Tra il bullo e il bello meglio il bello. Viva Staino e la resipiscenza
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Adesso non cominciamo con due municipi soli al comando.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Spezzeremo le reni a Malta.
Giuliano Cazzola
Tra il bullo, Salvini, e il bello, Sánchez, stavolta ha vinto il bello.
Al direttore - Cerasa, la crisi dei partiti tradizionali non è un fenomeno tipico di questa stagione, ma ha un suo precedente illustre negli anni 90. E’ di quel periodo il termine “partitocrazia” ovvero la presa di potere dei partiti a scapito del Parlamento, con il continuo dilagare di episodi di corruzione nelle Pubbliche amministrazioni anche per fini personali. Questo comportò un profondo distacco tra cittadini e partiti che fu canalizzato in voti di protesta. Al nord i malcontenti furono intercettati dalla Lega nord che ottenne buoni risultati a partire dalle politiche del 1992, confermando i suoi risultati nelle amministrative del 1993 e infine nelle politiche del 1994 che la trasformarono in forza di governo. I partiti tradizionali rielaborarono i propri obiettivi e i propri apparati per dare un segnale al paese. Il Pci sotto Achille Occhetto con il Congresso di Rimini, si trasformò in Pds con l’obiettivo di essere una forza riformista capace di creare un polo progressista sul modello del laburismo di matrice britannica. A uscirne peggio furono Psi e Dc per il coinvolgimento dei loro leader nelle inchieste di Tangentopoli. Così i primi governi dopo il terremoto Tangentopoli, furono quello di Giuliano Amato nel 1992 e poi il governo del 1993, di Carlo Azeglio Ciampi che aveva come obiettivo prioritario di rivedere la legge elettorale con l’intenzione di dare governabilità al paese. Fu così varata la legge basata sul principio uninominale e maggioritario. Dopo la caduta di Ciampi, ci fu il primo voto con la nuova legge e andò al potere il centrodestra con l’appoggio della Lega, ma questo accoppiamento culminò con la defezione della Lega. Nel 1995 ci fu il governo tecnico di Lamberto Dini. Stiamo parlando di venti anni fa e la storia sembra riproporsi: la potenziale ingovernabilità a cui conseguì un blocco istituzionale di 3 anni (con il susseguirsi di tre governi), potrebbe essere il primo segnale; la necessità di rivedere legge elettorale, il secondo e infine, l’obbligo per i partiti tradizionali di dare un segnale al paese, rivedendo i loro obiettivi e i loro apparati. In tutto questo chi aveva canalizzato il voto di protesta andando al potere non fu tanto differente dai partiti di vecchio stampo.
Andrea Zirilli
Non si può capire molto di quello che è successo negli ultimi venticinque anni in Italia senza imparare a memoria un passaggio di una bella intervista rilasciata da Staino all’Huffington Post. “Mi vergogno della gioia che ho provato quando lanciarono le monetine contro Craxi, fu il primo atto di antipolitica della storia repubblicana, l’avvento di quello che i Cinque stelle e la Lega oggi hanno portato a compimento con il loro governo… Mi capita di pensare dove abbiamo sbagliato. Cosa abbiamo fatto per favorire che forze negative si affermassero e prendessero addirittura il potere in Italia. E mi torna sempre in mente l’assalto al segretario del partito socialista al Raphael. Allora ci rifiutammo di vederlo come un legittimo rappresentante delle istituzioni. Un uomo con il quale dialogare. Ci lasciammo andare a una pulsione subpolitica, a un’estremizzazione dei valori etici, all’esaltazione della magistratura. Sono i sentimenti che hanno aiutato a gettare discredito sul Parlamento, sulle altre istituzioni, sulla politica, attraverso la teorizzazione della superiorità della società civile e con una serie di movimenti che, di fatto, hanno prima aperto le porte a Berlusconi, e poi le hanno aperte a Grillo”. C’è poco da fare: sarà la resipiscenza la parola chiave da usare con intelligenza per combattere, anche nel futuro, gli sfascismi di ogni tipo.
Al direttore - In riferimento all’articolo “Il cda Rai come prosecuzione delle parlamentarie con altri mezzi. Viaggio tra le candidature per il nuovo consiglio di amministrazione di Viale Mazzini”, a firma di David Allegranti, pubblicato il 6 giugno 2018 sull’edizione cartacea e online, desidero precisare quanto segue. L’articolo, nel riportare la notizia relativa alla procedura ad evidenza pubblica per la nomina del nuovo cda della Rai, ha riservato alla mia persona alcune affermazioni non rispondenti a verità e non in linea con un corretto giornalismo rappresentate da: “Idem per Cosimo Carmelo Caridi, dirigente di ruolo della regione Calabria del dipartimento ‘fitosanitario, vivaismo, micologia, patrimonio ittico e faunistico’ già organizzatore della mostra nazionale itinerante ‘agricoltreno 1995’ nonché relatore alla ‘biennale internazionale di Apicoltura’ organizzata da Apimondia. Direte voi: e che c’azzecca il vivaismo con la Rai? Niente, ma che importa: queste candidature sono un supplemento delle parlamentarie del M5s di qualche mese fa, dove con qualche clic vincevi ‘win for life’ e questo è il paese delle opportunità”. Desidero evidenziare innanzitutto che, sotto il profilo deontologico, sarebbe stato opportuno citare correttamente il contenuto del curriculum vitae e, in particolare, le esperienze amministrative concrete tra cui: l’incarico pluriennale di presidente del cda dell’Accademia di belle arti di Reggio Calabria, Istituzione culturale di rango universitario del Miur, componente cda della Scuola mediterranea di design, Autorità di gestione per la Calabria del Fondo europeo Fea (riportante nella precedente programmazione una performance superiore al 93 per cento), referente per la Trasparenza e per la prevenzione della corruzione, specializzato in marketing territoriale e di prodotto. Amareggia constatare che un cronista salti dal primo rigo della I pagina alla V pagina solo per collegare, con fine dileggiante, il ruolo esercitato quale dirigente con attività che sono inserite nel documento, con l’esclusivo fine di dimostrare il percorso di vita che lo ha condotto, da giovane professionista, nel 1997 a relazionare a un evento a carattere globale. Sarebbe stato opportuno conoscere, prima di scrivere, che un dirigente amministrativo di una pubblica amministrazione, in base al ruolo unico previsto dalla normativa, è tale a prescindere dall’incarico esercitato in un dato momento. Sia esso riguardante vivaismo, cultura, telecomunicazioni o altro. Oltremodo, evidenzio che il ruolo di componente di cda non può prescindere dalla conoscenza del diritto nazionale e comunitario, dei principi di contabilità, del procedimento amministrativo, delle norme che regolano i contratti pubblici, della normativa sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione per esercitare, meritocraticamente e consapevolmente il ruolo di amministratore di un Ente. Ritengo, quindi di avere, non meno di altri personaggi più famosi, titolo a poter degnamente presentare la mia candidatura al ruolo di cui trattasi e di non meritare quanto attribuitomi dal giornalista nell’articolo in oggetto che è ai limiti del denigratorio.
Cosimo Carmelo Caridi
Siamo certi che il governo del cambiamento saprà distinguere ancora una volta un curriculum solido da uno tarocco. In bocca al lupo.