola

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