La sovrumana difficoltà di essere serenamente severi con i figli (e di sterminare i pidocchi)

Annalena Benini
Quando mia figlia è venuta nel mio letto a dirmi: “Mamma, devi essere più severa”, ho pensato che scherzasse. Era in punizione, insieme con il fratello, per eccesso di caos e di vestiti per terra e di rifiuto di fare la doccia.

    Un figlio non lo sa ma ha bisogno di perdere quella guerra, ha bisogno che voi madri insieme con i padri ne usciate vincitori, perché se per caso la vincesse lui potrebbe precipitare in un’angoscia profonda. Potrebbe iniziare ad avere paura di trovarsi nelle mani di persone che non hanno per nulla chiara quale sia la direzione da indicargli.

    Federico Ghiglione, “I papà spiegati alle mamme” (Einaudi)

     

     

    Quando mia figlia è venuta nel mio letto a dirmi: “Mamma, devi essere più severa”, ho pensato che scherzasse. Era in punizione, insieme con il fratello, per eccesso di caos e di vestiti per terra e di rifiuto di fare la doccia. Niente televisione e computer per tre giorni, con una decisione presa al tavolo del soggiorno, fra adulti, mentre loro due origliavano dal corridoio e noi vedevamo spuntare le teste da dietro il muro, e poi nascondersi velocissime. Il fratello piccolo ha accolto la punizione senza dire nulla, ma dopo un minuto piangeva sul divano, lanciava cuscini a terra e si contorceva fra le lacrime. Giulio che cos’hai, perché piangi, guarda che poteva andare molto peggio, potevamo non mandarti a Zoomarine. Ma lui era disperato: è ovvio perché piango, per la televisione. Abbiamo letto un libro su un dinosauro che chiama il suo gatto “gatto”, e si è consolato un poco. Ma la sera dopo, visto che aveva letto due libri e quasi piegato i vestiti e mangiato i pomodori e anche una pera, e mi sentivo in colpa per essere arrivata in ritardo al colloquio con le maestre, ho detto: potete guardare quindici minuti di televisione a partire da adesso. Si sono lanciati sul telecomando, ed ecco la critica, la constatazione di debolezza: sei troppo gentile con noi, ha ridetto mia figlia. Ho balbettato qualche frase sulla necessità di rieducare, non emarginare, come nelle carceri, poi le ho fatto,  per ritorsione, un trattamento anti pidocchi, dopo un pigiama party con le amiche ad alto rischio di contagio. Andavo e venivo dal bagno, senza prestare molta attenzione. Shampoo, pettinino, controllo, quindici minuti, risciacquo, ancora controllo, asciugare, non va tanto male, stavolta li abbiamo presi in tempo, è comunque è l’ultimo anno, alle medie giurano che non esistono più. Mamma, puoi accompagnarmi a dormire, devo dirti una cosa, ma promettimi che non ti arrabbi. Amore però sarò severa, quindi sentiamo: hai preso un brutto voto? No. Hai perso qualcosa? No. Hai picchiato tuo fratello? Sì ma non si è lamentato. Allora cosa? Sai quando mi hai fatto il trattamento per i pidocchi? Sì. Poi sei andata a telefonare e io sono rimasta in bagno. Non dirmi che sto troppo al telefono perché non è vero. Sì stai troppo al telefono ma non è questo, ha risposto lei con gli occhi già pieni di lacrime. “C’era un pidocchio piccolissimo nel lavandino, credo appena nato, si muoveva”. Che schifo, ho detto io, e allora? Mia figlia ha inspirato e ha detto tutto d’un fiato: “Mamma l’ho visto e mi faceva così pena, ho pensato che sarebbe morto, mi è esploso il cervello e allora l’ho preso e me lo sono messo in testa”. E’ scoppiata a piangere a dirotto. Sono rimasta immobile, scioccata, sconvolta, ma potevo cominciare da lì ad essere severa? Vabbè, buonanotte anche al tuo amico pidocchio, allora.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.