Scuola e chiamata diretta: di chi è la responsabilità?
Al direttore - E ora per favore Casalino mandi gli ospiti solo su Netflix.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - A commento del vertice europeo sui migranti e della linea di condotta del premier-prestanome Giuseppe Conte, i francesi hanno adattato alle circostanze la prima strofa della Carmagnole (canto rivoluzionario conosciuto anche come “ça ira’’): “Monsieur Veto avait promis / de porter les réfugiés noirs tous a Paris / mais sa défie a été un ballon / grace au prèsident Macron’’.
Giuliano Cazzola
Veti, vidi, bici.
Al direttore - Quando si parla di scuola, si corrono due rischi: utilizzare tecnicismi incomprensibili, oppure accontentarsi di luoghi comuni sbagliatissimi. Cercherò di evitare entrambe le cose. Prima di tutto: il ministro Bussetti non ha cancellato la chiamata diretta perché in Italia non c’era. Non esiste un sistema secondo cui il dirigente scolastico sceglie a sua discrezione gli insegnanti. In Italia si entra nella scuola per concorso. Con il decreto attuativo della legge 107, si è superato il meccanismo delle graduatorie a esaurimento e si è stabilito un percorso finalmente normale e ordinato per diventare insegnanti, basato sui concorsi. Con la legge 107 si è poi cominciato a parlare di competenze degli insegnanti: questo è uno dei principali elementi d’innovazione della nostra riforma. Prima della cosiddetta Buona scuola, gli insegnanti venivano destinati d’ufficio alle scuole, praticamente in base solo all’anzianità di servizio. Noi, fermo restando il dovuto conto all’esperienza, abbiamo dato la possibilità all’interno di piccoli ambiti territoriali di privilegiare le competenze. Traduco: se nel piano triennale dell’offerta formativa di una scuola si prevede una sperimentazione della matematica in inglese, perché il dirigente scolastico, d’accordo col collegio dei docenti (così dice la legge), non dovrebbe poter individuare un insegnante che conosce bene l’inglese? Per me resta incomprensibile. Incomprensibile e sbagliato. Voler cancellare questa facoltà – in totale trasparenza e tutela delle fragilità – significa preferire la restaurazione al cambiamento. Restaurazione che presto cancellerà i grandi recenti sforzi sulle infrastrutture e sugli investimenti, preferendo il modello-Gelmini. La ministra, sostenuta in Parlamento dalla Lega, tagliò alla scuola 8 miliardi; il Pd ne ha reimmessi 4. Non basta e toccherebbe ai 5 stelle continuare a investire sulla scuola, come hanno promesso di fare. Peccato che invece abbiano ceduto il ministero dell’Istruzione alla Lega, dimostrando che i loro slogan sono vuoti. La verità è che a questo governo poco o nulla importa della scuola, neppure menzionata nelle linee programmatiche del presidente Conte. E’ nostro dovere, quindi, sia evidenziare le bugie sia contrastare la restaurazione, ancora più grave perché perpetrata senza passare dal Parlamento.
Anna Ascani, deputato Pd
Al direttore - Il fascicolo sui fondi di Expo giustizia dove si ipotizzavano irregolarità a causa della mancanza di gare pubbliche da parte di magistrati ha fatto il giro d’Italia tra Milano Brescia Venezia e Trento dove è stato stato archiviato. Il fu tempio di Mani pulite detta ancora legge la sua legge e la magistratura si autoassolve. Come ai tempi di Mani pulite.
Frank Cimini