Un libro che è come la mareggiata perfetta
Il tempo eterno dell’estate e l’addio alla giovinezza nel romanzo di Francesco Longo
La guardai concludere il giro di saluti, baciare, annuire, stringere i polsi delle altre, ascoltarle dimostrando entusiasmo. Sapeva ridere. Sapeva voltare la testa di scatto. Sapeva sorridere e insieme tirarsi su i capelli e tornare seria. Sapeva dove inserire i silenzi, quando essere profonda, sapeva masticare una gomma alla fragola senza che nessuno se ne accorgesse e sapeva infilare delle terribili volgarità nelle frasi senza che l’ascoltatore quasi se ne rendesse conto. Era tornata la sua montagna di capelli ricci e me li godevo.
Francesco Longo, “Molto mossi gli altri mari” (Bollati Boringhieri)
Un romanzo sul punto esatto in cui la giovinezza comincia, a tredici anni, e sulla volontà ostinata e contraria di non farla passare mai. Di trasformarla in un tempo eterno, quello dell’estate in cui, finalmente, all’improvviso arriva Micòl e dice: andiamo a fare un bagno.
Un romanzo che si compie in un solo giorno di fine agosto, ma che abbraccia e rivela molti anni e il senso stesso dell’esistenza: l’attesa di qualcosa di grande. “Non c’era nessuno al mondo capace di aspettare più di me”, dice Michele, il protagonista, che è nato e vive in questo paese di mare, sotto un promontorio selvaggio, a un’ora da Roma. Ma Roma per lui è la luna, è il mondo osservato dal telescopio la notte, è il treno che non riesce quasi mai a prendere perché viene colto da terribili, provvidenziali attacchi d’asma, è il posto da cui a giugno cominciano ad arrivare gli amici di sempre. Loro vivono, cambiano, anno dopo anno, lui li guarda vivere e li aspetta, senza il desiderio di raggiungerli, perché ogni desiderio (ma un desiderio paralizzante) è concentrato su Micòl, che certo fa pensare a Micòl Finzi Contini, per il mistero, la disinvoltura e l’improvvisa ritrosia. Questa Micòl che ama tanto il mare si trova forse dentro un’attesa speculare a quella di Michele, che però non troverà mai il coraggio, e preferirà aspettare la felicità invece che sporgersi per afferrarla. Perché l’appagamento del desiderio non può che essere meno potente del desiderio stesso, e perché chi vive con la testa rivolta all’indietro ama sopra ogni cosa il passato e la nostalgia, non il possesso del presente, non lo stare al centro della propria vita. Meglio lo sguardo di chi sta in disparte, meglio la vita portata in regalo dagli altri, ogni estate. “Se fossi stato meno codardo non vivresti ancora qui”, gli dice Silvia, che nella vita si è gettata e dalla vita è stata ferita.
Francesco Longo conosce la letteratura e la scrittura della malinconia, e in questo romanzo sul tempo amato e perduto si sente la vicinanza sentimentale a Bassani, Fenoglio, Fitzgerald. Si sente il richiamo della luce verde oltre la baia, e il lettore sentirà il richiamo e il sentimento caldo delle proprie estati lontane, oziose, fantastiche, le estati preparatorie alla vita adulta, le estati indimenticabili in cui tutto è ancora possibile, immobile, dolorosissimo e esaltante. “Gli amici sono quelli dell’infanzia. Amicizia vuol dire condividere i vecchi ricordi. Quando pedalo per le strade della Baia mi chiedo continuamente dove sono tutti. Qualcuno si è sposato e sono nati i primi figli. E’ possibile accettare che gli anni del gruppo della Baia non torneranno più? Mi dà pace solo sapere che abbiamo in comune storie antiche, e che se tornassimo uniti basterebbe una parola, un gesto, per scaraventarci di nuovo in quel mondo”.
Alessandro Piperno ha scritto che Molto mossi gli altri mari è un bellissimo romanzo sui giochi del tempo, così subdoli, beffardi e implacabili, e davvero il tempo in questo libro si dilata, si ferma, si stringe, scappa indietro fino all’infanzia, indugia sul ricordo giovane del ballo goffo e struggente con Micòl nella sua camera da letto, e corre avanti fino alla mareggiata perfetta, davanti alla quale la giovinezza può compiersi e Michele può forse superare Micòl, disubbidirle, tradirla con il mare, superarla, sentirsi più forte di lei perché in comunione con questo senso epico delle onde. Essere finalmente in linea con il proprio desiderio, e con l’addio al tempo perduto.