La povertà non è stata abolita, nemmeno le accise
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Caro Cerasa, lei si sente offeso come italiano per quanto è accaduto al premier Conte nel Parlamento europeo? Io no. Non sarò mica un burattino delle lobby a mia insaputa?
Giuliano Cazzola
“In similitudini o in usi fig.: a. Persona che opera per impulso altrui: è un b. in mano dei suoi capi; considerare, trattare gli uomini come b.; far ballare i b., costringere altri a operare secondo il nostro volere” (Burattino, Treccani).
Al direttore - Venerdì sera, Parigi è lavata dalla pioggia e al riparo di un bistrot Clara (giovane, francese, da pronunciarsi Clarà) mi domanda: “Ma voi italiani, davvero ci detestate?”. Mi precipito a spiegarle che no, no gli “italiani” non odiano i “francesi”. Cerco di convincerla che tra noi e loro come minimo corre simpatia reciproca e di lunga data, che le schermaglie fanno parte della vita e che per definizione sono passeggere. La conversazione si sposta su altri temi, le vacanze estive, così lontane e da passare forse in Italia, ma la domanda di Clara continua ad assillarmi. Sono bastate poche settimane di frecciate e provocazioni culminate con il ritiro dell’ambasciatore francese a far vacillare, almeno nella mente di Clara e di tanti altri, l’amicizia italo-francese. Come convincerla del contrario? Avrei potuto spiegarle che siamo in campagna elettorale e che le uscite di chi ci governa sono solo un tentativo, a tratti volgare, di assecondare certi istinti nazionalisti rinfocolando una rivalità mai sopita. Per fortuna non l’ho fatto: avrebbe significato ammettere che esiste ancora un sentimento antifrancese, dovuto forse a un inspiegabile complesso d’inferiorità o all’idea che la relazione tra Italia e Francia si riassuma a due o tre luoghi comuni e immagini emblematiche, prima fra tutte la mai dimenticata testata dei Mondiali del 2006. Avrei sennò potuto rispondere ricordandole quanto gli italiani amino il suo paese. Centinaia di migliaia di italiani vivono in Francia e qui si sentono a casa. Anche questa risposta sarebbe stata banale e Clara avrebbe giustamente ribattuto: “D’accordo, ma come la mettiamo con tutti gli altri?”. Mi consolo e mi dico che ci penserà il tempo a rispondere a Clara. Quando la campagna elettorale sarà finita e il nuovo Parlamento europeo insediato, i toni si abbasseranno e tutto tornerà come prima. Niente più accuse reciproche o incidenti diplomatici: francesi e italiani si ameranno di nuovo, vicini di casa di un’Europa imperfetta ma da migliorare insieme. Se avessi risposto così, Clara avrebbe posato la birra e sarebbe scoppiata a ridere. Per fortuna mi sono risparmiato anche questa risposta. Una prospettiva idilliaca che, a evocarla oggi, suona retorica e eccessiva eppure non dovrebbe esserlo. Quando a fine maggio voterò per le elezioni europee cercherò di farmi la stessa domanda di Clara ma con una piccola variante: “Ma voi europei, davvero vi detestate?” Non vedo l’ora di rispondere votando.
Grazie per l’attenzione.
Giorgio Leali
Al direttore - Ma se Salvini avesse abolito le accise sui carburanti, oggi la Tav si potrebbe fare?
Vincenzo Clemeno
Mi sta dicendo che insieme con la povertà non sono state abolite anche le accise?
Al direttore - La drammatica crisi umanitaria e politica in Venezuela pone l’obbligo al Governo italiano di abbandonare la posizione “neutrale”, moralmente inspiegabile e ripugnante. L’ambiguità non si addice a un paese che si rispetti, soprattutto se in gioco oltre a dei principi sacrosanti come da Appello della Fondazione Craxi che sottoscrivo, ci sono le sorti di una imponente e operosa comunità di Italiani.
Margherita Boniver
Al direttore - Abbiamo litigato per niente: l’analisi costi benefici ha decretato che questi ultimi sono maggiori, e che quindi nulla più si oppone a terminare l’opera. Infatti l’errore che ha portato a una diversa lettura delle risultanze deriva non da una valutazione tecnico-politica di dati materiali, ma da una errata imputazione bilancistica. Mi riferisco ai €1,6 miliardi di riduzione delle accise sui carburanti, ed ai €2,9 miliardi di riduzione dei pedaggi autostradali, secondo quanto ricavo dall’articolo di Alberto Brambilla del 13 febbraio. La somma, pari a €4,5 mld, più che annulla lo scarto di €2,7 che appare dal rapporto. Infatti il conto costi benefici si riferisce al Paese, non è il conto finanziario del Tesoro. Questo incassa 4,5 miliardi di meno, ma per il Paese non cambia di un €. Le minori entrate del Tesoro sono un minor costo per i cittadini, che quindi si trovano più soldi in tasca. Quei €4,5 miliardi non sono un costo. E prescindo dai vantaggi per così dire di secondo livello di quello che equivale a un taglio delle imposte. Tutto a posto dunque, tutti d’accordo: il conto è stato fatto, gli ingegneri avevano ragione, hanno sbagliato i ragionieri.
Franco Debenedetti