L'educazione sentimentale di un'adolescente nella grande guerra nucleare contro se stessa

Annalena Benini
L’educazione sentimentale di un’adolescente nella grande guerra nucleare contro se stessa

    Quindi cosa fai quando ti costruisci – solo per poi accorgerti che ti sei costruita con i materiali sbagliati? Butti giù tutto e ricominci daccapo. E’ questo il lavoro degli anni dell’adolescenza: costruire, smantellare e ricostruire, ripetutamente, all’infinito, come in un film accelerato delle città in tempi di crescita  e durante le guerre.
    Caitlin Moran, “Come diventare una ragazza” (Bompiani)

     

    L’adolescenza raccontata da Caitlin Moran, scrittrice e editorialista inglese molto amata, è una specie di guerra nucleare combattuta dalle ragazze contro se stesse. Una battaglia in cui il nemico sei tu, a quattordici anni corazzata di cinismo, come l’armatura degli scarafaggi, che ci fa orrore schiacciarli perché hanno quel carapace spesso e duro sopra le zampe sottili da insetto indifeso. Caitlin Moran, che in Inghilterra ha fatto una rivoluzione stilistica e narrativa simile a quella di Lena Dunham a New York, ma arrivando dai bassifondi di Brighton, ha romanzato la sua sgangherata educazione sentimentale, sessuale e culturale negli anni Novanta (leggeva e si masturbava sempre moltissimo, dentro una casa piena di fratelli e sorelle, con un cuscino a fare da amichevole muro di Berlino nel letto: le adolescenti sessualmente consapevoli da una parte, la Germania dell’Ovest, i fratellini di sei anni dall’altra, l’Europa comunista): un brutto periodo per essere poveri e senza fama. “A casa nostra il futuro veniva solo quando era già ubriaco”. A casa loro non si festeggiavano i compleanni perché il padre non voleva vedere altre ragazzine per casa e perché non c’erano soldi da buttare in torte, a casa loro non c’erano specchi perché gli specchi si rompevano e portavano sfortuna e così l’adolescente in guerra contro se stessa trasaliva ogni volta che incrociava il proprio riflesso nelle vetrine, ma essendo in guerra poteva desiderare soltanto in segreto di essere bella, così bella da non sentire la fatica mostruosa di non esserlo. Hanno detto che Caitlin Moran ha scritto il “Lamento di Portnoy” delle ragazze inglesi non abbastanza magre, troppo pallide e con capelli terribili, un’alimentazione sbagliata e il letto pieno di briciole, le ragazze ossessionate dalla propria vagina e dal sesso casuale (“A mo’ di esercizio antivergogna, io stessa mi ripeto spesso le parole “grandissima troia”, perché non suonino più tanto offensive quando mi ci imbatto”), ma che in fondo hanno ancora in testa Jo March di “Piccole donne”, che scrive racconti per aiutare la signora March e capisce chi vuole diventare. Soprattutto, Caitlin Moran ha descritto, nobilitato e mostrato il dolore e lo sgomento di un’adolescente a cui per la prima volta, a casa di un ragazzo, viene la cistite, “un falò fatto di spade”, e per tutto il resto della notte deve restare nella vasca da bagno per lenire il dolore, anche se nel frattempo sono arrivati ospiti che avranno spesso bisogno del bagno, e lei indossa una sottoveste fradicia e cerca disperatamente di fare battute brillanti e di essere abbastanza cinica e drogata da fare buona impressione. “Ma va bene così: ho un sacco di tempo per essere carina…più avanti. Questa è la sola cosa positiva quando sei così giovane. Hai un sacco di tempo per aggiustare le cose”. Succede così: si va nel mondo, impauriti e seminudi, e si comincia dalle cose facili. Non voglio essere come mia madre, non voglio essere come la mia compagna di banco alle medie, non voglio essere normale, e nemmeno povera. Voglio che le persone mi vedano, mi ascoltino, anche con la sottoveste fradicia nella vasca da bagno e la cistite e dicano: “Wow”. E così cerchi una voce, un modo di vestire, di camminare, una parolaccia che funzioni, un’ispirazione, un ragazzo abbastanza scemo da farti piangere tutte le lacrime del mondo, una risata per fingere di stare bene. Un suicidio, perfino, un modo per scomparire o per diventare qualcun altro. Fino a che, scrive Caitlin Moran, dopo mille tentativi falliti e pasticci e canzoni, smetterai di pensare a chi sarai, perché adesso lo sei. Saranno cambiate tantissime cose, fuori e dentro, avrai perfino imparato a scegliere la taglia giusta dei jeans e del reggiseno, soltanto la cistite sarà sempre la stessa.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.