I dati sugli immigrati italiani spiegano cosa non funziona nelle nuove politiche sui migranti

Le lettere del 26 ottobre al direttore del Foglio Claudio Cerasa

Al direttore - Certo fa riflettere, come rileva un editorialino del Foglio del 25 ottobre, il fatto che il deputato europeo della Lega, Marco Zanni, non abbia partecipato, nella Commissione economica dell’Europarlamento, al voto sui candidati alla presidenza della Vigilanza unica, uno dei quali è l’italiano Andrea Enria, ora presidente dell’Eba. Si potrebbe anche immaginare – ma forse pecco per eccesso – che l’assenza nel voto, che poi è risultata decisiva per impedire a Enria il primo posto nella selezione limitandolo a un “ex aequo” con l’irlandese Sharon Donnery, vicegovernatore della Banca d’Irlanda, possa essere dovuta alla non condivisione dell’operato del presidente dell’Eba che in questi anni ha lasciato molto a desiderare quando ha avuto un ruolo nella e dopo la crisi. In effetti la ipotetica nomina di Enria alla carica anzidetta, ora dopo il voto dell’Europarlamento non molto probabile, sancirebbe la perfetta continuità con la linea della presidente uscente, Danièle Nouy, che passerà ai ricordi per una presidenza grigia, che non ha risolto alcun problema e che è apparsa badare molto di più alla sicurezza burocratica dei vigilanti, con l’ossessione patrimoniale, che alle prospettive delle banche e al cuore della loro ragion d’essere. Stando così le cose e non essendosi voluto cogliere questa occasione per una profonda riflessione su come finora la Vigilanza unica ha operato e aprire un confronto nelle sedi istituzionali, troverei sbagliato un “morire per Danzica” sulla posizione di Enria – ora che la decisione passa al Consiglio direttivo della Bce prima di tornare al voto finale del Parlamento europeo – per poi ritrovarsi una Nouy, mutatis mutandis. Forse qualcuno un regalo del genere ce lo farebbe pure. Si abbiano poi presenti le relazioni tra la nomina a questa carica e gli altri possibili incarichi a livello comunitario. C’è, allora, da chiedersi a questo punto: il governo ha una posizione relativamente all’intero scacchiere delle nomine europee? O, tutto concentrato per far quadrare i conti della lottizzazione di cariche pubbliche in Italia, ha dimenticato, magari in nome del prevalente sovranismo, gli incarichi europei? Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia 

   

Sono usciti ieri alcuni dati molto interessanti sugli immigrati in Italia. I dati sono del dossier Statistico Immigrazione 2018 e ci dicono alcune cose. Primo: gli immigrati che risiedono in Italia provengono da quasi 200 paesi. Per la metà (2,6 milioni) sono cittadini di un paese europeo (il 30 per cento sono comunitari), mentre un quinto (1 milione) viene dall’Africa e una quota solo di poco inferiore dall’Asia. Secondo dato: nell’Ue a 28 Stati, i cittadini stranieri sono 38,6 milioni (di cui 21,6 non comunitari) e incidono per il 7,5 per cento sulla popolazione complessiva. L’incidenza sulla popolazione in Italia è pari all’8,5 per cento. Terzo dato: in Europa, l’incidenza dei cittadini stranieri sulla popolazione complessiva è pari all’8,5 per cento in Italia, dell’11,2 per cento in Germania, del 9,2 per cento nel Regno Unito, del 15,2 per cento in Austria. E il numero di immigrati entrati in un paese Ue nel 2016 è stato inferiore dell’8 per cento rispetto all’anno precedente. Quarto dato: secondo l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni, tra gennaio e settembre 2018 i morti in mare sono stati 1.728 nel Mediterraneo, di cui 3 su 4 (1.260) nella rotta tra Libia e Italia. Su complessivi 40.000 migranti deceduti in mare in tutto il mondo dal 2000 ad oggi, i morti nella rotta italo-libica sono 22.400. Quinto dato: in Italia, il numero dei nati da genitori entrambi stranieri diminuisce costantemente di anno in anno dal 2013: si è passati da poco meno di 82.000 nel 2012 a quasi 68.000 nel 2017. Sesto dato: nel 2016 i contribuenti stranieri hanno versato Irpef per 3,3 miliardi di euro; sommati ad altre voci di entrata fanno 19,2 miliardi l’anno. La spesa in uscita per i migranti è 17,5 miliardi. Il bilancio è positivo. Po-si-ti-vo. Ora. Si potrà dire che la retorica anti immigrati, da parte della Lega e del Movimento 5 stelle, è una retorica che si concentra sul tema degli irregolari, e in parte è vero. Il punto però è questo: ma se l’immigrazione regolare è una risorsa positiva per l’Italia siamo proprio sicuri che mettere in atto politiche finalizzate non all’integrazione ma alla trasformazione dei richiedenti asilo in nuovi irregolari sia utile per la crescita e il futuro dell’Italia? La risposta forse la conoscete già.

  


Al direttore - Una vera politica dell’Ottimismo deve mettere al centro i Giovani. Una vera politica dell’Ottimismo non può non partire da una radicale riforma del sistema scolastico per un rilancio degli istituti professionali e spingere, così, i nostri ragazzi al desiderio di contribuire personalmente, come liberi cittadini, al benessere sociale ed al bene comune. Sabato, a Firenze, seminiamo anche questo Ottimismo…sempre con il Sorriso e con il Cuore!

Andrea Zapparoli

  


Al direttore - Caro Cerasa, si parla tanto di voler riformare i centri per l’impiego, come se all’improvviso diventassero strutture efficienti in grado di risollevare l’occupazione giovanile in Italia. Se non c’è un sistema educativo e formativo funzionale al mercato del lavoro, qualsiasi investimento sui centri per l’impiego non ha senso. La scuola e l’università devono preparare i nostri giovani per il mercato del lavoro. In primo luogo non si deve puntare solo ad una formazione capace di dare solo nozioni, poi si deve spingere su un collegamento ex ante tra scuola e lavoro per capire le competenze (hard e soft) che servono realmente alle aziende e da lì partire con la formazione. Se non si integra la scuola con il lavoro, ma si continua a puntare su due momenti “alternati”, i nostri giovani rimarranno intrappolati in lunghi periodi di disoccupazione. Guardiamo con umiltà chi come la Germania da anni con il suo sistema duale, con l’apprendistato giovanile e con l’integrazione tra scuola e lavoro, sta migliorando davvero l’occupazione. Pensare che il decreto dignità sia stata la soluzione, vuol dire non conoscere il mercato del lavoro.

Andrea Zirilli

  


Al direttore – Il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, in visita estera a Mosca, ha rivolto al presidente russo, Vladimir Putin, l’invito a partecipare in vari modi all’acquisto di Btp italiani, soprattutto in relazione alla fine, prevista per il dicembre prossimo, dello scudo protettivo esercitato sul debito italiano dalla Bce con il Quantitative eeasing (o Qe). L’invito in tal senso rivolto al capo del Cremlino avrebbe un che di assolutamente normale dal punto di vista strettamente economico e di libertà dei rapporti finanziari di mercato – e così, difatti, è stato descritto dall’abile Putin – se non fosse gravido, però, di conseguenze per il nostro paese anche e soprattutto sul terreno geopolitico. Intendo dire che la decisione del governo populista di contrapporsi all’Ue e alle sue regole sul terreno della politica economica e del Patto di stabilità, nonché di guerreggiare contro i mercati finanziari, ha una portata di valore strategico, che mette in discussione la collocazione dell’Italia in Europa. Se consideriamo, difatti, che l’Amministrazione americana ha da tempo reso chiaro il suo fastidio per un’Europa e una Eurozona a forte guida franco-tedesca che possa essere di ostacolo all’attuazione del programma di Trump dell’American First nel mondo; e se, d’altro canto, teniamo presente che uno degli interessi prioritari di Mosca è quello di appoggiare qualsiasi fattore d’indebolimento del processo d’integrazione europeo; ecco dunque che la linea economico-finanziaria, espressa dal governo Conte con la famosa manovra del 2,4 per cento di deficit in rapporto al pil, con il corollario di una guerra aperta alle regole comunitarie, diventa geopoliticamente funzionale agli scopi – diversi eppur convergenti – di Stati Uniti e Russia (e aggiungo pure della Cina) che puntano a un ridimensionamento del ruolo e peso specifico dell’Europa nella competizione in atto per ridefinire un nuovo ordine mondiale. Il prezzo che l’Italia paga, però, è quello del progressivo isolamento nell’Ue e della lacerazione dei rapporti con Parigi e Berlino, ahimè. Un prezzo troppo alto per gli italiani, soprattutto per i nostri figli. Non è forse giunto il momento che l’opposizione italiana al populismo e sovranismo di governo – a partire dai Comitati civici lanciati dalla Leopolda 9 – discuta anche di questo?

Alberto Bianchi

  


Al direttore - Io sono ancora un “difensore della democrazia”. Per il mio impegno contro la propaganda di questo governo sono stata minacciata di morte. La Digos indaga. Per una partecipazione ad “Agorà” ho dovuto chiudere Twitter. Partecipo a manifestazioni (Martina/Piazza Grande –- il 27 a Tutti per Roma) scrivo sull’unico mezzo che noi cittadini normali abbiamo e che seppur pubblico un po ti tutela dagli haters: una pagina Fb e il diario Fd. Siete voi a non essere informati Ecco… informatevi prima. C’è un mondo nel sottosuolo che pensa, si parla e si organizza e che si sta riconoscendo democratico.

Monica Guerritore

  

Ci chiedevamo la ragione per cui coloro che si sono impegnati nel 2016 a difesa della Costituzione e della democrazia oggi siano meno impegnati rispetto a due anni fa nella costruzione di appelli in difesa della democrazia e della Costituzione ora che la democrazia e la Costituzione sono davvero sotto attacco. Lei c’è, gli altri ci sembra di no.

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