Lettere rubate
“Pressoré, l'avemo sfangata”. Storia di una prof. e dei suoi alunni
In "Domani interrogo" Gaja Cenciarelli racconta la storia di una supplente di inglese in una quinta di una borgata romana. La vicenda di alcuni ragazzi disillusi che trovano un punto di riferimento nell'insegnante, mentre l'insegnante lo trova in loro
“A pressore’, se qualcuno je fa’ der male, lei moo deve solo di’. Ce pensamo noi”
Gaja Cenciarelli, “Domani interrogo”
(Marsilio, 220 pp.)
Il giorno in cui un essere umano inizia a insegnare, scrive Gaja Cenciarelli nella nota introduttiva a questo romanzo, il suo Dna si modifica e da quel momento andrà a scuola e nel mondo seguendo le dieci leggi fondamentali della vita di un insegnante. Le ho lette tutte e dieci e sono tutte vere, soprattutto una: nessuna buona azione, generosità o empatia impedirà agli studenti di parlare male di te. E’ la legge numero 3, strettamente legata alla legge numero 1: per gli studenti, tu non sei un essere umano.
Le leggi sono uguali per tutti gli insegnanti, ma ogni insegnante è diverso dagli altri, anche se sono qui divisi in due macrogruppi: il gruppo che sceglie di entrare in classe, spiegare la lezione, assegnare i compiti e tornare a casa. E il gruppo a cui invece appartiene la protagonista di “Domani interrogo”, romanzo strettamente legato alla sua autrice, che entra in una classe quinta per una supplenza annuale di Inglese e: la prende sul personale. In una classe quinta di una brogata romana, dove i ragazzi le dicono che loro non sanno manco l’italiano, figuriamoci l’inglese (“E’ daa Roma, vero, pressore’?”, urla Daniele). E’ l’inizio di una storia d’amore, di un tormento, di un romanzo spesso comico, e di una ricerca di salvezza. La professoressa cerca salvezza per sé e per i suoi alunni, diciottenni già disillusi convinti che le strade luminose non abbiano spazio per loro, certi di doversi arrabattare in altri modi, tutti molto lontani dallo studio.
La professoressa ha un’idea romantica dell’insegnamento, anche se una voce nella testa le dice di smetterla, ma questi ragazzi, Francesco, Alessandra, Sofia, Margherita, Bolivia, Marco, Flavio, Daniele, Tsrek, Rabhil, sono irresistibili e pieni di curiosità, di speranza camuffata da durezza. Non vedono l’ora di affezionarsi alla professoressa, di avere un alleato (che però resta sempre anche un nemico), di parlarle, telefonarle, chiedere che cosa fa a Natale, scriverle su Whatsapp, confidarle i loro casini. La professoressa a Natale sente la loro mancanza, ha bisogno di questi studenti che hanno bisogno di lei e che però lo stesso le dicono alle spalle “testa di cazzo”. Lei allora cerca di applicare il distacco, ma non è la sua strada, non è quel genere di professore, lei è completamente avvinta. “Perché vorrebbe abbracciarli tutti e dirgli: voi non avete idea di quanto siate importanti per me?”. La vita della professoressa, le vite dei ragazzi: comiche, tragiche, dolorose, necessarie per respirare e pensare al futuro, dopo la maturità. La scuola è qui tanto viva da far venire le lacrime agli occhi.