Fare il bagno e tuffarsi nel cratere di una bomba. La gioia semplice nel posto sbagliato
Questo è un inizio interessante ed è la ragione, la sola ragione per la quale nei momenti più pericolosi devo ridere della buffa situazione. Sono giovane e ho ancora molte virtù nascoste, sono giovane e forte e vivo questa grande avventura, ci sono ancora dentro e non devo lamentarmi tutto il giorno di non potermi divertire! Ho avuto molto, sono di natura felice, molto allegra e forte, ogni giorno sento di crescere internamente e che la liberazione si avvicina, quanto è bella la natura, quanto è buona la gente che ho attorno, quanto è interessante e divertente questa esperienza! Perché, allora, dovrei perdere la speranza? (…) Mi è proprio impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria e della confusione.
Anna Frank, “Diario”, 1944 (Einaudi)
Due ore dopo l’esplosione di una bomba ad Aleppo, in Siria, un bambino a torso nudo, avrà avuto otto anni, camminava accanto al padre, piangendo, e stringendo un fagotto bianco, piccolo, il bambino gridava: questo è mio fratello. Il New York Times ha mostrato il video, spiegando che questo padre non avrebbe trovato un posto dove seppellire suo figlio, perché le tombe ad Aleppo sono tutte piene: al massimo un buco nella terra, e le lacrime dei suoi. Dentro questo martirio, questo disastro indicibile, continuamente sotto i nostri occhi, si aprono a volte fessure di speranza, si aprono finestre di felicità e noi restiamo davanti allo schermo del computer, al riparo ma increduli, senza fiato. Ci sono i bambini di Aleppo che si tuffano nei crateri formati dalle bombe, pieni d’acqua perché l’ultima esplosione ha spaccato anche delle tubature, oltre ad avere ammazzato persone e sepolto di macerie altri bambini. I bambini si tuffano di testa, oppure stringendosi le ginocchia, in queste grandi pozze, in mezzo al città distrutta, fanno il bagno come lo fanno i nostri figli al mare, con grida di gioia e di eccitazione. Intorno, solo macerie, pietre. Addosso, il sole. E i bambini si tuffano anche vestiti, con i pantaloni sbrindellati, le ciabatte e i sorrisi sdentati. Qualcuno chiede: che cosa fate? Stiamo nuotando!, risponde un bambino con il sorriso più grande della faccia. E un altro dice: è bellissimo, siamo felici. C’è stato un attacco, ha bruciato tre case, ci saranno altri attacchi, però adesso questi bambini nuotano, si schizzano fra loro, lanciano via le magliette, festeggiano la gioia semplice di essere vivi. La grande avventura di essere ancora vivi e di guardare il cielo e pensare che tutto andrà bene, o non pensarci affatto, sentire soltanto l’acqua addosso e le risate. E’ la felicità nel posto sbagliato, così identica alla felicità di tutti i bambini quando si buttano in acqua, e però stupefacente, dentro il letto di una bomba esplosa, dentro un’acqua marrone circondata da case distrutte, è una felicità più forte della distruzione e della paura. Sono anni che vediamo i bambini fare il bagno dentro i buchi della guerra, nell’acqua venuta dalla pioggia o da un tubo rotto, sono anni che è così tardi, troppo tardi, ma questi bambini non perderanno mai la speranza e l’amore per la vita. Perché è quasi uno stato del corpo, una gioia misera e potentissima, che riempie le facce di sole e trasforma la tuta da ginnastica bucata in costume da bagno. Ho imparato a nuotare nel cratere di una bomba, un giorno un uomo racconterà questa storia ai suoi figli, ai suoi nipoti, che lo guarderanno affascinati e increduli, che gli faranno mille domande. Ma la città era distrutta? Ma non avevi paura? Avevi tanti amici? Aveva tanti amici, ma molti sono morti. Facevano il bagno come lui nel cratere, facevano le capriole sott’acqua oppure erano troppo piccoli e avevano paura perché toccavano solo con la punta dei piedi. Però si divertivano, avevano i sorrisi sdentati, le ciabatte rotte e gridavano di gioia nel posto sbagliato.
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