Salvini e la tassa su chi vuole male all'Italia: un'altra rata da 80 anni per la Lega
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - A cercare i sobri si finisce con Monti.
Giuseppe De Filippi
Ieri i burocrati erano terroristi. Oggi sono solo ubriachi. E' finalmente arrivata la svolta moderata del governo.
Al direttore - La ricchezza privata, da fattore attenuante (insieme con il debito privato e la sostenibilità previdenziale) delle norme del Fiscal compact come avrebbe dovuto essere mentre finora tale non è stata concretamente valutata, sta diventando, in diversi interventi, un elemento che si pretende sia di rassicurazione, dato il suo ammontare, quando si affronta il problema del debito in relazione a livello del rapporto deficit/pil fissato dalla Nota di aggiornamento del Def al 2,4 per cento. E’ ciò mentre lo spread Btp-Bund risale e la Borsa soffre: un quadro che si apre a pessimistici sviluppi che speriamo siano smentiti dagli eventi. Ma come? Senza adeguate, tempestive correzioni del progetto di manovra sarà difficile evitare un aggravamento della situazione. Pensare che la ricchezza delle famiglie bilanci in tutto e per tutto il debito pubblico significa, in ultima istanza, ritenere che essa, all’occorrenza, sia posta al servizio del debito stesso, che, insomma, sia espropriabile o, comunque, conculcabile. Una prospettiva non certo auspicabile che fa il paio con altre dissennate dichiarazioni come quella secondo la quale in queste giornate l’Italia si sarebbe difesa meglio con una moneta nazionale, anziché con l’euro: al di là del merito, evocare una tale ipotetica alternativa, soprattutto quando si rivestono ruoli istituzionali, significa dare un deleterio segnale di avere esaurito iniziative e mezzi per prevenire la materializzazione di gravi rischi. Ella, caro direttore, ha pienamente ragione nel sostenere, come spesso ha fatto, di non confidare su Borsa e spread per una valida azione di contrasto di questa maggioranza che rischia di portare il paese verso una china assai pericolosa. Ma, ora, di fronte ai problemi che si fanno evidenti per l’onere del finanziamento del Tesoro e per le reazioni dei mercati – leggasi: investitori, risparmiatori, operatori, non certo gli orditori di un immaginario complotto – la mancanza di una forte mobilitazione dell’opposizione, che pure qualche segnale ha dato, ancora, però, largamente insufficiente, pesa non poco. Non si può sicuramente rimanere sulla riva del fiume aspettando un passaggio che dovrebbe essere opera di Bruxelles, mercati e agenzie di rating, anche perché ciò potrebbe alimentare lo spirito dell’accerchiamento e rendere ancora più difficile un’alternativa politica. Con i più cordiali saluti.
Angelo De Mattia
Salvini ha detto che: “Le parole e le minacce di Juncker e di altri burocrati continuano a far salire lo spread, con l’obiettivo di attaccare il governo e l’economia italiani: siamo pronti a chiedere i danni a chi vuole il male dell’Italia”. A naso, si prevedono altre rate da 80 anni a carico della Lega.
Al direttore - Ha ricordato ieri Massimo Bordin l’intervento del presidente Canzio al Convegno organizzato da Ucpi in occasione del doppio anniversario della Costituzione repubblicana (1948) e del codice accusatorio (1988). Piuttosto che separare le carriere – ha detto l’illustre relatore – sarebbe utile, ai fini di una seria ed efficace riforma del nostro sistema processuale, un intervento sulla fase delle indagini preliminari. L’eccessiva libertà di cui gode il pubblico ministero in tale fase del processo (nel corso della quale, peraltro, si prescrive il 70 per cento dei reati) dovrebbe essere connotata da maggiori controlli giurisdizionali, attraverso l’apertura di più “finestre” sull’operato dei pm e soprattutto attraverso la creazione di una figura di giudice più “autorevole”. La questione può essere oggetto di qualche rapida annotazione. Di “finestre” il nostro codice ne prevede infatti diverse, alcune collocate in posizione strategica che consentirebbe già di regolare alcuni passaggi cruciali del processo: i tempi e i modi delle iscrizioni e delle indagini, l’abuso dello strumento intercettativo, l’uso eccessivo delle misure cautelari. Il problema è che da tali finestre i giudici non si affacciano o si affacciano con una scarsa propensione al controllo, spesso convinti di non dover condizionare l’attività di indagine svolta dalla magistratura inquirente. Interpretando il loro ruolo attraverso una sorta di “identificazione proiettiva” che finisce con l’abbracciare paternalisticamente la funzione della parte. Non serve dunque un giudice più “autorevole”, come suggerisce il presidente Canzio, ma un giudice più “terzo” che sappia interpretare quella cultura del “limite” che deve caratterizzare un processo accusatorio moderno e democratico, governato dalla ragione. Un nuovo giudice collocato in una dimensione di “controllo” dell’agire delle procure, il che implica necessariamente una separazione funzionale delle magistrature requirente e giudicante, risultando del tutto irrazionale che controllore e controllato condividano una medesima funzione e siano collocati all’interno del medesimo ordine. Una confusione di ruoli evidentemente disfunzionale che solo l’ordinamento autoritario dello stato fascista, propugnato negli anni 40 dal Guardasigilli Grandi, poteva teorizzare.
Francesco Petrelli, segretario dell’Unione camere penali italiane