lettere rubate
In fondo al desiderio di maternità, dieci voci che dicono tutta la verità
Maddalena Vianello racconta con la grazia dell’ascolto serio, attento, storie molto diverse fra loro, come diversi sono i motivi, la fortuna e i fallimenti della procreazione medicalmente assistita. Ci sono molte lacrime in questo libro, di rabbia, di felicità, di tensione, di gioia di rivelarsi e di sentirsi comprese
La verità, però, è un’altra. Lo sguardo pietistico era il mio, posato su me stessa. Siamo pieni di desideri non realizzate, tutte. Ma quello di un figlio ha qualcosa di inconsolabile. Ti fa essere quella di “vorrei ma non posso”, di “dovevi svegliarti prima”. Mi sentivo in colpa e troppo esposta. Improvvisamente tutte mi sembravano più sagge, più risolte, più serene anche se piene di casini.
Maddalena Vianello, “In fondo al desiderio - Dieci storie di Procreazione assistita” (Fandango libri, 235 pp.)
Dieci storie, compresa la mia, scrive Maddalena Vianello, esperta di politiche di genere. Un viaggio dentro le voci femminili di chi ha fatto i conti con la procreazione assistita: con lo scoramento, con l’impossibilità, con una gravidanza felice, con lo stupore di vedere, dopo anni, il test della farmacia offrire un inequivocabile sì. Sei incinta, non ci credevi più.
Maddalena Vianello racconta con la grazia della verità e dell’ascolto serio, attento, storie molto diverse fra loro, come diversi sono i motivi, la fortuna e i fallimenti della procreazione medicalmente assistita. Quello che avremmo voluto che succedesse in altro modo, ma il corpo ha detto no, a volte il cervello ha detto no al corpo, altre volte tutto quello che poteva andare male è andato peggio. Finalmente leggiamo e tocchiamo storie, non statistiche, e leggiamo i tormenti e i dubbi, leggiamo la fatica di tirare fuori anche l’ultima goccia di speranza, la fatica immensa di dire: e nulla, non è andata. Ci sono molte lacrime in questo libro, di rabbia, di felicità, di tensione, di gioia di rivelarsi e di sentirsi comprese.
Ci sono momenti quasi comici. “Paola è all’aeroporto di Ciampino, in attesa di decollare. Le manca l’ultima iniezione, l’orario di somministrazione coincide proprio con quello della partenza. Quindi si dirige verso il bagno con lo zainetto termico al seguito. Mentre impugna la siringa per procedere, la porta si apre e lei si ritrova faccia a faccia con la signora delle pulizie. Aveva del tutto dimenticato di chiudere la porta a chiave. Le due rimangono a guardarsi sulla soglia. Volgono lo sguardo alla siringa, prima di tornare a fissarsi”. Paola è un ministro della Repubblica, nel bagno di un aeroporto con una siringa in mano.
La stimolazione, l’anestesia, il pick-up, il risveglio, l’attesa, il referto, il mal di testa, la nausea, lo sconforto, il sangue, poi di nuovo l’attesa. Ricominciare da capo, con i mesi che passano. Gli anni. I medici che scuotono la testa. Il senso del limite. “Le donne decidono. Sempre e comunque. Il senso del limite spetta a noi. E’ attraverso i nostri corpi che passano le terapie e si realizzano le scelte procreative”. Il discorso pubblico non va da nessuna parte senza le storie private, e la realtà è sempre più avanti di chi decide che cos’è la realtà. Poi ci sono i soldi.
Ho ammirato la generosità con cui dieci ragazze hanno scelto il contrario del silenzio e si sono immerse di nuovo in quel viaggio, nelle sale d’attesa a Valencia o ovunque (in cui si guardano le altre, si soppesa l’età, si misura lo spessore del faldone che tengono in mano, che significa da quanto tempo ci stanno provando), e in quelle notti a sognare una canoa che scivola sull’acqua, in una giornata perfetta, e poi i bambini improvvisamente e senza una ragione cadono in acqua e affogano. La paura che invade lo spazio. E un coraggio rinnovato ogni mattina. “Comunque sia, oltre una certa soglia sei sola”. Questo libro allevia la solitudine e apre una discussione.