Lettere Rubate
Il diario di Annie Ernaux su una passione cruda, semplice e oscura: un uomo
Perdersi, di Annie Ernaux, è un diario. Il corpo è in gioco in un modo estremo e accompagna questa storia dall’inizio alla fine, nel delirio e nell’appagamento momentaneo e nei picchi acutissimi di infelicità
Venerdì 21 Niente, da martedì sera. Non sapere mai perché. Aspettare. Faccio dei lavori in giardino, con foga. Ancora qualche ora e sarà troppo tardi per avere un appuntamento stasera a Parigi. Non ho pianto una sola volta, da quando è iniziata questa storia. Stasera, forse, se non ci vedremo.
Annie Ernaux, “Perdersi”
(L’orma editore, 252 pp.)
Non serve nemmeno che lui lo sappia. Lui, il desiderio, il giovane amante sovietico che tra il settembre 1988 e l’aprile 1990 ha costituito l’ossessione erotica di Annie Ernaux. Lui è un parvenu, fa battute maschiliste, parla della moglie, telefona di notte e le dice: vengo.
“E’ «l’uomo della mia giovinezza», biondo e un po’ rozzo (le mani, le unghie squadrate), che mi colma di piacere e al quale non ho più voglia di rimproverare una mancanza di intellettualismo. Però dovrei davvero dormire, almeno un po’, sono stremata, incapace di fare alcunché. Nella mia testa, nel mio corpo, il lutto e l’amore sono la stessa cosa. Canzone di Édith Piaf, Mon Dieu, laissez-le-moi, lasciamelo ancora un po’, un giorno, due, un mese, il tempo di adorarsi e di soffrire. Più avanzo negli anni e più mi concedo all’amore. La malattia e la morte di mia madre mi hanno rivelato la forza del bisogno dell’altro. Quando gli dico «ti amo» mi diverte sentirlo rispondere «grazie», in fondo non troppo lontano da una sorta di «non c’è di che». Poi dice: «La vedrai, mia moglie», con gioia, con orgoglio. Quanto a me, io sono la scrittrice, la puttana, la straniera, ma anche la donna libera”. Questo libro è un diario: molto diverso dal libro che è nato da questa passione: i lettori di Annie Ernaux ricorderanno Passione semplice(pubblicato in Italia da Rizzoli nel 1992), ma qui il corpo è in gioco in un modo più estremo e accompagna questa storia dall’inizio alla fine, nel delirio e nell’appagamento momentaneo e nei picchi acutissimi di infelicità. Qui dentro c’è anche il desiderio di morte.
“Ho riletto I Mandarini. La mia storia con S. è talmente quella di Anne con Lewis che mi metto a piangere. S. de B. scrive: «Nessuno dirà più “Anne” con quell’accento». Ho scritto anch’io la stessa cosa. Ed è successo. Gli ultimi giorni, dopo Abu Dhabi, mi tengono lontana dal mio atroce dolore prima maniera: mi basta leggere qualche riga in cui rivedo la me dell’anno scorso o di qualche mese fa per scoppiare in lacrime”. La me dell’anno scorso, la riconoscenza verso Simone de Beauvoir, la difficoltà di uscire da quell’attesa cocente, straziante, senza speranze. Il gusto di perdersi. Annie Ernaux non nasconde niente di questo desiderio che porta con sé molta crudezza e oscurità, qualcosa che assomiglia a un annullamento. Ma chi scrive non perde mai tutto: chi scrive rinasce ogni volta.