lettere rubate
Gesù in controcampo nella "Trama divina" di Antonio Spadaro
Il gesuita, direttore della rivista Civiltà Cattolica, ha riletto i Vangeli come una sceneggiatura, con gli occhi dell’immaginazione, con la modernità di chi si nutre di film e di libri
Il Vangelo è una sceneggiatura (mai hollywoodiana). Il racconto infrange sempre le regole perché contiene le sbavature della vita: gli eccessi e le depressioni, le frustrazioni e i desideri.
Antonio Spadaro, “Una trama divina” (Marsilio, 200 pp.)
Non c’è storia senza trama, scrive Papa Francesco nella prefazione al libro di Antonio Spadaro, che ha riletto i Vangeli come una sceneggiatura, con gli occhi dell’immaginazione, con la modernità di chi si nutre di film e di libri ammirando la capacità letteraria di far diventare i personaggi di carne. Spadaro, gesuita, direttore della rivista Civiltà Cattolica, ha cercato un linguaggio nuovo per seguire Gesù attraverso le inquadrature: commosso dal caos, dallo spaesamento, e invece in fuga dalla folla quando si affida a chi la sazia. Un uomo che sta di fronte a un gruppo di discepoli che non ci capiscono niente, e discutono su chi di loro sia da considerare più importante. “Non si abbia paura di vedere un Gesù spesso incompreso anche dai suoi, duro da accettare, solo”. Guardiamolo allora con gli occhi dell’immaginazione, non con quelli che tendono ad appiattire tutto.
Papa Francesco scrive addirittura che Gesù per i suoi contemporanei sarebbe potuto rientrare nel paradigma dell’“inadaptado”, del disadattato. La persona che non si conforma a ciò che è ovvio. Uno di cui si dice: “E’ fuori di sé”. Una persona difficile, che va per le strade, tocca il dolore e la morte e li trasforma in vita, rovescia i tavoli, espone il suo corpo e le sue ferite, si fa toccare: ma allora forse era anche un mitomane? Quanto è appassionante spostare lo sguardo, togliere la polvere, provare inquietudine, far saltare il limite del ragionevole e anche quell’espressione noiosa: il buon senso. A che serve il buon senso in una grande storia, se non a farci addormentare? Scrive il Papa, ispirato dalla lettura di questo libro: “Il Vangelo deve essere fonte di genialità, di sorpresa, capace di scuotere nel profondo. Il peggio che possa accadere è tradurre la potenza del linguaggio evangelico in zucchero filato: attutire l’impatto delle parole, smussare gli angoli delle frasi, addomesticare il senso del discorso. Quanto sono importanti le parole! Gli artisti, gli scrittori, proprio per la natura della loro ispirazione, sono in grado di custodire la forza del discorso evangelico”. Innamorandosi di un personaggio, facendo volare una storia.