lettere rubate
Maria esce di prigione un giorno d'estate. "Non esisto", il romanzo di chi non sa dove andare
Alberto Schiavone, che nei suoi romanzi sa come ci si prende cura del precipizio del vivere, si mette accanto a una ex carcerata nella sua nuova storia, e nel farlo trova le parole per dare voce, e poesia, a chi non dovrebbe sentirsi in gabbia mai più
Si volta e sorride, il carcere adesso è dietro di lei e tante volte già ha promesso che non ci tornerà più, è abituata a perdere il proprio passato, a perdere la propria memoria.
Alberto Schiavone, “Non esisto” (Edizioni Clichy, 170 pp.)
Maria non ha un posto dove andare, non c’è nessuno ad aspettarla nel suo primo minuto di libertà. Nessuno è venuto a prenderla, nessuno l’aspetta a casa. Quale casa? Maria è sola, Maria è stata in prigione. Ha solo le parole dentro la sua testa, e le parole frettolose di chi le lascia fare una telefonata a un numero inesistente, l’unico numero che aveva segnato su un foglietto. Ecco come si ricomincia a vivere dopo i giorni tutti uguali: nell’inesistenza. Alberto Schiavone, che nei suoi romanzi sa come ci si prende cura del precipizio del vivere, si mette accanto a Maria nella sua seconda possibilità, nella sua nuova storia, e nel farlo trova le parole per dare voce, e poesia, a chi non dovrebbe sentirsi in gabbia mai più. A chi invece a un certo punto può perfino dire: mi manca il carcere.
Mi manca sapere chi ero, chi sono, chi posso ancora essere. Maria è una donna che ha fatto una promessa: mai più. Non sappiamo che cosa ha fatto, non sappiamo di chi è la colpa. Ma suo padre non la vuole più in casa. E suo padre, sua madre, la sua famiglia, non sembrano mostri: mangiano pane in cassetta, mangiano spaghetti, tengono la tv accesa, si occupano dei nipoti. Stanno in silenzio, hanno fatto errori, sono a un passo dai disgraziati, ma come lo siamo tutti. In questo romanzo si sente forte la vicinanza con la possibilità della rovina, con il concepimento della rovina e con la ribellione alla rovina. Non è un libro sul riscatto, e nemmeno un libro sul carcere (anche se ci sono scene lancinanti di vita e di morte in quello spazio sventurato), è piuttosto un’elegia del dopo, della fatica di riconquistare un’identità.
Quanta dolcezza servirebbe, quanta cura per rifiorire: quanto è stanca Maria mentre combatte l’invisibilità in cui trova rifugio e anche l’invisibilità che le viene imposta dagli altri. L’inferno sono gli altri?, quelli che credono di sapere chi sarai per sempre e che cosa non ti meriterai mai più. Maria è ancora a un passo dall’inferno, ma Schiavone riesce a farle spiccare il volo con parole che sembrano versi, anche per un amore conquistato tra i bidoni della spazzatura. Anche per una bicicletta arrugginita. Il mondo non perdona gli errori, ma questo romanzo fa venire il desiderio di scartare di lato e aggiungere vita ai giorni. Maria, tu esisti.