lettere rubate
Le scrittrici della notte che non hanno paura di indagare il Male e il fantastico
Loredana Lipperini compone una preziosa antologia di scrittrici italiane che hanno affrontato il fantastico, il perturbante, il gotico, il Male e le sue declinazioni dentro e fuori dalle tombe e dai cimiteri, ma anche nei sogni e nella vita quotidiana
L’equivoco è pretendere che la letteratura racconti la realtà: ciò evidentemente non è nella sua natura, che è di assoluta finzione anche quando giura che tutto quanto narra, la vita stessa dello scrittore o scrittrice che viene messa a disposizione del lettore, la sua famiglia, i ricordi d’infanzia, corrisponde a verità.
Loredana Lipperini, prefazione a “Le scrittrici della notte” (il Saggiatore)
Continuiamo a credere nei complotti, scrive Loredana Lipperini, pensiamo che esista un’élite di cabalisti che governa segretamente il mondo, ma pretendiamo realismo dalla letteratura, e sempre di più, anche, addolcimento e consolazione. Shirley Jackson ha fatto, sempre, il contrario: ha messo il realismo nel fantastico, ci ha inquietati e avvinti con la possibilità del Male nelle stoviglie della cucina e nel ruolo di casalinga e consumatrice perfetta. Ma è vero che questo confronto con il Male ci mette a disagio, abbiamo paura degli spigoli, vogliamo che un libro ci accarezzi dolcemente prima di dormire e ci dica: bravo, brava, andrà tutto bene, adesso riposati. Mentre la letteratura “deve far male a qualcuno per essere tale”. I Demoni, American Psycho, anche Bruciare tutto di Walter Siti e La città dei vivi di Nicola Lagioia cercano e scovano il Male, turbano e incantano, provocano respingimento, vertigine e immedesimazione, riconoscimento di un buco nero. Loredana Lipperini si chiede e ci chiede se alle scrittrici sia concesso turbare, invece che essere aggraziate e rassicuranti, e compone una preziosa antologia di scrittrici italiane che hanno affrontato il fantastico, il perturbante, il gotico, il Male e le sue declinazioni dentro e fuori dalle tombe e dai cimiteri, ma anche nei sogni e nella vita quotidiana. Mette insieme le sepolture, le violazioni, le visioni, restituisce la dignità del terrorizzante a Carolina Invernizio, troppo spesso offesa e rimpicciolita in ruoli in cui però non è mai rimasta imprigionata un minuto.
Matilde Serao, Grazia Deledda si occupano di leggende: lui che si innamora follemente di una statua di fanciulla, e quando in un impeto di passione la abbraccia, la fanciulla con un orribile scricchiolio cade al suolo frantumata in tanti cocci di porcellana candida. E lo spettro della donna innamorata e assassina, che torna in sogno e offre testi impossibili da raggiungere. Anche Anna Maria Ortese, ne L’infanta sepolta, indaga il confine tra fantastico e allucinazioni, follia, supplizio, inferno e liberazione in una mano di statua che si muove debolmente, muore e resuscita di continuo (“Improvvisamente, con crudeltà rara, io staccai da me quella mano, corsi lamentandomi giù per la scale, attraversai, urtandole, le due ali di panche nere – che intanto si erano trasformate in una folla pensierosa di streghe – uscii nella strada”).
Le scrittrici della notte sono anche Marchesa Colombi (Maria Antonietta Torriani, fondatrice insieme al marito Emilio Torelli del Corriere della Sera e prima firma femminile), Paola Masino, Paola Capriolo, Gilda Musa e Chiara Palazzolo. Che firma il racconto più spaventoso, perché intriso di vita quotidiana e di perdizione, nel senso della nostra anima perduta in mezzo al caos mostrificante di una cena in cui nessuno si parla davvero, nessuno si ascolta, marito e moglie si detestano e la pizza fa schifo. Lì, in mezzo a quei corpi accaldati, c’è una ragazza che passa, vestita di bianco, scivola leggera tra la folla. È un miraggio, un’assassina, una speranza? Leggete e lo scoprirete.