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La torta che non c'è, ma che si vuole distribuire. Omeopatia: botta e risposta

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Sul lavoro è fondamentale combattere i fenomeni di abuso di contratti senza alcuna tutela, che rappresentano storicamente la flessibilità “cattiva”. Ma per fare una vera riforma che dia “dignità” non si agisce per decreto legge. E’ necessario e responsabile farla con l’accordo delle parti sociali, ascoltando anche le aziende. Abbiamo bisogno di un progetto organico e strutturale di riforma che si configuri come una reale proposta di modernizzazione rivolta al paese, che possa contribuire al rilancio dell’economia e all’attrazione d’investimenti dall’estero, attraverso quella flessibilità in entrata e in uscita necessaria per competere. Come? Puntando sul decentramento del nostro sistema della contrattazione collettiva, sull’introduzione di tutele economiche e professionali e su un’assistenza effettiva e intensiva nel mercato del lavoro a favore dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro e infine su strumenti contrattuali (es: somministrazione di lavoro) che garantiscano ai lavoratori una flessibilità sicura. Incentivando e sostenendo il ruolo delle agenzie per il lavoro, il nuovo governo potrà avere una risposta alle sue preoccupazioni: non c’è mai sfruttamento ma professionalità nell’intermediare domanda e offerta di lavoro, efficacia nell’inserire le persone in percorsi formativi e di continuità professionale e infine capacità nell’accompagnare i lavoratori in percorsi di ricollocazione professionale. Un nuovo modo di intendere il lavoro come elemento dinamico teso al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei sistemi produttivi, il tutto in una rinnovata idea di competitività.

Andrea Zirilli

 

Il punto è sempre quello di Macron: if you want to share the cake, you’ve got to have a cake.

 

Al direttore - In un articolo su questo giornale il Signor Enrico Bucci, che non è un medico, ha la pretesa non solo di spiegare a noi medici cosa prescrivere e cosa no, ma anche l’arroganza di classificare 20.000 medici italiani prescrittori di farmaci complementari al pari di astrologi e appassionati di cabala. Al netto del rilievo – forse anche penale – di tali affermazioni, ci tengo a chiarire a beneficio dei lettori alcune approssimazioni e affermazioni non genuine. I prodotti omeopatici sono farmaci a tutti gli effetti, in base a una direttiva europea che sarà andata di trasverso a chi ha in odio le medicine complementari, ma che finalmente all’alba del 2019 anche l’Italia – con decenni di ritardo – si sta attrezzando per applicare. L’omeopatia e le discipline correlate sono “atto medico” per delibera della stessa Federazione Nazionale Ordini dei Medici e da un accordo stato-regioni che prevede l’apertura di elenchi degli specialisti in omeopatia, con buona pace di chi continua a tentare di ingannare la cittadinanza con affermazioni pretestuose. Cittadinanza che però non si fa abbindolare, evidentemente se è vero com’è vero che questi approcci terapeutici naturali, privi di effetti collaterali e centrati sull’individualità del paziente sono adottati da crescenti fasce di popolazione (secondo i più recenti dati Eurispes, oltre un italiano su 5 ne fa uso, +6,7 per cento rispetto a 5 anni fa: oggi scelgono, infatti, i medicinali complementari ben 12.861.000 cittadini, mentre nel 2000 erano poco più di 6 milioni). Diversi studi contro l’omeopatia sono stati a più riprese denunciati per grave pregiudizio editoriale (l’ultimo, quello realizzato in Australia e amplificato con ogni mezzo possibile da chi è ostile all’omeopatia, non è neppure uno studio scientifico, in quanto non è stato pubblicato su nessuna rivista). Per contro, le medicine complementari sono oggetto da anni di apposite linee guida e di un piano pluriennale emanato dall’Organizzazione mondiale della sanità, nota organizzazione di astrologi e cartomanti. In Italia, anche solo “parlare e dibattere” di ricerca, tanto più immaginare percorsi di formazione adeguati per le medicine complementari, fa saltare sulla sedia certi talebani, mentre ad esempio degli Usa, dove negli ultimi 10 anni il numero di scuole di Medicina che offrono percorsi di studio sulle Medicine tradizionali, complementari e non convenzionali è passato – secondo uno studio dell’University of Arizona Health Sciences – dal 68 al 95 per cento. Infine le prove di efficacia della medicina complementare e non convenzionale sono numerose, tanto che anche la prestigiosa Cochrane Collaboration dedica un sito specifico a queste discipline. Il Consiglio federale della Svizzera – paese notoriamente di ciarlatani – dopo una consultazione durata anni che ha previsto anche una disamina delle evidenze scientifiche disponibili – ha varato l’anno scorso una nuova legge sulla rimborsabilità pubblica delle Medicine Complementari. L’Unione europea ha finanziato, nell’ambito del 7° programma quadro per la Ricerca e lo sviluppo, un’azione di coordinamento sulle Complementary and Alternative Medicine, il “Consorzio CAMbrella”, del quale l’Italia è stata parte, e anche il Scientific and Technologic Organization della Nato ha costituito un gruppo di ricerca su queste discipline. Ma evidentemente i saccenti censori dell’omeopatia non leggono la stampa straniera. Queste persone tentano di dissimulare con tanta aggressività la propria abissale ignoranza sul pensiero scientifico: la scienza procede per prove su un sentiero disseminato di continui errori e far finta di non saperlo ci espone all’enorme rischio di limitare il nostro campo d’indagine, dando per scontate certezze che non lo sono, o che lo sono ora ma potrebbero non esserlo più tra qualche tempo. Il pensiero scientifico vero è umile, indagatore, conscio dei propri limiti intrinsechi, ambizioso se vogliamo, ma mai arrogante, e cerca sempre il confronto e il dialogo per tentare di superare se stesso in una continua gara a chi riesce a esplorare più lontano, e la scienza, quella vera, è sempre aperta al confronto e al progresso, mai sazia di scoperte, e pronta a rimettere tutto in discussione non appena su un orizzonte anche lontano appaia un’alba di nuove evidenze.

Marco Del Prete, Medico, cofondatore del Comitato Nazionale Omeoterapie

 

Risponde Enrico Bucci. Di solito non mi intrattengo con i miei denigratori, ma l’interessante elenco di argomenti retorici esposti nella lettera del mio gentile interlocutore merita qualche risposta. Per non affrontare il mio argomento – cioè che l’insegnamento nelle università dell’omeopatia o di altre baggianate alternative come fossero scienza è preoccupante e pericoloso – si comincia con un attacco ad hominem: sarei un signor nessuno, che tenta di imporre ai medici cosa prescrivere, senza alcun titolo per farlo. Illustrissimo dottore, le chiedo scusa se ho passato una decina di anni della mia vita a studiare le basi molecolari della vita, la fisiologia, la patologia, la microbiologia e altre bagattelle di questo tenore, prima di prendere un dottorato in biologia molecolare e biochimica, di vincere un posto di ricercatore in un istituto Cnr, di ottenere l’abilitazione in II fascia in biochimica e infine di diventare adjunct professor in Biologia dei Sistemi Complessi a Filadelfia (Temple University): si vede che la montagna di menzogne che mi hanno insegnato, che ho potuto studiare direttamente in laboratorio e che mi hanno portato a occuparmi di diversi composti attivi e bersagli farmacologici era tutta una montatura dei poteri forti, i quali hanno per scopo negare il potere terapeutico di acqua e zucchero, giustamente venduti anche a 2.000 euro al chilo. Ha ragione: noi biologi molecolari non dovremmo mai permetterci di disegnare farmaci o studiare le basi chimiche delle malattie, non sia mai che tocchi poi a voi medici prescrivere qualcuna delle nostre schifezze. E qui arriviamo al secondo argomento retorico: il richiamo a un gruppo – quello dei medici – che sarebbe messo in pericolo perché qualcuno vorrebbe dir loro come prescrivere. Nel dubbio ho riletto il mio testo: non vi è nessun accenno a tanto scandalo, mentre invece l’argomento che lei propone è un classico esempio di straw man – uomo di paglia, utile a rinsaldare un gruppo contro qualcuno, portando la discussione su un argomento diverso da quello sollevato. E arriviamo così al terzo strumento retorico, con il suo appello ai cittadini “che non si lasciano abbindolare” perché aumenta l’uso delle medicine complementari e alternative (CAM): il che sarebbe come giudicare che una frode non è tale proprio quando ha successo, cioè quando riesce nel suo intento di vendere un prodotto per quello che non è. Passiamo al quarto argomento retorico: gli studi scientifici in opposizione all’omeopatia sarebbero poco solidi, mentre l’omeopatia sarebbe scientifica perché sostenuta da linee guida e da piani pluriennali dell’Oms. E da quando una materia è scientifica perché sostenuta da linee guida? Si norma di tutto, per evitare di farsi male lasciando a ognuno somministrare gli intrugli che preferisce; nel caso specifico, si è almeno stabilito che le CAM devono seguire certi principi di minima sicurezza, per evitare danni; ma questo ne fa discipline scientifiche? Il quinto argomento – che negli Usa sia aumentato l’insegnamento delle discipline complementari – è del tutto irrilevante, giacché come ho detto ogni cosa può essere insegnata; ma a Lille o in Germania o in Spagna o in Inghilterra, in diverse università l’omeopatia è stata esclusa dalle materie scientifiche, così come altre CAM. Il punto, ripeto, è insegnare ogni cosa per ciò che è, senza confondere pubblico e studenti. Il crescendo finale descrive gli oppositori dell’omeopatia come talebani, aggressivi ed ignoranti; l’artificio qui consiste nell’accusare l’avversario esattamente di ciò che è un proprio difetto – equivale a urlare a qualcuno di stare in silenzio perché fa troppo rumore. Lei cita poi ad adjuvandum il progetto “CAMbrella”, terminato nel 2012; ma la descrizione di questo progetto recita testualmente: “The CAMbrella project focussed on academic research into, but not the advocacy for any CAM treatment”, con ciò dimostrando che con esso non si intendeva affatto supportare nessuna affermazione di efficacia o utilità delle CAM, ma solo sottoporle al vaglio dell’analisi scientifica (proprio per liberarsi di pseudoscienza e affermazioni non verificabili). Tralascio di commentare sull’umiltà della vera scienza contrapposta all’arroganza dei ricercatori, un topos classico anche dei difensori di certe baggianate estreme; mi limito a ricordarle che la scienza e gli scienziati, e i medici in particolare, in genere non restano abbarbicati a teorie prescientifiche inventate 220 anni fa, o peggio, a pratiche nate migliaia di anni fa nell’estremo oriente. E ricordo anche che la garanzia per noi pazienti consiste nel fatto che i medici operino secondo “scienza e coscienza”, come hanno giurato di fare; e se la distinzione tra cosa sia scienza e cosa no si indebolisce, questa garanzia viene meno, così come la credibilità dei medici.

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