Lettere rubate
Arte, sesso, natura e cultura. Bentornata fra noi, scandalosa Camille Paglia
Sexual personae. Arte e decadenza da Nefertiti a Emily Dickinson. Un libro del 1990 che divenne simbolo del femminismo e dell'antifemminismo. Criticato, ma consigliato: un saggio "concepito per non poiacere a nessuno"
L’insopportabile segretezza del corpo femminile riguarda tutti gli aspetti dell’uomo con la donna. Che aspetto ha là dentro? Ha avuto l’orgasmo? E’ davvero mio figlio? Chi è stato il mio vero padre? La sessualità della donna è avvolta nel mistero. Un mistero che è la ragione principale delle catene che l’uomo ha imposto alla donna.
Camille Paglia, “Sexual personae. Arte e decadenza da Nefertiti a Emily Dickinson” (Luiss University Press)
Questo libro uscì per la prima volta in Gran Bretagna e negli Stati Uniti nel 1990, più di trent’anni fa, per la casa editrice dell’università di Yale. Poi fece il giro del mondo e divenne simbolo di tutto: femminismo, antifemminismo, egocentrismo, esasperazione. Criticata, amatissima, l’opera più celebre di Camille Paglia adesso si può rileggere grazie nuovamente a una casa editrice universitaria, la Luiss, con la traduzione di Daniele Morante.
Questa non è una recensione, ma un invito alla lettura di un grande saggio “concepito per non piacere a nessuno”, disse allora Camille Paglia, che aveva riletto in ottocentocinquanta pagine fittissime l’intera storia occidentale alla luce del rapporto tra sessualità e rappresentazione. L’antichità, il Rinascimento e il Romanticismo dalla fine del ‘700 al 1900. “Tutto ciò che vi è di grande nella cultura occidentale deriva dal suo dissidio con la natura”, e l’arma più efficace contro il divenire della natura è l’arte.
Camille Paglia aveva terminato questo libro all’inizio degli anni Ottanta, ma gli editori americani la trovavano troppo scandalosa, la rifiutarono in molti.
“Il metodo cui mi attengo è una forma di deliberato sensazionalismo: cerco di contemperare l’intelletto col sentimento, stimolando nel lettore la più ampia gamma di risposte emotive. Voglio mettere in luce il significato profondo riposto nelle semplici cose di ogni giorno — i gatti, i supermercati, le partite di bridge, i piccoli casi della vita — così da liberare la critica e l’intepretazione dal chiuso ambito delle biblioteche e dei corsi accademici”. Non so se c’è qualcosa di più esaltante di questa dichiarazione di metodo e di intenti.
Forse solo il capitolo sul sadismo di Emily Dickinson, “per gran parte effetto del suo piglio sardonico, della rustica schiettezza con cui tratta la nascita e la morte. L’eufemismo vittoriano era un fenomeno borghese, e la Dickinson era tanto antiborghese quanto Baudelaire”. Poteva rigettare tutta la borghesia della sua famiglia e dei doveri di una donna del suo tempo, essendo un genio. Poteva anche diventare un uomo, se era utile all’arte. Camille Paglia spinge Emily Dickinson fino all’estremo, forse esagera, ma le toglie di dosso la polvere dell’innocenza e della purezza. In quest’opera piena di tesori bisogna immergersi, e volendo anche scandalizzarsi. “Ma è la società patriarcale che mi ha liberato come donna. È il capitalismo che mi ha dato la possibilità di star seduta a questo tavolo e di scrivere questo libro”.