Lettere rubate
La teoria letteraria del sacchetto della spesa e quel bugiardo di Tolstoj
Immaginazione, utopia, femminismo (e gatti): parlano di questo i saggi raccolti da Veronica Raimo sugli interventi di Ursula K. Le Guin, autrice di fantascienza. L'obiettivo? sbugiardare l'autore russo
"Il cambiamento è faticoso. Ed è così immenso che non mi stupisce se tanti adolescenti non sanno più chi sono. Si guardano allo specchio e pensano: quello sono io? E io chi sono? E poi ti succede di nuovo, quando hai sessanta o settant’anni."
Ursula K. Le Guin
“I sogni si spiegano da soli” (SUR)
Il sottotitolo di questa raccolta di saggi è: immaginazione, utopia, femminismo. Io avrei aggiunto anche: gatti. C’è infatti la miglior descrizione di un gatto, del suo senso dell’apparire e della superiorità rispetto al cane (il cane non ha nessuna idea del suo aspetto), che io abbia letto dopo Colette. I gatti sono molto attenti a lasciare i peli dove si notano di più, e Tolstoj aveva torto quando ha scritto l’incipit di Anna Karenina, quello ormai impronunciabile sulle famiglie felici che si assomigliano tutte. Ursula Le Guin, scrittrice americana molto premiata, morta nel 2018, resa famosa dai romanzi di fantascienza, ha la capacità di capovolgere il reale per sbugiardarlo, per indicare un’altra strada. Veronica Raimo ha letto tutti i suoi articoli, saggi e discorsi e li ha selezionati e tradotti, ha scritto una prefazione appassionata sul rapporto che si instaura con un’altra scrittrice che ti abita la mente e ha rivelato “la teoria letteraria del sacchetto della spesa” di Ursula Le Guin. Che nei romanzi di fantascienza, ma io credo anche nei saggi sul femminismo, sul gender, su Tolstoj, si è sempre portata dietro questo “sacchetto della spesa pieno di fifoni, imbranati, di inizi senza fine, di iniziazioni, di perdite (...) Un sacco pieno di navicelle spaziali che restano incagliate, missioni che falliscono e persone che non capiscono”.
E’ il modo per cercare di capire il mondo, e quindi anche per sbugiardare Tolstoj, perdonandolo, ammirandolo. Non è vero che tutte le famiglie felici si assomigliano, lo sappiamo noi e lo sapeva benissimo lui. “Tolstoj sapeva che cos’è la felicità: così rara, precaria, difficile da ottenere. E aveva anche la capacità di descrivere la felicità, un dono raro che conferisce ai suoi romanzi tanta della loro straordinaria bellezza. Perché abbia negato questa sua consapevolezza in quella famosa frase, non ne ho idea. Si è dato un bel da fare a mentire e negare, forse più di quanto abbiano fatto altri romanzieri meno talentuosi. Aveva più cose su cui mentire; e il suo crudele cristianesimo teoretico lo ha portato a negare in tutti i modi quello che nella sua opera considerava e mostrava come vero. Quindi forse è solo un fatto di spacconaggine. Suonava bene. E’ venuto fuori un incipit eccezionale”. Lo sbugiardamento di Ursula Le Gun, sulle vicende umane, fantascientifiche e femminili, è così divertente che viene voglia di dirle sempre sì, e abbattere tutte le barriere mentali. Davvero o per finta.