Lettere rubate
Silvia Avallone indaga il cuore nero e il male
Le scene indimenticabili del romanzo sono molte e sono molti anche i chiodi ficcati nel cervello e nell'anima. L'autrice entra nel posto più chiuso al mondo
Avevano disteso gli asciugamani sul cemento nudo del grande cortile murato. Indossavano tutte e quattro succinti bikini, infradito e occhiali da sole. Si erano armate di vecchi flaconi di detersivo spray riempiti d’acqua per rinfrescarsi. “Che peccato che nessun bel ragazzo possa ammirare i nostri culi”.
Silvia Avallone, “Cuore nero”
(Rizzoli, 360 pp.)
Le scene indimenticabili di questo romanzo sono molte e sono molti anche i chiodi ficcati nel cuore e nel cervello, è molta la vita che pulsa e che sbatte a ogni riga, sono molte le domande sulla colpa, sul male e sul dopo. Le domande su noi stessi, anche. Si comincia a leggere Cuore nero, il romanzo che inizia il giorno dei morti su un sentiero in salita, un padre e una figlia che camminano verso qualcosa con un peso addosso, e non si può più lasciarli andare. Emilia, soprattutto, resterà con voi giorno e notte, lei e le sue amiche, lei e il suo segreto, lei e l’uomo che le abita di fronte e che davanti a lei e ai suoi jeans sdruciti con l’elastico delle mutande che esce fuori rinasce, e poi di nuovo muore, e non capisce, ma è incantato dallo spettacolo che spezza il cuore: una giovane donna a cui manca il respiro, adesso, con questa libertà che non la lascia libera, con questa vergogna che la schiaccia. La voglia di nascondersi e la voglia di esistere, il bisogno di gridare, ballare, chiedere perdono. “E quando mi voltai, non riuscii a impedirmi di cercarla ancora una volta su quella pista triste, sotto quelle luci volgari, in mezzo alla folla ondeggiante come sui tagadà delle fiere, e la vidi. Alzare le braccia come dj Kevin aveva ordinato. Con gli occhi chiusi. I capelli sciolti. La testa rovesciata all’indietr. L’unica adulta, con le Dr. Martens ai piedi, sporche di fango, e l’ombelico nudo. In estasi”.
Silvia Avallone è entrata nel posto più chiuso del mondo, il posto degli ultimi, e l’ha fatto vibrare di umanità e di voglia, è entrata nelle vite immaginate di ragazze sopravvissute grazie all’amicizia che lega le une alle altre, ma sempre con l’inferno da portarsi dentro. Una scrittrice che sa muovere la giovinezza tra le pagine, muovere i corpi, muovere la rabbia, e adesso accompagna Marta, che è un’adulta bloccata dentro l’adolescenza, in un cammino difficilissimo che durerà per tutto il resto della vita e che ha a che fare con una colpa definitiva, con qualcosa da cui non si torna indietro.
“Eravamo due esseri umani. Quello che lei aveva compiuto avrei potuto compierlo io, era una possibilità che tutti avevamo nel corpo e in quello che c’era dentro: l’anima? L’abisso?”. Se siamo tutti sempre a pochi passi dal baratro, allora anche questo ci affratella, e quindi che cos’è il male, come si affronta il male? Silvia Avallone ha costruito un romanzo che indaga, con nitida pietà, il cuore nero: un cuore che si è annerito, e che ancora chiede amore e perdono.