Gli uomini e le donne di Yasmina Reza
Una lotta cruenta che diventa il racconto del nostro sfiorire
Andrea: Hai chiesto a tua moglie di indicarti un ristorante pur sapendo che ci saresti andato con me.
Boris: Non ho chiesto. Ne abbiamo parlato. Che male c’è?
Andrea: Se mi regalassi un foulard, le chiederesti in quale negozio devi comprarlo?
Boris: Che c’entra?
Andrea: C’entra eccome.
Boris: Andrea, io faccio lo sforzo di portarti al ristorante...
Andrea: Fai lo sforzo?…
Boris: Non volevo dire questo...
Andrea: Fai lo sforzo di portarmi al ristorante?!
Yasmina Reza, “Bella figura” (Adelphi)
Andrea ha tra i quaranta e i quarantacinque anni, una gonna corta, le scarpe col tacco, e fuma nella macchina parcheggiata. Lei e Boris sono amanti, lui ha fatto “lo sforzo” di rubare una sera per lei, e lei non è felice. Vorrebbe andarsene, ma non se ne va. Vorrebbe di più, ma non avrà di più. Sta per avere inizio la ferocia, in forma di commedia, in forma di spettacolo dell’umanità imprigionata dentro le buone maniere e dentro l’uso di mondo. Dentro la ragionevolezza delle vite complicate e delle relazioni immobili, in cui ci si convince che niente potrebbe andare meglio di così, e poi all’improvviso quel così è troppo poco, quel così anzi fa schifo. Con una nervosa retromarcia Boris fa cadere a terra un’anziana signora, Yvonne, anche lei nel parcheggio del ristorante per festeggiare il compleanno con la figlia e la nuora. Convenevoli, scuse, preoccupazione, e l’imbarazzante scoperta che la nuora è una cara amica della moglie di Boris. L’ha incontrato con la sua amante, che gli viene presentata senza convinzione come un’amica di famiglia un po’ nevrotica.
Ma la nevrosi è di tutti, che finiscono infatti a cena insieme e bevono troppo champagne e cercano impossibili chiarimenti, impossibili rese dei conti. L’anziana signora si invaghisce di Andrea, che continua a ingoiare pillole di paratolo codeinato e a bere dondolandosi tra il desiderio di rivalsa e quello di disfatta. Potrebbe andarsene: non se ne va. Potrebbe lasciare quell’uomo sull’orlo di un fallimento economico che non dormirà mai una notte con lei, ma non lo lascia. Lo tortura, ma non lo lascia. Cerca di spingerlo sull’orlo dell’impazzimento, cerca di provocare una reazione, ma in fondo le piace lo scandalo al ristorante in mezzo a quegli sconosciuti borghesi, è già quella una rivalsa, una cena in cui non nascondersi. Ma questa volta non si invoca il dio del massacro, si cerca invece di fare comunque “bella figura”, anche ubriachi, disperati, desolati, patetici. Invecchiare fa schifo, dice Yvonne, ti rende così vulnerabile. E Andrea con le sue belle scarpe col tacco, la gonna corta e qualche speranza ancora intatta, dice una cosa terribile e assoluta: “Parti alla conquista del mondo con il tuo bell’armamentario. Ti immagini che l’esercito avanzi, e invece sei lì che sfiorisci”.
Yasmina Reza è crudele ma non abbandona mai i suoi personaggi. Lascia loro l’ultima battuta, un piccolo riscatto, li fa muovere insieme nella lotta cruenta fra uomini e donne e ha pietà anche dei vigliacchi, degli ignavi, degli indifferenti. Ognuno è inchiodato alle proprie ossessioni (i soldi, la giovinezza, il delirio di controllo, il perbenismo), ma chi saremmo senza le nostre ossessioni? Questo libro è anche uno spettacolo teatrale, portato in scena in Italia da Roberto Andò, ed è il racconto del nostro sfiorire. Crediamo di essere al centro della nostra vita, crediamo di stare combattendo per vincere, ma la vita ci sta già mettendo in un angolo, si sta già dimenticando di noi.