Visco ricorda al governo cosa significa giocare con il futuro dei nostri figli
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Salvini non ha sequestrato nessuno. Liberi milioni di elettori del centrodestra.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Oltre all’incarico di ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, a Luigi Di Maio stanno per conferire la delega alle Smargiassate e alle Parole in libertà: un ruolo che, in via di fatto, sta esercitando fin dalla formazione del governo Giuseppe Carneade Conte. Senza perdere tempo a ricordare i casi delle tabelle apocrife, dei delitti perfetti commessi all’Ilva, dei commi virali in materia fiscale, basterebbe ricordare le sue ultime performance. A suo avviso, grazie alle quote in tema di pensioni, per ogni lavoratore che esce anticipatamente entreranno due o tre giovani. Come se le aziende decidessero di gonfiare gli organici. Poi, di fronte all’aumento della disoccupazione (avrebbe potuto legittimamente chiamare in causa la frenata dell’economia) ha attribuito la responsabilità al Jobs Act. Come fanno i ragazzini quando danno la colpa agli altri per il vetro dell’oratorio che hanno rotto con un calcio al pallone.
Giuliano Cazzola
Luigi Di Maio e Matteo Salvini continuano a scherzare con il fuoco, ma tra una diretta facebook e un’altra farebbero bene a imparare a memoria alcuni dati offerti dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco due giorni fa nel corso di un convegno dedicato alla Giornata del risparmio. Punto numero uno: “Da metà maggio i rendimenti dei titoli di stato italiani sono aumentati; quelli sulle scadenze decennali hanno toccato il 3,7 per cento, massimo dal 2014; il differenziale rispetto ai tedeschi oscilla attorno a 300 punti, contro una media di 130 registrata nei primi 4 mesi 2018”. Punto numero due: “Il rialzo dei premi per il rischio sul debito produce perdite in conto capitale che peggiorano la situazione patrimoniale delle banche; incide su costo e disponibilità dei finanziamenti che gli intermediari raccolgono sul mercato e la capacità di fornire credito all’economia”. Punto numero tre: “Direttamente o indirettamente il rischio sovrano ricade sulle famiglie. Non solo esse detengono titoli pubblici per un valore nominale di 100 miliardi, ma all’attivo degli intermediari a cui esse affidano i loro risparmi vi sono titoli pubblici per circa 850 miliardi”. Punto numero quattro: “Dalla metà di maggio il valore di mercato dei titoli di stato si è ridotto: per quelli con durata superiore all’anno le perdite sono state, in media, dell’8 per cento. Per il complesso delle società quotate il valore di Borsa è calato di circa il 20 per cento”. Punto numero cinque: “Dalla fine di maggio il costo che le banche sopportano per raccogliere fondi sotto forma di obbligazioni è più che raddoppiato; entro il 2020 giungeranno a scadenza obbligazioni bancarie per 110 miliardi, circa il 40 per cento di quelle attualmente in circolazione”. Punto numero sei: “L’aumento del rischio sovrano si è riflesso anche sulle quotazioni azionarie delle banche che, dopo essere cresciute del 13 per cento tra l’inizio dell’anno e la metà di maggio, si sono successivamente ridotte del 35 per cento”. Punto numero sette: “E’ difficile immaginare che una riduzione della ricchezza delle famiglie, maggiori difficoltà per le imprese di accedere al credito e di investire, una minore capacità di intervento del settore pubblico non abbiano conseguenze di rilievo per l’attività economica”. Punto numero otto: “Il debito dell’Italia è sostenibile ma deve essere chiara la determinazione a mantenerlo tale, ponendo il rapporto tra debito e pil su un sentiero credibile di riduzione duratura. Vanno dissipate le incertezze sulla partecipazione convinta dell’Italia a Ue e moneta unica”. Salvini e Di Maio forse non lo sanno ma il prossimo anno dovranno essere collocati sul mercato titoli pubblici per quasi 400 miliardi per rifinanziare quelli in scadenza e per coprire il disavanzo dell’anno. E continuare a giocare con l’economia italiana significa trasformare ogni asta per la collocazione dei titoli di stato in una roulette russa. Con l’unico problema che la testa su cui è puntata la pistola non è quella di un algoritmo immaginario ma è quella dei nostri figli.
Al direttore - Caro Cerasa, nel nostro paese la disoccupazione giovanile ha da sempre toccato livelli drammatici. Dati confermati qualche giorno fa dall’Istat che la vede in risalita al 31,6 per cento. Nonostante questo un grande paradosso italiano è quello degli “skill shortages”, ovvero i posti di lavoro che restano permanentemente scoperti per mancanza di manodopera dotata della qualificazione necessaria per occuparli. Per dirla in termini più chiari la richiesta supera di molto l’offerta. Alla base di questa contraddizione tipica italiana ci sono tre grandi problemi: il difetto di informazione, la carenza di formazione professionale mirata agli sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e una scarsa mobilità geografica dei lavoratori. E’ un problema cruciale che riguarda istituzioni, aziende e università. Per tutta risposta, all’indomani della fine del periodo transitorio del decreto dignità, abbiamo una versione bollinata della legge di Bilancio dove scompare il credito d’imposta per la formazione 4.0, viene ridimensionata l’alternanza scuola lavoro e ampiamente ridotti i fondi per apprendistato ovvero tutto ciò che di buono era stato tentato di fare in passato. Ed è sempre un problema di gabbie ideologiche.
Andrea Zirilli