Prima Wolfe, poi Roth e ora Vincino, genio libero della nostra epoca
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Cioè siamo senza Tom Wolfe senza Philip Roth e ora senza Vincino?
Mariarosa Mancuso
“Noi di satira – mi ha scritto Vincino giocando con il suo splendido palermitano pochi giorni fa, in mezzo a uno dei tanti messaggi che ha continuato a scrivere e a scriverci anche nelle ore più complicate, per sapere ogni dettaglio del giornale, per conoscere ogni editoriale, ogni idea, ogni provocazione capace di regalargli una scintilla, che magicamente, in un istante e con un tratto di penna improvviso, trasformava in un disegno unico – siamo cornuti e siamo ottimisti e abbiamo un sacco di disegni ancora da fare. Facendo due conti spicci lo sai quanti disegni ho pubblicato nella mia vita? Più di 50 mila e ora vado per i 100 mila. Abbraccio a tutti, vi voglio bene, Vincino”. Per arrivare ai 100 mila Vincino aveva pensato a un libro istantaneo su Salvini, a un giornale speciale curato da lui per far rivivere il suo Male, a una “caverna”, la chiamava così, da costruire sul sito dove affiancare ai suoi disegni quelli di nuovi talenti – e ogni giorno su Whatsapp era un flusso di spunti, di stimoli, di provocazioni, di vita, di pazzie, di genialità, di vignette, di amore immortale per il Foglio. A 100 mila non ci siamo arrivati ma proprio in questi giorni Vincino ci ha inviato il suo centesimo disegno per illustrare il numero magico del lunedì. Li raccoglieremo tutti e presto li regaleremo ai nostri lettori. Grazie Vincino, ti voglio bene, ti vogliamo bene, ci mancherai.
Al direttore - Ehi, Vincio. Ehi, amico mio, compagno, amore infinito. Ehi Rolling Stones, Picasso, Baudelaire. Ehi tiratore scelto, mitico alchimista, sognatore solitario, lanciatore di travi e cultore di pagliuzze. Ehi, sei uscito e lo hai detto. Mio adorato James non ti mollerò e ora andiamo insieme a ritirare il Premio Strega.
Guelfo Guelfi
Al direttore - Ciao Vincino, il più libero e laico editorialista della nostra epoca. Lontano dal servilismo soffocante verso il potere di ogni stagione.
Marco Bentivogli
Al direttore - La “monetona” contro le “monetine”. L’opposizione, dice Cerasa, dovrebbe farsi scudo dell’euro e delle sue buone ragioni per contrastare quella deriva populista che dai bastioni del governo ne minaccia il futuro. Tutto giusto, tutto vero. Con un’avvertenza, però. Che l’opposizione non è un “fronte”. E’ un insieme di storie e di ragioni. E come tale si deve presentare. Fare finta che tutti quelli che sono antipopulisti d’un tratto si possano ritrovare sotto le stesse bandiere, formando un’ammucchiata – che sia spavalda oppure spaventata – non porta lontano. In questi anni abbiamo perso perché non eravamo noi stessi, nessuno di noi. Abbiamo perso perché ci eravamo mimetizzati dentro forze politiche informi, prive di significato, tutte tentate dalla demagogia, tutte incantate dalla suggestione della propria leadership, tutte dimentiche delle proprie radici. Se non si riparte da qui, sarà difficile risalire la china. Si tratta semplicemente di essere se stessi, ciascuno a modo suo. Contro il cigno nero serve allestire l’arca in cui radunare le specie non populiste. Radunarle, appunto. E non fare finta che ce ne sia una sola.
Marco Follini
Al direttore - Il vero problema non è Corbyn, il suo evidente razzismo e la sua sinistra coerenza di informatore dell’Urss, terzomondista convinto che Israele debba sparire, così i “dannati della terra” avranno giustizia. Il vero problema è capire come affrontare l’ondata di dissennatezza che si è scatenata sui nostri paesi e che ha portato l’entusiasmo per questo triste e squallido politicante, l’acritico e pervicace sostegno a Trump, gli applausi di Genova, i fermenti neonazi in Germania, i voti per Le Pen. Il vero problema è capire cosa contrapporre efficacemente alla miscela di paura, rancore e rabbia che ha portato l’elettorato a sostenere autentici seminatori di odio e di proposte irrealizzabili che, dove governano (Italia e Usa), hanno già sferrato colpi tremendi al sistema istituzionale e alla convivenza civile.
Alfredo Branzanti