lettere rubate
Un Dostoevskij senza fronzoli, racconto polifonico di un uomo e di un artista
La miseria, la prigione, la condanna a morte, la grazia, l’epilessia, i debiti, la fama. Lo scrittore russo a cui viene riconosciuta una “personalità unica, incredibile” rivive in un libro a duecento anni dalla nascita
Quando da bambino vivevo a Mosca all’ospedale per i poveri, raccontava Dostoevskij, dove mio padre era medico, giocavo con una bambina (la figlia del cocchiere o del cuoco), era una bambina esile e graziosa di circa 9 anni. Quando vedeva un fiore che spuntava tra le rocce, diceva sempre: “Guarda com’è bello, come è buono questo fiorellino!”. E poi un mascalzone, ubriaco, violentò questa bambina e lei morì dissanguata. Mi ricordo, raccontava Dostoevskij, che mi mandarono a chiamare mio padre in un’altra ala dell’ospedale, lui arrivò di corsa ma ormai era troppo tardi. Per tutta la vita questo ricordo mi ha perseguitato, come il crimine più orribile, come il peccato più spaventoso, per cui non c’è e non ci può essere perdono, e per questo stesso spaventoso crimine ho punito Stavrogin nei “Demoni”.
“Un certo Dostoevskij, a cura di Pavel Fokin. Biografia polifonica in lettere, diari, testimonianze” (Utet, 492 pp.)
Racconta Paolo Nori nella prefazione che Pavel Fokin, storico della letteratura e direttore della “Casa Museo F.M. Dostoevskij” di San Pietroburgo, ha creato questa collana, una serie di biografie, dal titolo “Bez gljanca”: senza orpelli, senza fronzoli. Senza fronzoli perché le biografie sono costruite esclusivamente con le testimonianze dei contemporanei, primo fra tutti il protagonista stesso. Le traduttrici Giada Bertoli, Francesca Giordano, Verdiana Neglia e Irene Verzeletti trovavano che la parola “fronzoli” in italiano fosse un fronzolo, e così ecco: un certo Dostoevskij, che significa diversi Dostoevskij, molti Dostoevskij. L’uomo che in trentacinque anni ha scritto otto grandi romanzi, una quindicina di romanzi brevi e racconti, centinaia di pagine di giornalismo e critica letteraria e a cui viene riconosciuta una “personalità unica, incredibile”, di cui tutti hanno cercato di svelare il segreto (Einstein ha ammesso che i romanzi di Dostoevskij gli furono più d’aiuto per comprendere la teoria della relatività che l’intera eredità matematica di Eulero). “La personalità di Dostoevskij, il suo percorso di vita e il suo patrimonio creativo hanno plasmato un intero ramo dell’attività spirituale umana”, scrive Pavel Fokin.
Questo libro è diviso in tre sezioni: “Personalità”, “Parenti e amici”, “Vita e destino” e utilizza lettere, stralci di diario, racconti di amici, moglie, figli e personalità pubbliche contemporanee a Dostoevskij, testimonianze e interrogatorio di Dostoevskij arrestato, processato e condannato, per comporre mille precisi ritratti di un grande bevitore di tè, e masticatore di pane nero e vodka, golosissimo di dolci, un marito allegro a tavola con la famiglia e gli amici, innamoratissimo della seconda moglie, un uomo dal destino pieno di svolte clamorose. Qualsiasi intreccio venga in mente, qualsiasi colpo di scena, è probabile che a Dostoevskij sia successo. “Sono in attesa di qualcosa; è come se, adesso, fossi ancora malato, ho la sensazione che presto, molto presto, mi accadrà qualcosa di decisivo, che mi sto avvicinando a una crisi, nella mia vita, come se fossi pronto per qualcosa, e ci sarà qualcosa, forse, di tranquillo e chiaro, oppure di spaventoso, ma in ogni caso di inevitabile. Altrimenti la mia vita sarà quella di un fallito”. Il lavoro instancabile è la costante della sua vita. E poi il successo, la miseria, la prigione, la condanna a morte, la grazia, l’amore, la morte delle persone care, l’epilessia, i debiti, la fama. Nelle parole di chi gli è stato accanto, per una vita o per pochi istanti, chi l’ha incontrato e letto, c’è ogni volta il senso di un gigantesco incontro, prima di tutto umano.