I diari che Susan Sontag scrisse per sé
La scrittrice a suo agio con la mente e a disagio con il corpo e l’amore
23 maggio 1949 (…) Adesso conosco un po’ le mie capacità…so quello che voglio fare della mia vita, tutto ciò che per me in passato è stato così difficile capire adesso è così semplice. Voglio andare a letto con molte persone – voglio vivere e aborro la morte – non insegnerò e non prenderò un master dopo la laurea…non intendo lasciarmi dominare dall’intelletto, e l’ultima cosa che desidero è idolatrare il sapere o chi lo possiede! Mi coinvolgerò appieno… tutto è importante!
Susan Sontag, Rinata
Diari e taccuini 1947-1963 (nottetempo)
Susan Sontag aveva sedici anni quando scrisse questa pagina di diario, e aveva appena fatto l’amore con una ragazza, H. Da quel momento si era sentita una persona completamente diversa e qualche giorno dopo aveva aggiunto: Tutto comincia adesso – Sono rinata. A sedici anni, sentiva che le era stato dato il permesso di vivere. Era così brava negli studi che aveva saltato tre anni scolastici e si era diplomata a quindici anni (poi Berkeley, Chicago e Harvard). e a diciassette si era sposata con un uomo e aveva avuto un figlio. David Rieff, il figlio, ha curato i diari della madre (questo è il primo dei tre volumi, termina con le annotazioni di Susan trentenne, che vive a New York e comincia a essere pubblicata) e ha scritto un’introduzione magnifica, intima, problematica. Susan Sontag è morta, per un cancro del sangue che l’ha uccisa nel 2004, continuando a credere che sarebbe sopravvissuta, parlava del ritorno a lavoro e di tutto quello che avrebbe fatto appena uscita dall’ospedale, al figlio aveva detto soltanto: “Sai dove si trovano i diari”. Che sono diari scritti esclusivamente per se stessa, ogni giorno della sua vita, un centinaio di taccuini. “Una volta presa la decisione di pubblicare i diari, non avrei più potuto escludere alcune annotazioni per la particolare luce in cui mettono mia madre, per la loro franchezza sessuale, per la crudeltà che mostrano nei confronti di alcune delle figure menzionate”. Al contrario, l’importanza di questo diario è proprio “il ritratto non abbellito di una giovane Susan Sontag, impegnata con consapevolezza e determinazione nella creazione dell’identità che desiderava per sé”. Una donna che sapeva di possedere doni speciali, “credeva nella propria stella”, non era per niente ironica, ed era tanto a disagio con il proprio corpo quanto serena a proposito della propria mente. Faceva lunghe liste di libri che doveva e voleva leggere, liste di autori e di poeti, e man mano le spuntava. Si imponeva di fare il bagno ogni giorno e di lavare i capelli ogni dieci giorni. Scriveva: “Non sono stata la figlia di mia madre – sono stata la sua suddita (suddita, compagna, amica, consorte. Ho sacrificato la mia infanzia – la mia integrità – per compiacerla). La mia abitudine di ‘tirarmi indietro’ – che rende un po’ irreale ai miei occhi tutto ciò che sono e che faccio – è una forma di lealtà nei confronti di mia madre”. Questi diari, scrive il figlio David Rieff, sono estremamente reali: “Ciò mi rattrista più del dicibile”. Da giovane Susan Sontag fece un viaggio in Grecia, e raccontava spesso al figlio che, assistendo a una messa in scena di Medea, nel momento in cui Medea sta per uccidere i proprio figli, un certo numero di spettatori cominciò a gridare: “Non farlo Medea!”. Per loro era tutto reale, non era un’opera d’arte. E di fronte a queste annotazioni così reali, il figlio di Susan Sontag ha paura di reagire allo stesso modo. “Vorrei urlare: Non farlo, oppure: Non essere così severa con te stessa, o Non compiacerti tanto di te stessa, o Non fidarti, lei non ti ama. Ma, ovviamente, è troppo tardi: il dramma è già stato rappresentato e la protagonista è uscita di scena, come la maggior parte degli altri personaggi”. Restano il dolore, l’ambizione, la scoperta che una delle più importanti intellettuali del Novecento era una donna fragile, e la consapevolezza che Susan Sontag amava i diari e gli epistolari: quindi avrebbe approvato la scelta di suo figlio di pubblicare tutto.