Giovanni Tria (foto LaPresse)

Tria, la promessa sull'Europa e il rischio che i pericoli smentiti diventino realtà

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Non è che Juncker potrebbe dire al governo di alzare le tasse, magari così…

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - Un’economia forte può essere solo quella che incoraggia il talento e l’ingegno di tutte le sue risorse. Stiamo assistendo a un veloce turnover di competenze. Si stanno modificando modelli e dinamiche di business e anche se il capitale umano continua ad assumere un ruolo centrale, stanno diventando obsolete competenze fino a ieri considerate necessarie. In molti casi i lavoratori nel prossimo futuro, non svolgeranno più azioni semplici e ripetitive ma useranno “tecnologia” e gestiranno “big data” e la scuola avrà un ruolo importante per costruire le competenze che mancano e più alto sarà il livello di istruzione e di specializzazione, maggiori saranno le possibilità di avere un lavoro. Diventa così strategico favorire un dialogo costante tra scuola e aziende ex ante. Oltre il ruolo strategico della scuola serviranno maggiori investimenti in ricerca e sviluppo (oggi siamo l’1,3 per cento del Pil, rispetto alla media europea che è del 2). L’innovazione sarà fondamentale. Ma l’innovazione richiede ricerca di base. Non scordiamoci che le scoperte in corso nei laboratori e nelle università oggi potrebbero portare alle cure e alle tecnologie fondamentali di domani. Per avere un futuro nel lavoro servirà anche alimentare i finanziamenti a queste strutture. La politica non si scordi che la forza dell’Italia risiede nel suo sistema socioeconomico dinamico, che coniuga tradizione e innovazione, varietà e qualità nell’offerta di prodotti e servizi apprezzati e richiesti in tutto il mondo. Speriamo che il governo se ne ricordi o magari il 27 glielo ricordi Lei.

Andrea Zirilli

 

E a tutto questo poi va aggiunto un altro elemento che riguarda il nostro amico Giovanni Tria. Il ministro dell’Economia, due giorni fa, ha detto che il governo di cui fa parte “non vuole far saltare l’Europa”, e la notizia ci rallegra. Eppure c’è un problema nell’affermazione del ministro ed è questo. Negli ultimi mesi Tria ha spesso capito per tempo quali erano le preoccupazioni degli osservatori internazionali rispetto ai rischi della traiettoria italiana e con saggezza ha sempre cercato di smentire alcune impressioni alimentate dagli stessi azionisti di maggioranza del governo. Il dopo manovra consegna però al ministro un compito più complicato rispetto al pre manovra. Prima della manovra Tria rappresentava il saggio del governo disposto a tutto pur di non far deragliare il treno dell’Italia. Dopo, la saggezza di Tria resta sempre la stessa ma c’è un problema che il ministro dovrà affrontare: la sua capacità di segnalare i pericoli resta intatta, ma la capacità dei saggi del governo di evitare i pericoli è stata intaccata. E per questo oggi segnalare un pericolo – come era già successo con il deficit che al Mef avevano promesso che sarebbe stato sotto controllo, sapendo di non avere molti strumenti per evitare che quel pericolo potesse diventare realtà – rischia di essere un modo per confermare che il pericolo esiste. Occhio.

 

Al direttore - Il bell’articolo di Matzuzzi sul Foglio di martedì 16 ottobre riguardo alla controversia sorta tra il patriarcato ortodosso russo di Mosca e quello ortodosso ecumenico di Costantinopoli riguardo all’autonomia della chiesa ortodossa ucraina di Kiev da quella russa di Mosca mette in evidenza il permanere di un problema di sovranità confessionale e il rapporto di quest’ultima con le sovranità politiche facenti capo ai rispettivi stati nazionali. La questione sembrava essersi risolta e conclusa con la stipula del Trattato di Westfalia nel 1648, che aveva posto fine alla fase delle guerre di religione europee e sancito la piena autonomia delle entità territoriali emerse dalla nella guerra dei Trent’anni. Tale soluzione era stata completata con il progressivo affermarsi di princìpi di tolleranza religiosa, con il riconoscimento della libertà individuale in materia di fede e con la progressiva de-confessionalizzazione degli stati nazionali. Più che una battuta d’arresto di un processo non ancora pienamente concluso la sostanziale scomunica dell’intera chiesa ortodossa ucraina da parte di quella russa prospetta la possibilità di un brusco salto all’indietro, con l’attribuzione ad autorità religiose straniere di sovranità confessionale su popolazioni di un altro paese. La prospettiva è aggravata dal fatto che in questo caso il conflitto di sovranità religiosa si sovrappone a un conflitto militare che è già in atto e coinvolge due stati sovrani e un’entità sostenuta da uno di essi (la Russia) che ancora sovrana non è, ma aspira a diventarlo nei confronti delle regioni orientali dell’Ucraina confinanti con la Russia. La miccia di un conflitto con valenze religiose è già stata praticamente accesa e potrebbe estendersi ad altri paesi che non solo si collocano sui confini orientali dell’Ue ma che a essa già appartengono e penetrano in profondità oltre quei confini. Il problema non può essere affrontato solo nei termini classici della deterrenza militare, che nel caso specifico richiederebbe una coesione politica che ormai non c’è più (soprattutto per quanto riguarda i rapporti con la Russia), ma richiede anche quella che potremmo definire una politica religiosa ispirata al classico principio liberale della separazione tra stato e chiese.

Eugenio Somaini

 

Al direttore - Caro Cerasa, i fatti di Lodi mi hanno indignato profondamente e sono lieto che il Foglio ne parli. Da un lato troviamo una sindaca catechizzata al principio “prima gi italiani”, dall’altro la generosità di molti cittadini che hanno raccolto fondi consistenti per ovviare alla gretta delibera della prima (si fa per dire) cittadina leghista. La prego di stigmatizzare, per quanto è nelle sue possibilità, l’accaduto e mi auguro che molti altri lo facciano, al fine di scoraggiare, per il futuro, interventi simili, da parte di improvvidi amministratori.

Lorenzo Lodigiani

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