La sede dell'Istat (Foto La Presse)

L'anomalia è a destra, non a sinistra. E' stata abolita la crescita, non la povertà

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Al direttore - Qui i Giletti gialloverdi, siamo avanti.

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - Il quarto segreto di Fatima è stato infine svelato: le primarie del Pd si terranno il 3 marzo 2019 (per inciso, è la domenica di Carnevale). Due settimane dopo, l’Assemblea nazionale proclamerà – salvo ballottaggio – il nuovo segretario. A quel punto, entro venti giorni andranno depositati i simboli per il voto europeo, definiti gli organismi dirigenti, compilate le liste dei candidati e, soprattutto, sottoscritti i termini dell’auspicabile armistizio tra chi strizza l’occhio destro a Berlusconi e chi strizza l’occhio sinistro a Di Maio. Una vera e propria corsa a ostacoli, come ha osservato Arturo Parisi, uno che se ne intende. Nel frattempo, sarà trascorso un anno esatto da una micidiale sconfitta elettorale, senza che i vertici del partito siano stati in grado di sottoporre preliminarmente agli iscritti e all’opinione pubblica uno straccio di pensiero condiviso (bastavano tre paginette) sulle sue ragioni e sul come porvi rimedio. In compenso, in questi mesi è stata assai vivace la kermesse dei convegni di corrente e dei libri-manifesto di singole personalità (a giudizio di chi scrive, degni di nota quelli di Carlo Calenda e Marco Minniti). Certo, il 30 settembre scorso c’è stata la classica reazione coraggiosa del pugile alle corde sul ring di una piazza romana, ma chi se la ricorda? In passato ho avuto qualche dimestichezza con le arcane alchimie della politica, ma confesso che l’ormai cronico autolesionismo praticato a Largo del Nazareno resta per me un mistero. John Dewey diceva che l’istinto è un impulso carico di abitudini. Quello dei democratici a farsi del male è carico di lotte intestine talvolta poco nobili, e comunque di una litigiosità così elevata da scoraggiare anche un santo. Un discorso a parte, poi, meriterebbe da un lato il persistente divario tra le energiche proteste nelle aule parlamentari contro la manovra finanziaria e il decreto sicurezza (anche se l’avanspettacolo delle maschere imbiancate alla Camera ci poteva essere risparmiato); e, dall’altro lato, le ancora fiacche proposte per un’alternativa di governo (immigrazione, lavoro, welfare, fisco, quale Europa e con quali alleanze). Ma ora la campagna congressuale entra nel vivo e forse non tutto è perduto. Sapendo però, come ammoniva Machiavelli, che “non c’è niente di più difficile da condurre, né più dubbioso di successo, né più dannoso da gestire, dell’iniziare un nuovo ordine di cose”. Beninteso, sempre che lo si voglia iniziare sul serio.

Michele Magno

 

Tutto vero. Ma l’anomalia italiana non è quella di avere una sinistra che viaggia intorno al venti per cento, ma è quella di avere un partito conservatore che vale la metà del partito progressista. Per sanare le bizzarie italiane prima di pensare a ciò che resta del centrosinistra bisognerebbe chiedersi se resta qualcosa del centrodestra.

 

Al direttore - Il governo del cambiamento – in peggio, come Ella scrive – non può continuare a temporeggiare. Deve decidere se rivedere in parti non meramente secondarie o con una semplice rimodulazione la manovra oppure se incidere in essa in modo da rendere possibile quel compromesso con Bruxelles al quale molti hanno fatto riferimento, Mario Draghi in primis. A Palazzo Chigi e nei ministeri non vi è alcun Quinto Fabio Massimo. Ma la tempestività si impone, innanzitutto per noi stessi, essendo dovuta anche se non si ponesse il problema dell’inottemperanza alle regole europee, dato il carattere, che Ella rileva, della manovra inadeguato a corrispondere alle esigenze di crescita, investimenti, produttività e occupazione e a fronteggiare, sia pure in una logica di progressione nel tempo, il punctum dolens del debito. Si faccia attenzione a non pensare ora che gli spread, visto il movimento di questi ultimi giorni, costituiscano un problema risolto: cosa non affatto fondata, mentre, per di più, si delineano, a giudizio di alcuni osservatori, segnali di un possibile ritorno della recessione. Perdere ancora tempo e continuare a mettere al primo posto gli effetti che una cogente revisione della manovra potrà avere sul voto alle elezioni europee per i partiti di governo sarebbe gravemente irresponsabile: altro che “cunctator”. Di questo passo, considerato l’isolamento totale nell’Eurozona nel quale siamo piombati grazie alla “manovra del popolo”, il rischio è che, senza un’adeguata, coerente iniziativa, possa ritornare lo spettro, evocato nelle Considerazioni finali di Antonio Fazio negli anni Novanta, di un paese vaso di coccio costretto a viaggiare con vasi di ferro (“Quod Deus avertat”).

Angelo De Mattia

 

Il pil ieri, come anticipato dal Foglio, è andato sotto zero. E’ andato sotto zero già nel terzo trimestre di quest’anno, rischia di andare sotto zero anche nel prossimo. Dovevano abolire la povertà, intanto hanno abolito la crescita.

 

Al direttore - La notizia è passata sotto traccia ma avrebbe meritato ben altra attenzione. Dopo cinque anni di lavoro il rapporto finale della Royal Commission, l’organo creato ad hoc in Australia per indagare sui casi di pedofilia e più in generale su tutti gli ambiti in cui un minore può interagire con un adulto ha stabilito, tra le altre cose: che il 95 per cento di tutti gli abusi avviene all’interno della famiglia e che, udite udite, il celibato non porta a comportamenti di abuso in senso strettamente causale. A riprova, il fatto che il 99,9 per cento degli abusatori non viveva una vita celibataria. Non solo. Il rapporto indica anche che il 98 per cento delle risposte fornite dalla chiesa sono state accettate senza discussione. L’ennesima conferma, nella fattispecie anche piuttosto “pesante” se si considera che l’Australia è uno dei cinque paesi nella top list dei crimini sui minori, che quanti invocano dentro e fuori la chiesa la riforma della disciplina del celibato per eliminare o quanto meno ridurre la piaga degli abusi, continua a guardare al dito per non vedere la luna. E a portare avanti un’istanza cara al cattolicesimo progressista di ieri e di oggi che con la pedofilia (che nella maggior parte dei casi sarebbe più corretto definire pederastia o efebofilia) non c’azzecca proprio niente. E per un motivo molto semplice: se è vero che non tutti i preti omosessuali sono pedofili, è altrettanto vero che la stragrande maggioranza dei casi di pedofilia, almeno l’80 per cento, riguarda preti omosessuali. Questo è il punto. Il fatto cioè che il vero problema della chiesa è la sempre maggiore diffusione dell’omosessualità tra le file del clero, fenomeno a sua volta conseguente al tentativo portato avanti da precisi ambienti ecclesiali di sdoganare anche teologicamente l’omosessualità nella chiesa. Se le cose stanno così, è di sesquipedale evidenza che l’abolizione del celibato servirebbe a ben poco visto e considerato che un omosessuale non saprebbe che farsene di potersi accoppiare con una donna. Bisogna piuttosto prendere il toro per le corna, e quale occasione migliore della prossima riunione dei presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo che si terrà a Roma tra qualche mese?

Luca Del Pozzo

 

Al direttore - “La notizia di una multa alla vettura del ministro Fraccaro, riportata dal Foglio, è del tutto priva di fondamento. Sarebbe bastato fare una semplice verifica per appurarlo ed evitare di riportare informazioni non corrispondenti al vero, secondo le più elementari regole del giornalismo”.

Ufficio stampa del ministro per i Rapporti con il Parlamento è la Democrazia diretta

 

Risponde Salvatore Merlo: Caro ufficio stampa del ministro per i rapporti con Parlamento e la democrazia diretta, ho solo riferito di un urlo allarmato del piantone di Largo Chigi: “Hanno multato Fraccaro!”. Bastava leggere, secondo le più elementari regole della lingua italiana.

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