lettere rubate
Fin dove può spingersi il desiderio? Il limite del tempo e i figli delle stelle
Il romanzo di Massimiliano Virgilio è una storia che nasce dalla disillusione di una coppia e diventa il racconto di una resistenza tenace. La vita e il mondo prendono il sopravvento sul dolore domestico e, a volte, lo salvano
È tutto un dolore esistito. La traccia in grado di rivelare che una coppia non è fatta da due individui sul divano con l’aria impagliata mentre guardano la tivù, né da due focosi amanti in vena di romanticherie, ma da due persone a un bivio di notte che alzano lo sguardo verso il cielo e incespicano nei loro desideri.
Massimiliano Virgilio, “Il tempo delle stelle”
(Rizzoli, 220 pp.)
Il desiderio di un figlio, trascinato in avanti anche dalle vite degli altri, dal tempo che passa, dal bisogno di guardare verso il futuro.
Che cosa c’è di più nuovo di un bimbo che cresce nella pancia, che si affaccerà, vi cambierà, sarà tutto vostro e tutto suo, riempirà tutti gli spazi e anche tutti i vuoti. Vi renderà uguali agli amici ma naturalmente migliori, perché voi non vi rincoglionirete come loro. Non farete le vocine, non parlerete solo per vezzeggiativi. Voi siete una coppia capace di guardare le stelle e avete l’ironia.
Lara e Giuseppe sono i protagonisti alle soglie dei quarant’anni di questo romanzo che racconta il presente attraverso la privatissima vita di due adulti sull’orlo della disillusione, pronti a ferirsi e a venire feriti nelle sale d’aspetto dei medici e nelle diete per la fertilità. Nell’inseguimento di un desiderio e nella continua messa in discussione di quel cammino. Come abbiamo fatto ad arrivare fino qui? Che cosa abbiamo sbagliato? “È impossibile non pensare alla finalità dell’atto. Fa l’amore e ci pensa, lo bacia e ci pensa, si lascia accarezzare e ci pensa. In poco tempo giunge alla spietata comprensione biologica dei meccanismi che si celano dietro ogni azione umana: ritiene scandaloso che il piacere sessuale sia collegato al funzionamento delle sue ovaie ben più che alla complicità morale con il suo Giuseppe”. La complicità morale rischia di sfilacciarsi, di esaurirsi, il tempo delle stelle rischia di spegnere le stelle.
Massimiliano Virgilio ha costruito una storia a cui credere dalla prima riga all’ultima, attraverso il viaggio di due che si amano dentro il mondo e contro il mondo, alle prese con la delusione che si ammonticchia negli angoli, prima, e al centro della stanza, poi, e che fa venire voglia di buttare via tutto. Che fa guardare i figli degli altri, le pance delle altre, come dei nemici. Però c’è qualcosa che continuamente, sommessamente, dice dentro questo libro: non mi annienterai, non mi distruggerai. Non ci distruggeremo a vicenda. Accadono molte cose, poi, perché la vita e il mondo prendono il sopravvento anche sul dolore più domestico, e lo buttano fuori, ci fanno a botte, a volte lo salvano. Il tempo finisce per certe stelle, ma sorge nuovo di zecca per altre. Riparare i viventi non è solo un bella frase, è quello che serve per far passare la luce.