Lettere rubate
Biografia dell'umano attraverso le ripetizioni. Sono creative, sono libere?
La fenomenologia della ripetizione, scrive Remo Bassetti, è qualcosa di senile, ma anche di caratteriale, di umano insomma. Possiamo però esercitare un controllo sulle nostre ripetizioni, sulla nostra difficoltà ad abbandonarle, sulla voluttà di rileggere sempre le stesse cose
Piccolo!
Già si vede che è tutto sua madre!
Dammi la manina adesso.
E mi raccomando, ubbidisci alla maestra.
Tu come ti chiami?
Non vedi che sto parlando?
Ti amo
Remo Bassetti
“Quanto siamo ripetitivi!”
(Bollati Boringhieri, 206 pp.)
Avevo letto Offendersi, il precedente saggio di Remo Bassetti, sperando di trovarci le ragioni e le giustificazioni della mia permalosità e della suscettibilità altrui. Quanto siamo egotici, ho pensato alla fine, ma con simpatia. Mi sono anche ripromessa di coltivare la virtù dell’imperturbabilità, e naturalmente ho fallito. E adesso, leggendo Quanto siamo ripetitivi!, penso che la ripetizione mi rassicura e mi tormenta. Ripetiamo per imparare, ripetiamo per convincere, per convincerci, ripetiamo per ritrovare la felicità di quella passeggiata romantica, ripetiamo perché abbiamo bisogno del ritornello e dell’abitudine.
Remo Bassetti utilizza Eraclito, Proust, ma anche il “Bolero” di Ravel: nel 1928 una famosissima ballerina ucraina chiese a Ravel una musica orchestrale e Ravel si tuffò nel ricordo delle melodie popolari che sua madre, di origine basche, gli cantava da bambino. Erano la sua madeleine ed era una partitura interamente in tonalità di do maggiore, salvo un breve passaggio al mi nel finale, due soli temi melodici in crescendo: una ripetizione che ripete più forte. Praticamente, Ravel inventò, con la ripetizione, l’arrangiamento. E dopo poco perse la parola per una malattia degenerativa che ha fra i sintomi la tendenza a ripetere le azioni in loop. La condanna a ripetere le azioni in loop? L’ossessione per la propria madre? Non lo sapremo mai, ma certo la ripetizione riguarda la nostra vita e anche la nostra libertà. A volte è una questione di pigrizia mentale: meglio ripetere quella battuta che una volta ha fatto ridere qualcuno, anzi meglio ripetere quelle frasi lette su Instagram, quei pensieri già pensati da qualcun altro, meglio navigare in acque di cui conosciamo tutti i cerchi concentrici. Sempre allo stesso modo, basta cambiare qualche parola, e incredibilmente il risultato non cambia. E’ Il giorno della marmotta o è cieca fiducia nella prevedibilità? “Un invasore che vuole asservire un paese conquistato o un potere rivoluzionario che sostituisce un regime sono destinati a essere sconfitti o rovesciati se non riescono a imporre una frattura introducendo un nuovo sistema di ripetizioni sociali, a costo persino di inventare tradizioni mai esistite”. Ma queste tradizioni, che hanno bisogno di sorreggersi su un substrato ripetitivo, sono poi in grado di stordire, di convincere, di rassicurare. La fenomenologia della ripetizione, scrive Bassetti, è qualcosa di senile, ma anche di caratteriale, di umano insomma. Possiamo però esercitare un controllo sulle nostre ripetizioni, sulla nostra difficoltà ad abbandonarle, sulla voluttà di rileggere sempre le stesse cose. Si può perfino costruire una biografia di sé stessi attraverso le ripetizioni. Non lo so se è un male.