O i campioni o le elezioni. Alfie e il miracolo dei pro choice uniti ai pro life
Al direttore - Un altro po’ di colloqui positivi e passiamo l’estate.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Vista sotto una certa prospettiva la vicenda del piccolo Alfie Evans, la cui vita terrena affetta da una malattia incurabile è destinata – si spera il più tardi possibile – a lasciare spazio a una nuova vita, stavolta eterna e piena di luce (al contrario, non vorrei essere nei panni, quando verrà l’ora, di quanti si sono arrogati il diritto di affrettare il passaggio), potrebbe essere il capitolo aggiuntivo di una nuova edizione del profetico “1984” di Orwell. O un frame di un remake della trasposizione cinematografica. Basta leggere la sentenza e i pronunciamenti del giudice Hayden, le dichiarazioni dei medici dell’Alder Hey Hospital di Liverpool, come anche certe strabilianti dichiarazioni di vescovi e prelati vari o gli immancabili commenti di qualche maître à penser nostrano, per rendersi conto di come la neo-lingua, in questo caso del politicamente corretto, sia in grado di riscrivere la realtà, stravolgendola. Che altro non è se non la cifra distintiva di ogni stato totalitario. Apparentemente è tutto un trionfo di buoni e altruistici sentimenti: l’umanità dei medici contro la disumanità di chi vuole continuare a “infliggere al bambino atroci sofferenze”, il “miglior interesse del bambino” contro l’egoismo di chi, non accettando la sua situazione, vorrebbe ritardarne la morte per non soffrire (lui), la ragionevolezza di chi desidera che Alfie “muoia in modo pacifico e dignitoso” contro la pervicacia di chi si accanisce a volerlo tenere in vita quando si sa che non c’è più niente da fare, ecc. Potremmo andare avanti a lungo in questa galleria degli orrori. Già perché dietro le apparenze, dietro questo umanesimo dal volto suadente non è difficile intravedere la mostruosità di un’antropologia – abilmente mascherata dalla neo-lingua – dove non c’è spazio per tutto ciò che non è perfetto, che non “funziona”, che è “venuto male”. Antropologia magistralmente riassunta da queste parole del padre dell’ecologia E. Haeckel, la stessa antropologia alla base delle società eugenetiche proliferate (tu guarda il caso) nell’Inghilterra di fine ’800: “Che vantaggio trae l’umanità dalle migliaia di disgraziati che ogni anno vengono al mondo, dai sordi e dai muti, dagli idioti e dagli affetti da malattie ereditarie incurabili, tenuti in vita artificialmente fino a raggiungere l’età adulta? … Quale immenso grumo di sofferenza e dolore tale squallore comporta per gli stessi sfortunati malati, quale incalcolabile somma di preoccupazione e dolore per le loro famiglie, quale perdita in termini di risorse private e costi per lo stato a scapito dei sani! Quante sofferenze e quante di queste perdite potrebbero venire evitate se si decidesse finalmente di liberare i totalmente incurabili dalle loro indescrivibili sofferenze con una dose di morfina”. Aveva visto lungo Dostoevskij, se Dio non c’è tutto è possibile. Se poi il giudice Hayden, che come ha rivelato il Foglio è anche un attivista lgbt, vorrà un giorno farci sapere se e in che misura nelle sue decisioni abbia influito il fatto che i genitori di Alfie sono cattolici, gliene saremo grati.
Luca Del Pozzo
Non direi che il problema sia essere o non essere cattolici, caro Luca. Il problema mi sembra più netto. La cultura della morte è sempre più forte. La cultura della vita è sempre più debole. E nel mondo secolarizzato essere pro life oggi – cioè fare di tutto per prendersi cura di una vita – è come essere fuori dal mondo. La vita, lo sappiamo, dovrebbe essere tutelata dal concepimento alla morte naturale. Chi impedisce di lasciare ai genitori la libertà di scegliere se curare i propri figli non sta attentando solo alla seppur fragile vita di un bambino. Sta attentando contemporaneamente alla cultura pro vita e alla cultura pro choice. Un po’ troppo.
Al direttore - Ha ragione Giuliano Ferrara: queste elezioni vanno cancellate, democraticamente ma velocemente. Dunque suggerisco l’immediata riconvocazione alle urne. Ah! quasi dimenticavo. Gli elettori che hanno vinto il referendum costituzionale e le ultime elezioni, in ragione appunto della citata vittoria, hanno acquisito lo status di “paladini della democrazia diretta”, per cui hanno diritto di non tornare al voto.
Valerio Gironi
Se l’alternativa al governo naturale, centrodestra e Movimento 5 stelle, il governo dei campioni, è il governo dei birboni, Pd e Movimento 5 stelle, non ci dovrebbe essere nessuno dubbio. Meglio il voto. Meglio le elezioni. Con o senza una nuova legge elettorale.