E' recessione, maledetti migranti. De Romanis inchioda il governo Tafazzi
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Quindi quando questo sarà il governo precedente si torna a crescere?
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Siamo di fronte al classico litmus test. Dove erano i garantisti pro Salvini quando alcuni magistrati si organizzavano per dare il colpo di grazia a Renzi? Erano garantisti e indignati da veri liberali per l’utilizzo politico della giustizia? Beh, ma allora avrebbero dovuto dare un giudizio pessimo di Salvini, che all’epoca cavalcava le inchieste per utilizzarle a fini elettorali. Invece, questi sedicenti liberali e garantisti trovavano che Salvini fosse nel giusto allora e trovano che sia nel giusto anche adesso. E una cosa su Berlusconi: Berlusconi è stato vittima di una persecuzione giudiziaria, ma Berlusconi mai si è rallegrato per un’inchiesta contro un avversario politico. E’ così semplice, no?
Stefano Armandi
E’ un cortocircuito, vero. Ma il vero cortocircuito da sballo è quello che riguarda le ragioni che porteranno la Lega e forse anche il Movimento 5 stelle a votare contro l’autorizzazione a procedere per il caso Salvini: due partiti che da una vita teorizzano la necessità di considerare criminale ogni privilegio offerto alla casta della politica che ora si ritrovano a un passo dall’utilizzare l’ultima forma di garanzia concessa ai ministri per difendersi da indagini considerate eccessivamente politiche. Viva la casta!
Al direttore - Siamo in recessione. Maledetti migranti. In recessione siamo, porci francesi con il loro franco africano e noi finiamo in recessione, maledetta Merkel che ci affama siamo in recessione, con l’Europa che si fa i fatti suoi ma noi siamo in recessione, andiamo indietro, perché è chiaro che ci lasciano da soli, guarda un po’ se fanno così con gli spagnoli? E no, perché a Bruxelles gli stanno simpatici gli spagnoli, i portoghesi persino i maltesi ma noi no, ci odiano e spendono i soldi per la sede di Strasburgo che non serve a niente mentre noi andiamo in recessione. E quelli ridono e ci mandano le navi, gli olandesi, mentre siamo in recessione. Maledetti olandesi.
Luca Bizzarri
Al direttore - L’evidenza empirica mostra che rilanciare la domanda interna in poco tempo non è un’impresa facile e rischia di diventare persino impossibile senza l’implementazione di un significativo taglio delle tasse, un aumento degli investimenti per favorire l’occupazione e una riduzione dell’incertezza per migliorare le aspettative delle famiglie. Ma è questa la strada seguita dal governo? Forse no. Vediamo perché. La legge di Bilancio non prevede un calo delle tasse. Al contrario. La pressione fiscale è attesa inasprirsi per effetto dell’incremento dell’Iva nel biennio 2020-2021: circa 52 miliardi di euro. Dato che l’Iva è un’imposta regressiva, i più penalizzati saranno i cittadini meno abbienti, proprio quelli con la propensione al consumo maggiore. Inoltre, l’aggravio di tasse deciso per banche e assicurazioni sarà – almeno in parte – trasferito sui clienti con evidenti effetti negativi sulla domanda. Per quanto riguarda gli investimenti, la Finanziaria prevede circa 10 miliardi in tre anni, davvero pochi se paragonati ai 43 miliardi stanziati per agevolare l’uscita anticipata dal mondo del lavoro e per il reddito di cittadinanza. Secondo Di Maio, concentrare la maggior parte delle risorse su queste due misure consente di dare un forte impulso ai consumi. In realtà, l’effetto espansivo, in particolare quello del sussidio, è assai limitato. A dirlo è la Relazione tecnica predisposta proprio dagli uffici che fanno capo al ministro del Lavoro, che ha stabilito che con un moltiplicatore pari a 0,3, una spesa di oltre 6 miliardi per l’anno in corso può generare al massimo 1,8 miliardi. Neanche la riduzione dell’incertezza è garantita con la Legge di Bilancio. La metà degli interventi è, infatti, finanziata attraverso maggiore deficit. Per un paese come il nostro che vanta il secondo rapporto debito/pil più elevato della zona euro, finanziare la politica economica con incrementi del debito significa diventare sempre più vulnerabili: la rapida salita dello spread nell’autunno scorso oltre i 300 punti base lo dimostra. L’impatto sull’economia reale si sta facendo sentire. E’ stato il ministro Tria a sottolinearlo, spiegando – ad esempio – come uno spread mantenuto su livelli elevati si traduca in maggiori tassi applicati dalle banche sui mutui. Nel nostro paese, peraltro, come precisato di recente dal presidente Draghi, è in atto una stretta creditizia che non si è diffusa nelle altre economie. In altre parole, più costi e più incertezza per le famiglie italiane. A conti fatti, la legge di Bilancio va in direzione opposta da quella auspicata dal ministro del Lavoro. Eppure, le promesse fatte in campagna elettorale dalle due forze politiche al governo erano diverse: cospicui tagli alle tasse, grandi investimenti e coperture certe per oltre 70 miliardi, misure – queste sì – che avrebbero contribuito al rilancio della domanda interna.
Veronica De Romanis