Lettere rubate
Teoria della ragazza triste, che contiene un uomo che guarda una donna
E poi c’è la malinconia, che è però anche un irresistibile oggetto del desiderio. Un libro
Negli anni in cui la domanda impossibile era chi sono?, mi pareva più semplice cercare una risposta in come mi vedevano gli altri: se non volevo rispondere all’irrealizzabile canone di perfezione e mansuetudine inscritto nell’educazione femminile e che mi avrebbe conquistato l’apprezzamento altrui, dovevo trovare un altro modo per attirare lo sguardo. Loro, le ragazze perdute, le ragazze sfuggenti, ci riuscivano.
Sara Marzullo, “Sad Girl - la ragazza come teoria” (66thand2nd, 176 pp.)
“Siamo intrappolate in un pasticcio, come ci muoviamo sbagliamo”, diceva una donna in una seduta di autoconsapevolezza negli anni Settanta. Era un punto di partenza, un bel rompicapo. E adesso? Adesso, come sempre, non c’è niente di più interessante e complicato di essere una ragazza. E anche di: guardare una ragazza. Cosa ci si aspetta da lei, cosa fa per scappare?
La filosofa Alenka Zupancic ha scritto che “la divisione sessuale può essere formulata così: la mascolinità è una questione di credo, la femminilità di messa in scena”. Sara Marzullo si infila allora nel dietro le quinte di quella scena, lo esplora partendo da sé stessa, scrittrice nata nel 1991, utilizzando le filosofe, le scrittrici, i film, e anche gli uomini ossessionati dalle ragazze che fuggono, che scompaiono, che si sottraggono allo spettacolo. Un’intera società ossessionata dalla sparizione. Su tutte, le vergini suicide di Jeffrey Eugenides, le bionde sorelle Lisbon, poi, di Sofia Coppola. “Sei una donna con dentro un uomo che guarda una donna. Sei il voyeur di te stessa”, dice uno dei personaggi della Donna che rubava i mariti di Margaret Atwood, parlando dell’impossibilità di sfuggire alle fantasie maschili, “e questo ero io nei confronti delle sorelle Lisbon e, di conseguenza, di me stessa”, scrive Sara Marzullo in questo saggio che è allo stesso tempo personale e pubblico. Si interroga, ci interroga, si chiede che cosa vogliono le donne quando si spengono le luci su di loro. “Mi chiedo se sono stata brusca, se dovevo essere più carina”, è la domanda costante, il dubbio che consuma non soltanto le giovani donne.
E poi c’è la malinconia, che è però anche un irresistibile oggetto del desiderio. E’ autentica tristezza, amore per Sylvia Plath, è un’altra trappola per le ragazze, un altro modello costruito da altri? Siamo ancora intrappolate in un pasticcio? “Mi domando se l’attenzione di cui godono le ragazze sia qualcosa di cui gioire o una colla vischiosa da cui non ci si può liberare”. Un libro utilissimo per la sconfinata giovinezza che ci guida e ci tormenta.