Occupare contro chi vuole sequestrare il futuro dei figli. L'emergenza è il Pd?
Al direttore - Nel 2016 gli italiani furono chiamati a esprimersi con un Sì e un No sulle “attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro le dodici miglia marine”: il referendum sulle trivelle. Ci occupammo per due mesi di cose che persino noi sostenitori di una tesi o dell’altra capivamo con difficoltà. Figuriamoci 40 milioni di elettori. Tutto si giocò su emozioni, riflessi ideologici e antipatie politiche: solo il mancato quorum evitò la furia iconoclasta contro la pulita produzione di gas naturale nel mare italiano e la perdita di posti di lavoro. Ecco, se mai venisse approvata la riforma costituzionale presentata dal ministro 5 stelle Fraccaro, vivremmo in un mondo di continui referendum di cui nessuno conosce i dettagli ma su cui tutti dovranno dire Sì o No, senza quorum. Referendum non solo abrogativi, ma anche propositivi: i plebisciti, insomma! Sarebbe la fine della democrazia rappresentativa e la trasformazione della nostra Repubblica in un sondaggio costante, disinformato, furioso, made in Casaleggio.
Piercamillo Falasca
Vogliono distruggere l’Europa. Vogliono distruggere l’euro. Vogliono distruggere Schengen. Vogliono distruggere lo stato di diritto. Vogliono giocare con la xenofobia. Vogliono distruggere la democrazia rappresentativa. Il segnale è dunque chiaro: le divisioni del Pd sono oggettivamente la più grave emergenza che esista oggi nel paese.
Al direttore - Le domande che pone il direttore Cerasa nel suo pezzo intitolato “Occupare le scuole contro i nemici del nostro futuro” meritano una risposta netta: no, non è giusto. Non è giusto che il governo italiano abbia deciso di scaricare su di noi l’irresponsabilità delle scelte economiche della maggioranza. Lo dico da studente nato nel 1996, prima ancora che da iscritto al Pd: è vergognoso che il governo voglia far credere agli italiani che comunque vada “va tutto bene madama la marchesa”, che l’importante è spendere e non come si spende, che si può continuare a fare debito all’infinito, che la Fornero è l’origine dei mali del mondo, che tempo determinato significhi precarietà. Sono tutte mistificazioni della realtà, menzogne dette per far leva sull’irresponsabilità, sull’idea balorda che si possa risolvere tutto cancellando le riforme delle pensioni degli ultimi anni e istituendo il fantomatico reddito di cittadinanza. Io la penso diversamente. Penso che il problema di questo paese non sia la Fornero, ma la condizione dei giovani che si troveranno senza pensione perché costretti a pagare quelle dei propri genitori. Penso che un paese in cui il primo vero sforzo di rafforzamento delle politiche attive del lavoro risale al Jobs Act del governo Renzi debba concentrarsi su questo anziché disincentivare le assunzioni. Penso anche che un paese ripiegato sulla retorica complottista contro i mercati (che poi saremmo noi) e l’Europa dell’integrazione economica sia un paese miope, disposto a buttarsi dalla rupe pur di non affrontare l’enorme tema del debito pubblico che pesa come un macigno sul nostro futuro. Per quanto mi riguarda accolgo l’invito del direttore, quindi. Bisogna ribellarsi a questa esaltazione dell’irresponsabilità ai danni della mia generazione: ci vogliono rinchiusi nei nostri paesi d’origine, indeboliti, indebitati. Ecco, quindi, che dobbiamo pretendere dalla politica impegni precisi di riduzione del debito, non di spesa inutile in deficit; dobbiamo pretendere un sistema che ci garantisca una pensione minima in futuro; dobbiamo pretendere investimenti sull’alternanza scuola-lavoro, sull’istruzione terziaria ad alta qualificazione professionale, sull’internazionalizzazione dei curriculum degli studenti, su formazione e politiche attive. Quello che bisogna pretendere è una classe dirigente che investa su di noi, che non ci consideri la discarica delle politiche miopi di oggi. Dobbiamo, più idealmente ma in maniera ancor più radicale, difendere l’Europa che ci ha uniti e ci ha permesso di progredire insieme, liberi dalle guerre e dalla povertà; è l’Europa che mi ha dato l’Erasmus e la vivacità di Berlino, i suoi ragazzi che già sono popolo europeo e la sua storia che è anche nostra. Questa è l’Europa per cui vale la pena combattere e che ogni cittadino della mia generazione merita di avere, di vivere. Con lo spirito di questo governo è in pericolo l’idea che la politica debba lavorare per costruire opportunità per i giovani: fare debito, fingere che il lavoro non sia cambiato, indebolire l’Europa sono parte di questo progetto e se non alziamo la nostra voce adesso rischieremo di compromettere le nostre prospettive di vita. La sfida, per quanto possa sembrare banalizzata, sta tutta qui.
Marco Pierini
Per una volta, occupare le scuole anche solo per un giorno potrebbe essere davvero un buon modo per ricordare che chi costruisce consenso sequestrando il futuro dei nostri figli merita di essere combattuto con tutta l’energia possibile.
Al direttore - Un buon esercizio di stile politico è quello di credere che, dietro le scelte e le dichiarazioni altrui, vi sia una razionalità. E allora uno tende a credere che la tempistica scientifica con cui il presidente della commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi, rilascia dichiarazioni contro l’euro sia dovuta a una precisa motivazione razionale e non alla inconsapevolezza. Farei un torto a Borghi a considerarlo un “ragazzo” che non sa cosa dice o che non si rende conto dell’importanza e della pericolosità delle sue parole avventate nel mondo degli investitori internazionali. Credo invece che Borghi abbia un interesse ben preciso, per il quale è disposto persino a sacrificare la perdita di centinaia di milioni di euro e in prospettiva di miliardi degli italiani. Risparmi che vanno in fumo, soldi che fuggono dall’Italia, investimenti che non arrivano per paura di trovarsi da qui a poco con una nuova “liretta” al posto dell’euro. Qual è l’interesse di Borghi? Qualcuno potrebbe credere che stia speculando sul default o sull’uscita dall’euro. Qualcuno potrebbe credere che lo stiano facendo lui e altri autorevoli esponenti della maggioranza e del governo, come Paolo Savona o Armando Siri. Non ci voglio credere, ma non posso nemmeno credere alla tesi della stupidità. A cosa debbo credere, caro direttore?
On. Gianfranco Librandi