E' possibile una rivoluzione nel paese di Vespa? La manovra modello Achille Lauro
Al direttore - In Italia non si può fare la rivoluzione perché poi la racconta sempre Bruno Vespa.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Se Moretti voleva fare un film politico sull’Italia di oggi doveva intitolarlo, “Santiago, Venezuela”.
Andrea Minuz
Al direttore - Secondo alcuni commentatori dovremmo essere grati al M5s (e un po’ anche alla Lega) per aver incanalato nelle istituzioni la protesta sociale che in Francia si è espressa attraverso il movimento dei gilet jaune, un fenomeno a cui i media guardano con simpatia perché non perdonano a Macron di aver interrotto (salvo lo sventurato caso Italia) la resistibile ascesa dei sovranpopulisti. Attenzione, però: non si tratta di un ’68 cinquant’anni dopo. La portavoce del movimento, la signora che ha postato sui social l’invito a manifestare, ha dichiarato che a lei interessa impedire soltanto l’aumento del prezzo della benzina e del numero delle revisioni dell’auto (visto che la sua è piuttosto anziana). Sono a rischio, allora, diritti fondamentali dell’Uomo nel paese che li ha inventati? Peccato che in questi giorni a Katowice, in Polonia, è in corso l’ennesima Conferenza sui cambiamenti climatici promossa dall’Onu, nel corso della quale saranno ribaditi, ancora una volta, i rischi che corre il pianeta per via del riscaldamento ambientale, inviterà gli stati a ridurre l’uso dei combustibili fossili e a contrastare l’inquinamento delle grandi metropoli per effetto delle immissioni dei veicoli a motore (è questo uno degli obiettivi del piano di riconversione energetica di Macron). Capiterà così che i tg mostreranno in un servizio cittadini francesi che, indossando il gilet giallo, spiegheranno le ragioni della loro protesta; mentre in quello successivo assisteremo a ghiacciai che si sfarinano e a orsi polari alla deriva. Nessuno, però, troverà la relazione intercorrente tra i due episodi.
Giuliano Cazzola
Al direttore - Se la trattativa del governo con Bruxelles conseguirà il risultato sperato della sottrazione dell'Italia alla procedura di infrazione, non occorrerà che i maggiori promotori del contrasto con la Commissione Ue chiedano pubblicamente scusa per i due mesi trascorsi tra reciproche invettive, dichiarazioni di irremovibilità, chiamata a raccolta degli elettori di fronte al “nemico”, mentre lo spread saliva e danneggiava gli italiani? O siamo arrivati così agevolmente a dimostrare che si può passare da un punto cardinale all'altro, senza dire nulla, magari dimostrando che il risultato si è ottenuto proprio perché vi sono state le lunghe settimane di resistenza e facendo bere questa fandonia a chi non segue assiduamente queste vicende? E’ immaginabile che i cittadini seguano passivamente questi avvenimenti e continuino ad accrescere il consenso almeno a una parte della maggioranza? E’ possibile che non si veda come, piuttosto, si sia trattato del classico caso della “fuga francese, ritirata spagnola”? Ma, poi, ammesso che si raggiunga, come necessario, un compromesso, non bisognerà dopo rivedere “ab imis” i rapporti con Bruxelles come fin qui sono stati tenuti e, prima ancora, l’impostazione della linea di politica economica in funzione di quelle misure che sicuramente, nell’anno prossimo, saremo chiamati ad adottare anche in una logica di correzioni? Ciò, però, è pensabile che avvenga quando i due partiti avvertono già l’odore delle elezioni europee? Con i più cordiali saluti.
Angelo De Mattia
Negli anni Cinquanta Achille Lauro venne sospettato di voto di scambio per una storia che tutti conoscete: caro elettore, prima delle elezioni di regalo una scarpa sinistra e poi dopo le elezioni se mi voti ti regalo una scarpa destra. Settant’anni dopo con la manovra del cambiamento il metodo della scarpa destra e della scarpa sinistra è tornato al centro del dibattito politico con una differenza sostanziale rispetto al passato: ieri le scarpe erano a carico di Achille Lauro, oggi, grazie al reddito di cittadinanza e grazie alla quota cento, le scarpe sono a carico del popolo italiano.