lettere rubate
Un quaderno per ciò che ci manca, così a volte ritorna. Un libro per amico
Il libro di Concita De Gregorio è un registro degli assenti che vale per le persone, ma anche per i luoghi, gli animali e i sentimenti. E a volte anche per i mazzi di fiori mai ricevuti: ciascuno, piccolo o grande, bambino o troppo adulto, può aggiungere il proprio assente preferito
Un giorno ho pensato che forse sono ancora tutti lì, quelli che mancano, fermi immobili nel punto preciso in cui li ho visti l’ultima volta: mi stanno aspettando, devo solo tornare a prenderli. Cioè, ho pensato: sono io che manco a loro, non il contrario. Sono io che non sono più andata da loro perché avevo paura, o dolore, perché ero arrabbiata, delusa, offesa.
Concita De Gregorio con Beatrice Alemagna, “In mezzo a un milione di rane e farfalle” (Feltrinelli)
Un quaderno, una specie di registro come quello che c’era a scuola prima dell’orrore del registro elettronico. Un quaderno per i presenti, ma stavolta soprattutto per gli assenti: chi manca oggi? Oppure anche chi manca da troppo tempo? Chi ho sognato di nuovo ed è veramente l’ora di andare a cercarlo? Scrive Concita De Gregorio in questo libro illustrato da Beatrice Alemagna che il registro degli assenti vale per le persone, i luoghi, gli animali e i sentimenti. A volte anche per i mazzi di fiori che non ho mai ricevuto. Che cosa manca? Chi mi manca? “Se non sono venuti loro, allora vado io”. Me li riprendo, li rendo presenti, e se proprio non è più possibile li rendo vivamente assenti: sia chiaro che non li ho dimenticati. Sia chiaro che sono finite le frasi, da quando Silvia è partita: lei aveva una frase per tutto, e adesso sono più di cinque anni che non risponde. Ciascuno, piccolo o grande, bambino o troppo adulto, può aggiungere al quaderno degli assenti il proprio assente preferito, quello che non ha avuto ancora il coraggio di pronunciare. Ad esempio, Marco, che ha un amore nuovo. “Non me l’ha detto ma io li ho visti e lo so. Erano su una panchina che si baciavano, di giorno”. Marco è nel quaderno degli assenti, ma lei lo riconoscerebbe anche al buio, o tra la folla, o da come muove il piede.
E’ un sollievo metterli lì, in fila, i fidanzati che non lo erano, i gatti andati nel paradiso dei gatti, il papà che non gioca più con me perché è nato il fratellino, “che poi è un maschio”, dice la nonna, e quindi boh, è tutto più strano adesso. Se c’è un posto dove mettere quel mazzo di fiori che una volta mi hai regalato e io ero così felice che non sono riuscita a dire niente, e adesso mi manca, perché non c’è, allora quei fiori tu una volta li hai raccolti davvero, per me. Concita De Gregorio, con i bellissimi disegni di Beatrice Alemagna, fa sentire l’assenza di ciò che manca come qualcosa di più dolce. O di intollerabile, invece: perché non ho qui con me mia nonna che d’inverno mi faceva le sciarpe di lana a righe? Perché adesso nelle foto non ho più la mia faccia? Ecco, mi manca a volte anche la mia faccia, chissà perché se ne è andata. Potrei andare a riprenderla, oppure la metto sul registro e allora torna lei da me. Se si chiamano le cose che mancano, loro a volte ritornano.