Lettere rubate
Cose che ai maschi nessuno dice. Com'è difficile crescere senza lacrime
Il padre di Kafka si è trasformato, è cambiato, è diventato un padre molto più capace di entrare in contatto con un figlio, ma le categorie, pur superate dalla realtà, sono ancora quelle vecchie. L'unica certezza è che stare vicini ci salva
Io avrei avuto bisogno di un po’ di incoraggiamento, un po’ di gentilezza, di qualcuno che mi lasciasse un po’ aperta la mia strada: invece me la sbarrasti, sicuramente con le migliori intenzioni, quelle di farmene imboccare un’altra. Ma io non ero capace.
Franz Kafka, Lettera al padre in “Cose che ai maschi nessuno dice” di Alberto Pellai. Introduzione di Gino Cecchettin (Feltrinelli, 160 pp)
Alberto Pellai è un medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva, e in questo libro ha messo anche la sua esperienza di figlio e di padre di figli maschi (e di figlie femmine). Ha esplorato il nuovo mondo delle relazioni e della crescita, partendo dalla prima infanzia, e cerca di parlare direttamente agli adolescenti in questi anni difficili, delicati e dolorosi. Crescere è doloroso, fa più male di quanto abbiamo la forza di ricordarci, e fa male a ciascuno in modo diverso, per intensità e per capacità di esprimerlo o di affrontarlo. Pellai parla direttamente ai ragazzi di amicizia, sessualità, videogiochi, dipendenze e lacrime. “Per esempio, noi maschi cresciamo convinti che la peggior maledizione che ci possa capitare è che qualcuno ci veda piangere in pubblico”. Pellai racconta di sé, di quella volta che in prima superiore i ragazzi di quinta lo rinchiusero in un armadio di metallo, e inserisce i pensieri di adolescenti che ragionano su che cosa significa essere un maschio. E’ più facile crescere nei panni di un maschio o di una femmina? Il corpo che cambia mette ansia? L’emozione si può esprimere o bisogna fare finta che stia andando tutto alla grande? E come si parla di ragazze? “Un giorno, un ragazzo, parlandomi dei suoi successi da Dongiovanni, mi ha detto: ‘Io ne ho già stese almeno dieci’”. Aveva appena compiuto quattordici anni.
Gino Cecchettin, che si è fatto carico, non solo da padre ma da uomo, della necessità di un cambiamento nelle parole, nelle relazioni e nel potere, ha scritto nell’introduzione a questo piccolo saggio che da ragazzo si buttò a capofitto su un titolo misterioso, “Tutto sul ragazzo”, perché trattava temi che a casa sua erano tabù. Ma era un libro oscuro e tecnico, e quindi i tabù restavano tabù. Non credo che ci sia una ricetta, non credo che ci siano risposte adatte a tutti. Però questo “parlarne sempre” è un modo di cominciare a mettersi in ascolto. Il padre di Kafka si è trasformato, è cambiato, è diventato un padre molto più capace di entrare in contatto con un figlio (maschio o femmina), ma le categorie, pur superate dalla realtà, sono ancora quelle vecchie. E poi ci sono i cromosomi e c’è la nostra programmazione genetica. E c’è la nonna che abbraccia e il nonno che sta in piedi, in disparte, e guarda. Ci sono tante differenze. Tanti movimenti. Nessuna certezza, tranne che stare vicini ci salva.