lettere rubate
Ridiscendere il fiume esplorando la maternità con Lorena Salazar. “Ma', quanto manca?”
"Il canto del fiume", un romanzo di momenti lirici e crudezza realistica, pensieri immensi e gesti piccoli. Essere una madre è qualcosa che arriva
Mi sono seduta accanto a lui e gli ho raccontato la verità: “Tu sei nero e io bianca perché hai due mamme: una è la donna nera che ti ha portato nella pancia per nove mesi e ti ha messo al mondo. L’altra sono io, che mi sono presa cura di te tutti i giorni da quando eri piccolo così”.
Lorena Salazar, “Il canto del fiume” (Sellerio, 184 pp.)
Una madre ridiscende il corso del fiume con un bambino in braccio, sopra un’imbarcazione piena di sconosciuti. Il bambino le dice: “Ma’…” e le fa un sacco di domande. Anche Useppe nella Storia di Elsa Morante diceva sempre: Ma’. Anche La Storia di Elsa Morante è un romanzo sulla maternità, quindi sull’umanità, e anche Archivio dei bambini perduti di Valeria Luiselli. L’umanità sotto i colpi di uno scandalo che dura da diecimila anni. Lorena Salazar, giovane scrittrice colombiana nata a Medellin nel 1991, esplora in questo viaggio sul fiume con “il bambino” tutti gli aspetti, le voci, l’enormità e lo strazio della maternità. Niente verrà risparmiato, niente suonerà falso, niente sarà troppo o troppo poco.
“Cosa fa chi cresce senza madre? Chi si prende cura di lui? Il vento, una maestra, la signora del negozietto all’angolo? Chi gli insegna a pregare, a temere, a smettere di creare? Chi gli dice: ‘Piccolo, questa cosa non si fa!’? Chi gli tarpa le ali e chi gliele ricuce? Chi gli mette i piedi per terra? Non averla, a volte, è lo stesso che averla. Una madre è qualcosa che fa male. E’ ferita e cicatrice. Per un bambino, una mamma è la persona che gli chiede se vuole il latte al cioccolato, quella che lo rimprovera quando cammina scalzo per casa, quella che assaggia la minestra per prima, si brucia la lingua e aspetta che si raffreddi un po’. Una mamma è la persona che c’è”. Una madre è la persona che c’è e che sulla barca culla il bambino, ha paura, e risponde sempre alla stessa domanda: quanto manca? Quanto manca, manca troppo perfino per pensarlo. La madre attraversa con il suo carico di ricordi e il suo bene più prezioso la giungla colombiana per arrivare a Bellavista, dove vive la madre biologica del bambino: vuole che lui le mostri i suoi giocattoli, il dente che dondola, la cicatrice sul gomito di quando si è rotto un braccio due anni fa. Lei non lo sa, glielo racconterà lui. Vuole guardarlo negli occhi, toccargli un orecchio, baciargli la fronte, forse controllare che sia sano, che lei se ne sia presa cura come si deve. Una madre è una madre è una madre, dal momento in cui un bambino piange, dal momento in cui viene depositato sul letto come un fiore appassito. In questo romanzo ci sono momenti lirici e crudezza realistica, pensieri immensi e gesti piccoli, ci sono gli occhi delle altre madri di fronte all’annientamento. Essere una madre è qualcosa che arriva. Ma il bambino adesso dov’è?