lettere rubate
L'ossessione d'amore, l'adolescenza e la memoria. Un ragazzo anni Ottanta
Marco Drago paragona l’adolescenza alle impronte sul cemento fresco: niente può eliminare quel segno. Una pressione che ha costruito i nostri rimpianti, anche quando crediamo di non averne, il posto che più naturalmente evochiamo quando vogliamo spiegare chi siamo e perché
Con l’autunno 1983, però, si verifica la tanto agognata unificazione delle sezioni e io e lei diventiamo finalmente e a tutti gli effetti compagni di classe.
Marco Drago, “Innamorato” (Bollati Boringhieri, 190 pp.)
Quel che resta degli anni dell’adolescenza è tutto. Non solo la sensazione costante di possibilità e disperazione, non solo l’enormità dei sentimenti, ma anche la consistenza dei jeans indossati quel giorno, il rumore della suola delle scarpe per strada. La mano sulla maniglia della porta della stanza prima di chiudersi dentro a piangere o a ballare. La sella del motorino o la vergogna di non averlo. Tutto è ancora con noi. Marco Drago paragona l’adolescenza alle impronte sul cemento fresco: niente può eliminare il segno di quella pressione.
E’ la pressione che ha costruito i nostri rimpianti, anche quando crediamo di non averne, ed è il posto che più naturalmente evochiamo quando vogliamo spiegare chi siamo e perché. Soprattutto, è un tempo dilatato che dentro di noi (molti di noi) non finisce mai. Marco Drago indaga questo tempo attraverso la sua ossessione d’amore per una ragazza vista per la prima volta nella primavera del 1982, “io sono sulla soglia della porta della sua classe, lei è accanto al suo banco, sta in piedi, in mezzo alle altre, la vedo e non so ancora spiegarmi adesso che cosa vedo o perché lo vedo come lo vedo, la vedo e mi sento completamente ribaltato, lei vede me e sposta subito lo sguardo, non mi ha nemmeno notato, mi ha solo visto, io ho quindici anni da qualche giorno, lei quattordici e mezzo, torno in classe, ci penso e ci ripenso, mi riprometto di capire chi è, come si chiama, poi ci sono milioni di altre cose a cui badare, la musica, gli amici, il campo sportivo, il Subbuteo”. La ragazza da quel giorno diventa il pensiero quotidiano, l’ossessione grandiosa e innocua che non svapora nemmeno quarant’anni dopo. Lui la sogna ancora, adesso che di lei sa soltanto che non è morta.
Uno psicanalista direbbe che questo adolescente cinquantenne sta in realtà sognando se stesso e la sua gioventù, ma uno scrittore può costruire il romanzo sulla memoria di chi siamo stati e continuiamo a essere, “esiste un continente intero, dentro di me, che visito regolarmente e di cui nessuno sa niente”. Il continente si chiama amore ma attraverso l’amore scopriamo qualcosa di più di che cos’è un ragazzo. Non cambia mai niente, non si diventa grandi. Però nel ricordo ci si vergogna un po’. “Per mesi la chiamo, per mesi trovo delle scuse e addirittura passo da casa sua, indesiderato ospite, ricevuto stando sulle spine e sperando in una visita lampo, ma non appagato faccio anche la cosa più umiliante che i cuori infranti possono fare: vado a frignare da sua madre mentre lei non c’è”. Marco Drago rinuncia alla dignità in nome della verità sentimentale e letteraria. Significa che è diventato un uomo.